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Boscaini: «La storia siamo noi» – Di Giuseppe Casagrande

Il presidente e amministratore delegato dell'azienda Masi Agricola (Valpolicella) ha festeggiato i 250 anni di storia della storica famiglia di vignaioli veronesi

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La famiglia Boscaini. Una storia di successi lunga 250 anni.
 
«La storia siamo noi» cantava Francesco De Gregori in una splendida canzone-poesia degli anni Ottanta.
Può ripeterlo con giustificato orgoglio anche Sandro Boscaini, presidente e amministratore delegato del Gruppo Masi Agricola che nei giorni scorsi ha festeggiato i gloriosi 250 anni di storia dell'azienda vitivinicola della Valpolicella.
Tutto è iniziato nel 1772 nei vigneti del «Vaio dei Masi», piccola valle nel cuore della Valpolicella Classica, ed è proprio qui, nella culla dell’Amarone, che nei giorni scorsi la famiglia Boscaini ha celebrato i 250 anni dalla prima vendemmia.
Un traguardo che la cantina ha voluto festeggiare alla presenza di buyer, wine maker, importatori giunti da tutto il mondo, esponenti dell’imprenditoria italiana e straniera, giornalisti, negli spazi della nuova sede «Monteleone21», attualmente ancora in costruzione, ma resi disponibili e svelati per l’occasione.
Il complesso polifunzionale, che sarà inaugurato l'anno prossimo, amplierà l’attuale cantina con nuovi spazi dedicati all’attività produttiva, direzionale ed enoturistica.
 

Sandro Boscaini, presidente e amministratore delegato di Masi Agricola.
 
 Due secoli e mezzo di storia e di riconoscimenti internazionali  
I gloriosi 250 anni di storia dell'azienda, una storia costellata di successi e riconoscimenti nazionali e internazionali sono sufficienti per poter fare un bilancio, per lo meno da parte di chi è ancora in vita e può valutare con occhi, più o meno maturi e più o meno clementi, il lavoro fin qui svolto. Lavoro che, in due secoli e mezzo, non può essersi limitato a produrre semplicemente vino, ma si è assunto la responsabilità di un territorio e di una tradizione da preservare il più possibile e da promuovere in tutto il mondo.
Questi due secoli e mezzo di storia sono stati raccontati assaggiando 17 storiche annate (1958-2016) di Sua Maestà l'Amarone Classico della Valpolicella e dei suoi fratelli, i mitici «cru» firmati Masi.
 

 
 L'intuito di Sandro Boscaini: trasformare l'Amarone in un vino-icona  
Questa consapevolezza è evidente nelle parole di tutte e tre le generazioni attualmente attive in casa Masi, quando raccontano successi, amarezze, impegni e magie che hanno fin qui accompagnato un percorso vitivinicolo importante per la Valpolicella e l’Italia intera.
È limpida la visione sul passato di Sandro Boscaini, quando racconta la decisione che prese da giovane nel 1978 di trasformare con successo e con non poche difficoltà un vino di nicchia - conosciuto solo dai locali - come l’Amarone, in un vino-icona oggi famoso e apprezzato in tutto il mondo.
Come? Difendendo insieme alle «Famiglie Storiche» l’origine collinare delle migliori uve da appassimento, studiando i processi di disidratazione dell’uva, salvaguardando i luoghi originari in cui si mettevano a riposo (come il fruttaio di Mazzano) e creandone di nuovi, tecnologicamente avanzati (come quello che si attiverà con la nuova Cantina Monteleone21).
Ma anche girando il mondo in lungo e in largo per far conoscere un vino che iniziava ad avere una tecnica e un'identità ben precise.
 

Sandro Boscaini mostra orgoglioso la Magnum di Amarone Costasera.
 
 Il mitico Vajo dei Masi 1997 per celebrare l'importante traguardo  
C’è, invece, gratitudine nelle parole di Giacomo Boscaini (nipote di Sandro) rivolte verso le generazioni precedenti, per aver avuto la visione di consegnare al futuro un’azienda non soltanto solida, ma anche densa di contenuti.
A partire dai dati raccolti per oltre 100 anni - senza i quali è difficile capire l’evoluzione di un territorio, sia dal punto di vista climatico, che dal punto di vista tecnico in campo e in cantina - su cui oggi è possibile basarsi per le strategie aziendali.
Ma anche per avergli consegnato un Amarone speciale come il Vajo dei Masi 1997, annata perfetta che si decise di conservare (inusualmente, in acciaio) fino ad oggi proprio per celebrare l’anniversario, per un anno intero con tappe che hanno toccato e toccheranno le oltre 100 nazioni in cui Masi esporta il proprio marchio.
 
Il Premio Masi, 41 edizioni, riconoscimento alle personalità venete  
Appare granitico il presente di Raffaele Boscaini (figlio di Sandro), che ha preso in custodia le radici di un percorso tecnico e umano familiare tradotto in vino, per trovare nuovi stimoli e trasmetterli alle giovani generazioni della famiglia, ai collaboratori interni ed esterni dell’azienda e, non in ultimo, agli appassionati e ai clienti.
Dando continuità a eventi culturali come il Premio Masi giunto alla 41ª edizione, premio internazionale assegnato a personalità venete - per nascita, per famiglia o per adozione - che si sono distinte nei diversi campi delle arti, delle scienze e dell'imprenditoria.
Oppure sostenendo nuovi progetti, come la «cantina aperta» polifunzionale ed enoturistica Monteleone21, in costruzione ai piedi della sede di Gargagnano e che sarà inaugurata nel 2023.
 

Sandro Boscaini con Isabella a sinistra e Maria José Bossi Fedrigotti a destra.
 
