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I nostri amici a quattro zampe/ 29 – Di Fabrizio Tucciarone

Il mantello del gatto Bengala ha un aspetto incantevole e un carattere fuori dal comune, infatti ama… l’acqua

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Parliamo del Gatto Bengala, detto anche Bengalese o Bengal, che è un gatto «moderno».
Ufficialmente riconosciuta come razza nel 1991, quella del gatto del Bengala è stata ottenuta dall’incrocio tra gatti domestici e gatti selvatici (Felis Bengalensis – Prionailurus bengalensis).
Il gatto Bengala ha un aspetto incantevole e un carattere fuori dal comune, infatti ama l’acqua.
Si può ammirare il mantello, la sua caratteristica principale e quella per cui sta riscuotendo sempre più successo non solo negli Stati Uniti d’America, dove è nato, ma anche qui da noi in Europa.
 
Un’altra caratteristica del gatto Bengala è quella di essere la prima razza ottenuta dall’incrocio di un gatto domestico con un felino selvatico: il gatto leopardo.
Tutto è iniziato nel 1963, in California, quando un tal Jean Sudgen decise di accoppiare il suo gatto leopardo asiatico, con un gatto domestico, per conservare alcune caratteristiche del primo ma ammansirlo.
Dieci anni dopo, il dott. Centerwall rifece l’incrocio ma con l’obiettivo di studiare la leucemia virale felina. Obiettivo non raggiunto, ma spuntò fuori, premio di consolazione affatto da ignorare, il gatto del Bengala.
 
Da nervosetto e selvatico, di generazione in generazione, si è arrivati ad ottenere esemplari coccoloni, vivaci e molto di compagnia.
Ne sono passati tanti, di incroci, soprattutto con gatti domestici e con gatti di razza, come Mau Egiziano, American Shorthair, Siamese e il Burmese.
Oggi la percentuale di felino non casalinga nel gatto del Bengala è intorno al 10%, così da non portare con sé l’indole troppo selvatica.


 
Ecco, il carattere del gatto Bengala è tutto da scoprire, senza pregiudizi derivanti dalle sue origini.
È dolce, intelligente, leale e affettuoso, è curioso e attivo, va d’accordo sia con l’uomo che con gli altri animali, con le prudenze del caso, anche con i bambini, e può stare anche in appartamento.
Certo, è curioso e attivo, non ha perso del tutto l’istinto da predatore e gli piace arrampicarsi, stare in alto, cacciare.
Ciò significa che il gatto Bengala ha bisogno di spazio, per il gioco e per stare appartati: si adatta alla vita in appartamento ma meglio lasciargli un angolo suo, dove sgranchirsi i muscoli e affilarsi le unghie.
 
Che la vostra casa sia con giardino o no, meglio stare attenti a non lasciare il gatto del Bengala solo soletto con pesciolini nell’acquario e uccelli in gabbia, in generale mai lasciarlo solo per troppo tempo: soffre la solitudine.
Nota genetica: il gatto Bengala è considerato un vero gatto domestico soltanto dopo la terza generazione, poi è un gatto affettuoso, ma dal carattere decisamente turbolento.
Il segno del suo lato selvatico, c’è, resta, ed è molto apprezzato esteticamente: è il suo mantello maculato da leopardo. Il gatto del Bengala, per il resto, si presenta come un gatto robusto e muscoloso, dalla forma allungata, di taglia grande e potente.
 
Prima di dedicarci al suo pelo, che è tutto uno spettacolo dalle mille varietà, va detto che il gatto del Bengala di visibile ha anche il mento e «i cuscini dei baffi» mentre gli arti posteriori sono solo leggermente più lunghi di quelli anteriori, le zampine si presentano ben sviluppate e tonde, la coda piuttosto tozza ma con una immancabile punta nera arrotondata.
Tutto è completato nel quadro della razza del gatto del Bengala da orecchie piccole e leggermente protese in avanti e da un paio di occhi grandi e a mandorla, di qualsiasi colore: dipende.
Dipende anche dal colore del mantello, ed ecco cosa ci possiamo aspettare.
 
In generale il gatto Bengala può essere a macchie o striato.
Nel primo caso si hanno «chiazze» a bottone, ben visibili sul colore di fondo e uniformemente distribuite mentre sulla fronte spicca una caratteristica «M» e la coda deve essere ad anelli.
Il gatto del Bengala striato è simile ai gatti orientali a pelo corto, ma presenta disegni più allungati sempre in contrasto evidente con l tinta di fondo.
 

 
Tra le varie tinte eccone alcune, le più note o le più curiose. C’è il gatto del Bengala Sorrel, con una base dal giallognolo all’arancio-rossastro, macchie marroni, cioccolato o cannella, e occhi verdi o gialli. Il Seal Linx Point e il Tabby Seal Mink Sepia sono detti anche «delle nevi».
Il gatto del Bengala così, in entrambi i casi, ha un mantello molto chiaro alla nascita, le prime striature compaiono dopo alcune settimane, solo dopo un anno e mezzo si raggiunge l’aspetto definitivo.
Tutto ciò sotto gli occhi del padrone quasi incredulo, mentre il gatto del Bengala di queste varietà li ha blu o verdi. Se il Seal Linx Point arriva dall’incrocio con i siamesi, l’altro coinvolge anche i burmesi ed è più raro.
 
Non si può dire certo «delle nevi» la famiglia di gatto Bengala detta «rufus», con colori dal bronzo-marrone a mogano rosso, oppure ci possono esser anche i «cool colors», fra beige, sabbia, frumento, o i «golden» con sfumature dall’argento al lucido oro-burro: molto raro ma molto richiesto.
Un po’ di bianco, ma non «neve» compare per il gatto del Bengala «whited», sulla pancia.
Ci sono poi i pattern riconosciuti per la razza del gatto del Bengala: quello a «rosetta» e il marbled.
Il primo disegno presenta piccole macchie ben distribuite su tutto il corpo, tonde con una porzione centrale più chiara, il marbled ha invece 3 tre righe parallele molto larghe sul dorso e le ali di farfalla sulle spalle e sui fianchi, c’è la variante da gatto del Bengala tigrato, ma è l’esotico il più raro e apprezzato.
 
Dal punto di vista sanitario, il gatto Bengala è geneticamente predisposto a diverse patologie: patologie oculari (cataratta, atrofia retinica, entropion), cardiovascolari (come la cardiomiopatia ipertrofica- HCM), neurologiche (neuropatia distale) e dermatologiche comuni.
Per questo Trentovet consiglia di rivolgersi solamente ad allevamenti riconosciuti e certificati, con regolare pedrigree.
La prima cura è la prevenzione, in questo caso fondamentale una corretta selezione e gestione in allevamento.
 
Dal punto di vista medico, consigliamo almeno una visita annuale fino all’età adulta e almeno 2 visite l’anno con 1 esame ematobiochimico completo nell’età avanzata.
Per qualsiasi informazione, non esitare a contattarmi.

Per qualsiasi informazione,
Dott. Fabrizio Tucciarone
(Veterinario alla TrentoVet)

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