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Il 4 agosto di cento anni fa la Germania invadeva il Belgio

L’invasione provocò la scesa in campo dell’Inghilterra a fianco dell’Intesa

Partendo dal confine svizzero, la frontiera franco-tedesca attraversava i Vosgi, monti la cui altezza media è di 1.500 metri, coperto di foreste intricatissime fino ai 1.200 metri di quota e poi rivestiti di ottimi pascoli.
Una sola strada ferrata attraversava questa regione, percorsa invece da parecchie strade, ben tenute ma di facile interruzione, stanti le numerose opere realizzate per costruirle: ponti, viadotti, gallerie. Il tutto minato dai Francesi in previsione di una crisi con la Germania.
A settentrione dei Vosgi la frontiera continuava sull’altopiano di Langres, sterile, triste, privo di strade e scarsamente popolato.
Subito dopo, sempre in direzione nord, il terreno si abbassa in una lunga vallata nella quale scorre il canale che congiunge il Reno con la Marna e in cui passa la ferrovia che collega Strasburgo a Nancy.
Questo avvallamento di facile viabilità era l’unica breccia aperta per un’invasione tedesca, ma i francesi avevano provveduto a sbarrarla costruendo le formidabili piazzeforti di Toul e Nancy.
Più a nord si elevano le Argonne, boscose e impervie, fatte di baratri paurosi, dominate dalla piazzaforte di Verdun.  Anche qui la natura si opponeva al transito degli eserciti, offrendo alla difesa postazioni rese pressoché inespugnabili dalla stessa conformazione orografica.
«In conclusione – osservò il comando supremo tedesco, – per invadere la Francia era necessario passare dal Belgio.»
 
Erano le 19 del 2 agosto 1914, quando l’ambasciatore tedesco a Bruxelles, von Below, si presentò al Ministro degli esteri belga.
Il piccolo regno era in preda al nervosismo ben giustificato e quando venne annunciata la richiesta dell’incontro da parte tedesca, tutti si attendevano cattive notizie.
Von Below presentò un documento in lingua tedesca, con la dicitura francese «Très confidential» (riservatissimo).
Il ministro Davignon conosceva la lingua tedesca, ma fece ugualmente fatica a comprendere il significato della missiva.
«Ambasciatore, – disse il Ministro. – State dicendo che avete informazioni secondo le quali la Francia si sta preparando a invadere la Germania passando dal Belgio?»
Von Below annuì.
«Noi non glielo permetteremo!» – Protestò il ministro.
«Lo sappiamo, – rispose l’ambasciatore. – Ma non siete in grado di impedirglielo. Per questo vi chiediamo di far passare il nostro esercito per giungere alla vostra frontiera con la Francia e impedire l’invasione.»
Il ministro belga rimase senza parole.
«Le comprende che devo parlarne con il mio governo e con il re…»
«Certamente, – confermò von Below. – Per questo il documento che vi ho portato vi concede 12 ore di tempo per darci una risposta.»
«È un ultimatum… – Commentò Davignon esterrefatto. – E volete una risposta entro le 7 di domattina…»
 
Il ministro corse al Palazzo reale, dove lo attendevano il governo e il re.
«Pace o guerra?» – Chiese re Alberto.
Il ministro consegnò il documento e si lasciò cadere in una poltrona.
I membri del governo iniziarono a valutare la situazione insieme la re, quando von Below chiese nuovamente udienza.
Per un attimo pensarono che ci fosse uno spiraglio.
«Abbiamo notizia – annunciò l'ambasciatore – che la cavalleria francese, scortata dall’aviazione, abbia iniziato a invadere il Belgio.»
Davignon congeda l'ambasciatore e telefona a Parigi. Sono le 3 di notte, ma il ministro francese è al lavoro. In seguito al colloquio, Parigi telefona a Londra e, alla fine della telefonata, il Belgio ha due certezze: che la Francia non aveva la minima intenzione di invadere il Belgio e che l’Inghilterra sarebbe scesa in guerra a fianco del Belgio nel caso di un’invasione tedesca.
Per quanto assurda la situazione, il Belgio decide dunque di non accettare l’ultimatum tedesco. Il re manda un ultimo telegramma all’imperatore di Germania e, poi convoca le Camere e ordina la mobilitazione.
Alle 7 di mattina von Below saluta Davignon e parte per Berlino.
Alle 9 si sparano già i primi colpi.
Londra mobilita la flotta e si prepara a inviare un primo contingente in Europa.
Il 4 agosto l’ambasciatore britannico a Berlino, Edorado Goshen, annuncia al ministro degli esteri tedesco Jagow che l’invasione del Belgio comportava l’entrata in guerra dell’Inghilterra.
A mezzogiorno, sir Goshen ritirava i propri passaporti diplomatici e lasciava Berlino.

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