 Diciassette annate (1958-2016) di Amarone di quattro diverse etichette  
La degustazione di 17 annate di Amarone, distribuite fra il 1958 e il 2016, fra quattro diverse etichette (Amarone Classico poi diventato Costasera, e i tre cru Vaio Armaron, Campolongo di Torbe e Mazzano) hanno confermato le potenzialità del leggendario vino della Valpolicella, nelle interpretazioni che Masi ha saputo dare nell’evolvere della sua esperienza agronomica ed enologica.
Il doppio percorso (organizzato in modo impeccabile e accompagnato dai dati raccolti annata per annata) ha permesso da un lato - con la verticale di Costasera in 13 annate - di saggiare la capacità di invecchiamento dell’Amarone (che si attesta intorno ai 20 anni, con rare ed emozionanti eccezioni), dall’altro - con la verticale/orizzontale dei tre cru, confrontati in 5 diverse annate - di capire come sia possibile, nonostante l’appassimento, identificare le differenze tra uve cresciute in clima-terreni-altitudini diverse.
 
 Il Vaio Armaron di Serego Alighieri: dolce, morbido, vellutato  
Ecco, quindi, il carattere dolce, morbido, vellutato del Vaio Armaron di Serego Alighieri, che nasce a 250 metri sul livello del mare nel fondovalle di Fumane, a Sant’Ambrogio, e cresce in un clima tendenzialmente più umido influenzato dalla brezza del vicino dal Lago di Garda, in un terreno sciolto di media profondità.
La parziale maturazione in fusti di ciliegio ne sottolinea il lato amabile, riscontrabile in ogni annata assaggiata.
 
A Torbe prende forma, invece, il Campolongo di Masi: a 400 metri di altitudine, su terreni rossi calcarei, vulcanici di età «recente» e ricchi di humus, appassisce nella sua vigna e si trasforma in un vino ricco e glicerico, dalla caratteristica nota ammandorlata finale. Infine l’austero e deciso Mazzano, proveniente da una delle località più alte della Valle di Negrar che supera i 400 metri di altezza: qui i terreni sono sempre vulcanici ma più antichi, la pendenza notevole e ventilata, l’appassimento sempre in vigna con ventilazione naturale.
 

Una carrellata delle storiche bottiglie che hanno fatto la storia della Masi.
 
 Le «biblioteche» nelle quali custodire le vecchie annate  
«Sono tre gli ingredienti per fare un grande Amarone: creare un prodotto di qualità, metterci la passione e avere a disposizione una lunga serie di dati storici»: è la ricetta con cui Sandro Boscaini ha dato inizio alle celebrazioni e che nel bicchiere ha trovato le sue conferme, anche grazie alla decisione di preservare dall’ossidazione la «libreria» vinicola con un controllo periodico delle vecchie annate, ricolmando le bottiglie e cambiandone il tappo.
Un viaggio magico nel calice attraverso le vecchie annate: denominazioni, territori e marchi che hanno fatto la storia dell'azienda Masi, non solo dal punto di vista qualitativo. Una storia bellissima da raccontare.
 
Storia che, spesso, si intreccia con le vicende della storia d’Italia, ma anche con i ricordi più belli della nostra vita.
Non è un caso che negli ultimi anni, sull’esempio dei grandi vini francesi e sulla spinta delle richieste da parte della critica e del mercato, anche in Italia le aziende più illuminate abbiano costruito vere e proprie «biblioteche» nelle quali custodire le vecchie annate come si fa con i documenti in un archivio.
Un elemento di prestigio per il brand e per il mondo del collezionismo alla ricerca di esperienze uniche, in cantina come al ristorante, ma anche di conoscenza, che, nella capacità di invecchiamento e nella longevità del vino, ci fa riscoprire il valore del tempo.
 

 
 La prima vendemmia 250 anni fa, nel 1772, al Vajo dei Masi  
Dal lontano 1772 a oggi di vendemmie Masi ne ha fatte 250.
La prima nei vigneti della piccola valle del Vajo dei Masi, cru "ante litteram" nel cuore della Valpolicella Classica.
Nella loro diversità, le vecchie annate dell’Amarone Classico Masi, chiamato poi Costasera, a cui si è aggiunto il Riserva Costasera e, a partire dagli anni Settanta, rappresentate dai cru Vaio Armaron, Campolongo di Torbe e Mazzano, sono anche testimoni di mutamenti sociali, del gusto e della tecnologia, e oggi più che mai del cambiamento climatico.
 
In ognuna delle vecchie annate di Amarone Masi, c’è, infatti, una tappa della storia di una delle realtà più importanti della Valpolicella e del vino italiano guidata dalla famiglia Boscaini, oggi tra le pochissime quotate in Borsa.
Una storia che è quella dell’Amarone e dei «Vini delle Venezie», contadini e nobili allo stesso tempo, partiti dalla Valpolicella con le sue «marogne» e dalle sue Ville Venete, attraverso le vie del commercio verso l’Oriente e le corti d’Europa del «grande triangolo veneto» che unisce il territorio con Verona e Venezia, diventato emblema del made in Italy di qualità. Grazie anche ad un "saper fare" in agricoltura come nel commercio, frutto di una cultura antichissima e ricchissima, rappresentata dalla tecnica dell’appassimento delle uve che risale ai romani e che oggi è candidata al prestigioso riconoscimento dell'Unesco. Proprio, in questi giorni, infatti, è stata raggiunta un’ulteriore tappa nel percorso di riconoscimento della pratica di appassimento delle uve della Valpolicella a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco.

In alto i calici. Prosit.
Giuseppe Casagrande – g.casagrande@ladigetto.it

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