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Storie di donne, letteratura di genere/ 373 – Di Luciana Grillo

Hala Kodmani «La Siria promessa» – Un libro affascinante che lascia tanta amarezza

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Titolo: La Siria promessa
Autrice: Hala Kodmani
 
Traduttrice: Elisabetta Bartuli
Editore: Brioschi 2020
 
Pagine: 232 p., Brossura
Prezzo di copertina: € 18
 
Tutto di questo libro è affascinante, a partire dalla copertina dello Studio Maimeri di Milano.
Si inizia a leggere e si entra in un dialogo epistolare tra l’autrice e il padre, mancato anni prima, sempre presente affettuosamente nel pensiero della figlia che vuole scrivere all’amica Naziha e invece «il computer mi propone automaticamente il tuo indirizzo… Non voglio entusiasmarmi subito al pensiero di poter comunicare con te. Sarebbe davvero troppo bello».
Hala scrive, Nazem risponde… così comincia questo dialogo straordinario tra un padre siriano, colto e intelligente, che ha molto amato la Francia, e la figlia che sente l’imbarazzo di dover definire la sua identità nazionale.
 
Ai lettori e alle lettrici di questo romanzo epistolare che «inventa un genere letterario ibrido» promette di essere sincera, di raccontare la storia e la vita della sua famiglia appartenente alla buona borghesia damascena, colta, attiva, religiosa ma non bigotta, anzi a volte dichiaratamente laica. E quindi presenta il nonno Jeddo - esponente della prima generazione - vissuto mentre crollava l’impero ottomano e si realizzava il mandato francese, nel 1922.
La seconda generazione è quella di suo padre, vissuta fino al 2000, nata sulle ceneri delle lotte per l’indipendenza del Paese e conclusasi con la presidenza trentennale di Hafez-al Assad e l’instaurarsi di uno stato di polizia.
La terza generazione è quella dell’autrice, che sente di appartenere alla Francia fin quando, allo «scoppio delle rivoluzioni, nel 2011, riscopre le proprie origini, ritrova un senso profondo di appartenenza e la fierezza della propria sirianità. E arabità».
 
La quarta è quella che tutti vediamo, rappresentata da una gioventù rivoluzionaria.
Hala racconta la Francia dei nostri giorni, il declino del Paese «che abbiamo voluto fosse il nostro» e Nazem sembra sorridere quando scrive: «Non credevo di essere riuscito così bene a farti diventare una francese cinica e brontolona… Mi colpisce che ti interessi alle cose che ho scritto… Ho esitato a lungo prima di mettermi a scrivere perché si tratta di un esercizio che di solito si riservano le personalità che hanno avuto un ruolo importante, politico, professionale, storico o sociale…», poi ammette di aver iniziato e smesso dopo la lettura noiosa della testimonianza di un suo vecchio amico.
«A chi mai poteva interessare la mia storia...? Speranze deluse… Guerre perse che i libri di testo e anche l’attualità hanno già doviziosamente descritto e analizzato.»
 
Hala vuole sapere, vuole capire, vuole ricordare le esperienze familiari, il lavoro di suo padre, le sue importanti conoscenze, gli spettacoli di teatro; è orgogliosa di quel padre che impressionava i francesi con il suo «francese “remarcable”!».
Lo scambio epistolare continua, la figlia apprezza l’apertura culturale di suo padre, cita gli autori preferiti - Malraux, Sartre, Camus e Simone de Beauvoir - i cui libri «hai fatti rilegare in pelle e a ogni nostro trasloco-esilio li sistemavi con cura al posto giusto nella libreria di casa», ricorda che dicevano di volersi allontanare dalla Siria, ma «nonostante avessimo deciso di emigrare, non riuscivamo a staccarci dal paese», mentre si tenevano a distanza dalla «religiosità bigotta e assertiva che si è diffusa negli ultimi tempi».
 
Hala informa il suo Daddy su ogni cambiamento, su ogni novità, quindi gli racconta della rivoluzione dei gelsomini che trionfa in Tunisia, il risveglio della gioventù araba in Egitto, Algeria, Yemen; Nazem le risponde ricordandole che la sua «coscienza politica si è risvegliata con la sconfitta del 1967, che ci ha schiantati con l’occupazione da parte di Israele di quel che restava della Palestina, del Golan siriano e del Sinai egiziano…».
Insomma, leggendo queste pagine, si entra direttamente in quelle vicende difficili e dolorose di cui si parlava in famiglia, di cui si interessavano i telegiornali, ma che tutto sommato ai giovani italiani, in quegli anni, sembravano temi lontani.
 
Entrano in campo l’Iraq e le guerre più recenti - 1991 e 2003 - Nasser e Mubarak, la Libia che non si considerava contagiabile dalle rivoluzioni dei paesi vicini perché c’era Gheddafi che «non si lascerà certo fermare da qualche manifestazione pacifica», mentre il lavoro di diplomatico di suo padre portava Hala nei paesi più esotici, come il Sudafrica e la Guinea.
Al centro dell’attenzione di padre e figlia rimane la Siria, «cuore pulsante dell’arabismo» dove «il bastione della paura si va sbriciolando… penso solo a partecipare all’insperata - o tanto sperata - liberazione del paese. Ci penso giorno e notte».
In nome di questo impegno, Hala ricorda l’arresto del padre, «quel giorno mi è impresso nella memoria come il trauma più severo della mia infanzia», e passeranno «sei mesi in quattro diversi luoghi di detenzione».
 
Altro paese, altra storia: il Libano, Beirut, «la città che negli anni Sessanta e Settanta ha ospitato i poeti, gli artisti e i dissidenti politici di ogni tendenza e di ogni paese arabo adesso chiude la porta alla protesta siriana? Che delusione! E che ribaltone della storia!»
Dopo Beirut, Londra, un «nuovo esilio pieno di verde e di civiltà…».
Si passa, in questo scambio epistolare, dal passato di Nazem al presente di Hala che il 2 ottobre 2011 scrive a suo padre: «Che sollievo! Finalmente ti posso confermare le buone nuove… l’opposizione è riuscita a mettersi d’accordo… siamo sollevati» e lo informa anche sugli sviluppi in Tunisia, in Libia, in Egitto, mentre in Siria «è la Lega araba a condurre il gioco» e successivamente «con il doppio veto di Russia e Cina il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha respinto la risoluzione che prevedeva la transizione del potere in Siria».
 
Hala manifesta tutto il suo dolore, la delusione, la rabbia contro il mondo intero; noi forse possiamo pensare - dopo la lettura di questo - di aver capito qualcosa in più, mentre Nazem le chiede di interrompere questa corrispondenza: «Smetti di affliggermi con la quotidianità delle nostre rivoluzioni arabe traviate e, soprattutto, della nostra Siria martoriata».
A chi ha letto, non resta che tanta amarezza.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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