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Storie di donne, letteratura di genere/ 387 – Di Luciana Grillo

Rufi Thorpe, «La nostra furiosa amicizia» – La storia di due adolescenti difficili che diventano amici solo perché vicini di casa.

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Titolo: La nostra furiosa amicizia
Autore: Rufi Thorpe
 
Traduttore: Claudia Durastanti
Editore: Bollati Boringhieri 2021
 
Pagine: 352, Brossura
Prezzo di copertina: € 17
 
Come «Piccola dea», romanzo già recensito in questa rubrica (vedi), anche «La nostra furiosa amicizia» ha al centro la storia di due adolescenti difficili che diventano amici solo perché vicini di casa.
La loro amicizia diventa profonda quando, conoscendosi, rivelano le loro fragilità, parlano delle loro famiglie, di abbandoni e solitudini, di emarginazione e disagio.
Michael, affidato a una zia, povero, gay, racconta la sua storia e quella di Bunny, troppo ricca, troppo alta, troppo sola.
Entrambi vivono in «una straordinaria mancanza di supervisione da parte degli adulti».
 
E nell’ intrecciare bene e male, un padre immobiliarista disonesto e un padre ubriacone, una mamma morta presto e un’altra in prigione, Michael – che aveva undici anni quando già si truccava gli occhi – svela una California devastata da costruzioni di lusso che confinano con modeste case intonacate, dove gli adolescenti vogliono sopravvivere a se stessi, fanno uso di droghe e di alcol, sono vittime e nello stesso tempo carnefici.
Anche il sesso diventa «un altro aspetto della solitudine, lampi di intensa intimità così imbarazzanti e fragili da non avere un posto nella vita reale».
 
Quanto a Bunny, «strutturata come un toro… non aveva una madre o una sorella che le insegnassero come farsi i capelli, o come vestirsi, o come scegliere e mettere il rossetto», Michael diventa «il suo confidente mentre esplorava la femminilità che era stata troppo timida per esplorare da sola» e la vede crescere a dismisura sotto i suoi occhi: «Quel dramma si era evoluto lentamente nel corso di quell’inverno e di quella primavera… Era cresciuta un altro paio di centimetri. Alla fine del terzo anno era alta un metro e novantadue e pesava ottantacinque chili. E si sentiva un mostro».
 
Intanto Michael, che lavora per raggranellare qualcosa al Rite Aid, si innamora di Anthony, si interroga sul suo futuro, si convince che «la violenza non era qualcosa che ci aveva infettati… non era un’Atena dagli occhi grigi che ingannava Aiace facendogli uccidere delle pecore. Era insita in noi. Eravamo animali violenti e assassini, concepiti così», mentre Bunny frequenta un corso intensivo di pallavolo, ha esperienze sessuali violente, ascolta rapita Eric, il nuovo assistente allenatore, che riesce a guardare dal basso – finalmente! – perché è più alto di lei, picchia la compagna di gioco Ann Marie perché ha sparlato di Michael: «ciò che era successo era troppo grande, e noi eravamo abituati a considerare le nostre vite come del tutto banali. Non sapevamo quasi come affrontarlo».
 
Questo è il punto di non ritorno: mentre Michael, bullizzato e picchiato, ha la forza comunque di continuare a lavorare e a studiare, per Bunny inizia il terribile periodo della detenzione, appena confortato – e fino a un certo momento – dalle visite di Michael che le porta dolciumi e biscotti, l’abbraccia, le tiene la mano, la fa sentire (almeno un po’) amata.
A proposito delle visite in carcere, Michael è colpito dalla quantità di regole… «Se alcune di queste regole erano facili da rispettare, c’erano talmente tante istruzioni su cosa non indossare da farmi venire l’ansia… Quell’elenco mi turbava molto. Segnalava la presenza di una burocrazia schiacciante e determinata a gestire ogni aspetto dell’esistenza… Che Bunny vivesse in un posto simile mi spaventava».
 
Passano gli anni, i due ragazzi sono ormai adulti, uno, realizzato nel lavoro, convivente con un compagno senza destare scandali, l’altra, libera dal carcere, ma «usata» da suo padre, uomo senza scrupoli, che l’accompagna consapevolmente verso un destino tragico.
E qui mi fermo, Bunny mi ispira pietà e tenerezza, mi fa pensare quanto siano importanti i genitori, mi ricorda che nessun bimbo chiede di nascere.
 
Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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