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Storie di donne, letteratura di genere/ 347 – Di Luciana Grillo

Chiara Frugoni, «Paradiso vista Inferno» – Ecco un Medioevo vivace e operoso che l’autrice ci descrive con delicata abilità

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Titolo: Paradiso vista Inferno. Buon governo e tirannide
            nel Medioevo di Ambrogio Lorenzetti

 
Autrice: Chiara Frugoni
Editore: Il Mulino 2019
 
Pagine: 344, illustrato, Rilegato
Prezzo di copertina: € 38
 
Chiara Frugoni ci ha abituato a scoprire un Medioevo «altro» attraverso splendide riproduzioni di opere d’arte famose, accompagnate dalla narrazione di un’epoca, tanto lontana e diversa dalla nostra, affascinante ma complessa, troppo a lungo fraintesa.
È difficile, infatti, dimenticare che tanti storici hanno definito il Medioevo come l’età dei secoli bui, in cui si pregava nel buio di chiese austere e si aspirava alla vita ultraterrena.
 
Nulla di più falso! Frugoni ce ne offre, anche attraverso le pagine di questo bellissimo testo, una visione assai diversa; non si tratta, naturalmente, di una realtà ridente, perché sappiamo bene che fu caratterizzata da «carestie, rivolte, violenza urbana, corruzione», ma della società che passa attraverso le opere che non prendono più come soggetti esclusivi alti prelati o nobili laici, ma uomini comuni - «vecchi e giovani, donne e bambini, e poi artigiani, mercanti, nobili e intellettuali, contadini e pastori» - che Ambrogio Lorenzetti immagina intenti alle attività più varie, decisi «a realizzare una convivenza operosa e felice», dimostrando che è possibile vivere bene se governati bene, evitando «l’anarchia, la violenza, la distruzione, i soprusi, la guerra, la morte» che sono prodotti da un sistema politico tirannico.
 
Dunque, gli affreschi, realizzati nella Sala dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena, non sono soltanto un prezioso abbellimento di grandi sale, ma rivelano un profondo messaggio politico che Frugoni va svelando di sala in sala, di parete in parete.
Nella Sala della Pace, ad esempio, su due pareti Lorenzetti esprime l’Allegoria del Buon Governo, su un’altra l’Allegoria della Tirannide, del Mal Governo che svela una «campagna devastata, insicura e sterile».
 
Questi affreschi sono stati poi commentati sia da un anonimo cronista che testimonia il fatto che la Sala fosse aperta a tutti, sia da san Bernardino da Siena secondo il quale «a vedere la Pace dipenta è una grande allegrezza. E così è una scurità a vedere dipenta la Guerra dall’altro lato».
Ghiberti sostenne che «a me parve molto miglore Ambruogio Lorenzetti et altrimenti dotto che nessuno degli altri» riferendosi in particolare a Simone Martini e Giorgio Vasari «moltiplicò le lodi di Ambrogio».
 
La nostra autrice non trascura Simone Martini, gli dedica anzi un intero capitolo, descrivendo «la gigantesca e sfavillante Maestà che occupa la parete est della Sala del Gran Consiglio, attigua a quella dove, quasi vent’anni dopo, Ambrogio Lorenzetti avrebbe dipinto il suo ciclo».
Per la prima volta in questo affresco troviamo anche il simbolo di Roma - la lupa con i gemelli - che ricorda «la leggendaria fondazione romana di Siena».
Naturalmente, Frugoni deve rifarsi agli eventi storici che si verificarono a Siena, quindi si sofferma sulla cospirazione dei Tolomei e dei carnaioli contro i Nove, sulla cacciata dei poveri da Siena, sulle difficoltà di approvvigionamento che incontrò anche Lorenzetti negli anni in cui dipingeva, sulle lotte tra famiglie rivali e sulle inutili paci, sulla crisi economica che coinvolse i Bonsignori, famosi banchieri senesi che servivano i papi e i sovrani francesi, sulla corruzione assai diffusa dei Nove che, per tenere contenta (e distratta) la cittadinanza, curarono con attenzione il decoro urbano.
 
E così torniamo a Lorenzetti e ai suoi affreschi che dovevano incantare e rassicurare i cittadini: Giustizia e Concordia guidano verso il Bene Comune, e insieme a loro compaiono Securitas e Prudentia, Magnanimitas e Fortitudo, e tante altre figure come Fides e Spes… eccetera eccetera.
A ovest, invece, Tirannide e Vizi, dall’aspetto inquietante, insieme a Superbia, Avaritia, Crudelitas…
Sempre, compare la città con i suoi abitanti, ora sereni ora inquieti, a seconda che ci sia il buongoverno o la tirannide.
Sicuramente Lorenzetti conosceva bene la materia che trattava, forse perché aveva letto Remigio de’ Girolami o lo Pseudo Ugo di San Vittore o forse perché i concetti rappresentati erano assai diffusi.
 
Così, ai cortei nuziali festosi e ai davanzali animati, alle botteghe dove si vendevano stoffe o dove lavoravano i calzolai o alle strade dove leggiadre fanciulle danzavano al suono del tamburello – scene dettate dal buongoverno – si accompagnano visioni drammatiche di case distrutte, di fabbri che forgiano armi, di neonati uccisi e uomini mutilati.
Interessanti anche le scene ambientate in campagna, con la raffigurazione puntuale dei paesaggi e della vita quotidiana: protagonisti prevalenti sono i contadini, considerati artefici «del processo economico», le loro case coloniche circondate dai campi, castelli e palazzi signorili, gazze e corvi, lepri, cervi e cavalli, cigni selvatici, donne che mietono il grano, ulivi e filari…
 
Ecco, dunque, il Medioevo vivace e operoso che Chiara Frugoni ci descrive con delicata abilità. Ora, non ci resta che andare a Siena e… controllare direttamente!
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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