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Le terre furlane di Albino Armani – Di Giuseppe Casagrande

L'imprenditore della Vallagarina ha ampliato l'impero approdando nelle Prealpi Carniche. A Vinitaly presenterà i nuovi gioielli: Sciaglin e Ucelut

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Albino Armani con la moglie Egle e il figlio Federico nei vigneti della Valdadige.

Dalla natìa Vallagarina al Friuli. Benvenuti nelle tenute di Albino Armani, l'imprenditore vignaiolo trentino che, partendo da Chizzola (Vallagarina) e da Dolcè, core business dell'azienda, ha allargato un impero (oltre 400 ettari di proprietà) che si estende dalla Valdadige alle Grave del Friuli, dal lago di Garda alle Prealpi Carniche passando per la Valpolicella, la Valbelluna e i vini del Piave.

Ne abbiano parlato più volte nei nostri servizi giornalistici. Ho accennato alle Grave del Friuli. Qui, a pochi passi da Sequals, il paese natale del pugile Primo Carnera, Albino Armani possiede una tenuta di 92 ettari acquistata alla fine degli anni Novanta. Era - racconta - una landa desolata di sassi (claps in lingua friulana) e di sterpaglie dove nemmeno le capre trovavano erba per il pascolo.

Sassi formati dalla millenaria azione erosiva delle acque dei fiumi Meduna, Cellina e Tagliamento, che nel loro scorrere verso il mare hanno depositato il materiale calcareo-dolomitico strappato alle montagne.
 

Albino Armani, le sue tenute (400 ettari) spaziano dal Trentino al Veneto, al Friuli.
 
  Quegli «sgrebeni» di sassi e sterpaglie trasformati in un giardino 
Solo un visionario come Abino Armani poteva trasformare quegli «sgrebeni» in un vero e proprio giardino con irrigazione a goccia e cantina dotata delle più moderne tecnologie.
Qui produce il Pinot Grigio, il Friulano, il Sauvignon blanc e due bollicine: il Prosecco Doc Extra Dry e il Prosecco Doc Rosè.
Esperienza replicata qualche anno dopo nella vicina frazione di Lestans: 35 ettari, un terreno ricco di torba in questo caso, dove produce la Ribolla Gialla metodo classico Brut.
 
L'ultima acquisizione: Valeriano, siamo sempre in provincia di Pordenone, ai piedi delle Prealpi Carniche, un paesino di poche anime nel comune di Pinzano al Tagliamento, fiume che ha l'ambizione di diventare patrimonio dell'Unesco. Un corso d'acqua tra i meno antropizzati d'Italia, ricco di storia, cultura e biodiversità.
In quell'area, ricca di argilla, molti anni fa, un altro visionario, Emilio Bulfon, strappò all'oblio numerosi vitigni autoctoni: lo Sciaglin, il Cividin, il Cjanorie, il Forgiarin, l'Ucelut, il Piculit Neri. Vitigni che testimoniano la presenza di una antica e fiorente viticoltura, poi abbandonata a causa del fenomeno delle emigrazioni di cui la Pedemontana friulana ha sofferto.
 

Una delle tenute friulane dell'azienda Albino Armani Viticoltori dal 1607.
 
 La nuova sfida di Albino Armani in Friuli nelle mitiche Terre di Plovia 
Venuto a conoscenza di questa realtà, Albino Armani, non appena gli è capitata l'opportunità, ha acquistato un podere e la cantina dell'azienda agricola Vicentini-Orgnani proprio a Valeriano dove ha implementato queste antiche varietà contribuendo così al rilancio della zona sul modello del salvataggio della Foja Tonda in Trentino.
Una nuova sfida in un'area incontaminata delle Alte Grave del Friuli, le mitiche Terre di Plovia (dal nome di un'antica dinastia feudale del Friuli) recuperate attraverso un lavoro di ricerca e valorizzazione del territorio.
 

Albino Armani alla presentazione, l'anno scorso a Vinitaly, del Piligrin e del Flum.
 
  Quei vigneti che osservano dall'alto il lento scorrere del Tagliamento 
I vigneti delle Terre di Plovia, posti su una splendida balconata, osservano dall'alto lo scorrere lento del fiume Tagliamento, oltre il quale s'intravvede il profilo della collina sulla quale sorge San Daniele del Friuli, famosa nel mondo per il prosciutto, le troticolture, ma anche per il convento dei monaci dove sostavano i pellegrini che percorrevano il cammino che dal Nord Europa li portava ad Aquileia e poi in Terrasanta.
Sentiero che passava ai margini dei vigneti e che, sempre all'interno delle Terre di Plovia, scendeva poi nella vallata del Tagliamento.
 
Motivi tutti che hanno ispirato Albino Armani a denominare i primi due vini: «Flum» (fiume) per il vino bianco e «Piligrin» (pellegrino) per il vino rosso.
Presentate l'anno scorso a Vinitaly le due etichette hanno ben presto incontrato l'apprezzamento dei wine lover che amano i vini schietti e genuini. Quest'anno all'edizione numero 56 di Viniyaly l'azienda Albino Armani Viticoltori dal 1607 presenterà altri due gioielli del progetto Terre di Plovia: lo Sciaglin e l'Ucelut, entrambi Igt Venezia Giulia.
 

Il letto del fiume Tagliamento dove si specchiano i vigneti delle Terre di Plovia.
 
  Lo Sciaglin e l'Ucelut, due vini bianchi dalla spiccata sapidità 
Lo Sciaglin, dalla lingua friulana «s'ciale», ovvero terrazzamento (di cui si hanno testimonianze già nell’Alto Medioevo), e l'Ucelut, il cui nome richiama le cosiddette uve uccelline, quelle che crescono spontaneamente ai margini dei boschi e di cui gli uccelli vanno ghiotti, stavano scomparendo dopo la metà del secolo scorso.
Da sempre appassionato di uve indigene – tanto da legare la propria azienda ad una vera e propria missione di ricerca e recupero dei vitigni storicamente legati alla tradizione vinicola del Nordest - Albino Armani ha deciso di mettere nuovamente a dimora queste due varietà nei vigneti di Valeriano, nel comune di Pinzano al Tagliamento, nel Friuli nord-orientale, una zona collinare con intense escursioni termiche e precipitazioni, dove il terreno è composto principalmente da limo, sabbia e argilla.
 
Proprio qui lo Sciaglin e l'Ucelut esprimono il loro carattere più autentico e la loro unicità. Vinificato in purezza, lo Sciaglin, dal bouquet floreale (erbe spontanee e fiori di campo), esprime la propria identità con tonalità decise e una spiccata sapidità con un finale che è garanzia di una invidiabile longevità.
Caratteristiche che ritroviamo anche nell'Ucelut, un vino piacevolissimo dai profumi floreali di fiori d'acacia e sambuco. Fresco e accattivante in bocca, regala al palato una freschezza e una sapidità che ne esaltano il gusto.
 

La splendida chiesetta di Santa Maria dei Battuti di Valeriano, luogo del cuore del Fai.
 
 Il valore etico e sociale di strappare all'oblio le antiche uve autoctone 
«Dopo l’anteprima a Prowein - hanno confessato Albino, Federico ed Egle Armani - siamo davvero entusiasti di presentare per la prima volta in una vetrina italiana di prestigio come Vinitaly le novità di questo progetto innovativo a cui teniamo particolarmente. Le uve autoctone vanno ascoltate e comprese, assecondandone la natura e cercando di entrare nella loro anima più profonda per coglierne la personalità originaria. Occuparsi di questi antichi tesori dell’enologia per noi fa parte di un dovere etico e sociale.»

In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande - g.casagrande@ladigetto.it


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