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Storie di donne, letteratura di genere/ 82 – Di Luciana Grillo

Monica Dickens, «Su e giù per le scale» – Le avventure tragicomiche di una giovane donna di buona famiglia

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Titolo: Su e giù per le scale
Autrice: Dickens Monica
 
Editore: Elliot 2015 (collana Scatti)
Pagine: 256, brossura
 
Note: Disponibile eBook
Prezzo di copertina: € 16,50
 
Questo gustoso testo è stato scritto e pubblicato per la prima volta nel 1939 (ma tradotto in italiano solo pochi mesi fa) da Monica Dickens, pronipote del grande Charles, autore di David Copperfield e di tanti altri romanzi che hanno lasciato un segno profondo nella letteratura inglese, europea e, direi, mondiale.
Quest’anno Monica raggiungerebbe il traguardo dei 100 anni e sicuramente sorriderebbe delle sue lontane e tragicomiche avventure, vissute tanti anni fa, quando la società era abissalmente diversa dalla nostra.
Su e giù per le scale è un romanzo autobiografico. La protagonista, ribelle alle consuetudini della buona società anglosassone, espulsa dalla Scuola femminile di Saint Paul, decise di cominciare a lavorare come cuoca/cameriera in case borghesi.
 
Il mio primo pensiero va istintivamente ai genitori di Monica i quali sicuramente avrebbero preferito per la figlia un lavoro diverso.
La lasciarono comunque libera di andare al lavoro, con il suo corredo di grembiuli e cuffiette, la videro quasi sempre tornare a casa la sera stanca e talvolta scontenta, eppure non le dissero mai nulla, rispettando totalmente le scelte di questa figlia «anarchica» che in realtà non era preparata né per fare la cameriera, né per fare la cuoca.
Infatti è la stessa Monica che ammette di non capire «perché mai mi avesse assunta. Era il tipo di donna che non si lascia prendere in giro, e doveva avermi giudicata quell’incompetente e incapace pasticciona che ero».
 
Così Monica passa di famiglia in famiglia, spesso si presenta con nome o cognome falsi, compra grembiuli e cuffie per sembrare impeccabile…
«Non mi ero resa conto di quanto fossi orrenda con quella cuffia. La spinsi un po’ all’indietro mentre scendevo le scale, ma quando arrivai al ripostiglio era tornata al punto di prima, così la ragazza-maiale non avrebbe protestato.
«La spinsi indietro appena lei si allontanò, ma non c’era niente da fare. Dovevo ormai rassegnarmi ad assomigliare a una giocatrice di tennis anni Venti.»
Come una trottola, Monica corre di qua e di là, rifà i letti, brucia i biscotti, nasconde le briciole sotto i tappeti, discute con i fornitori, prepara – casualmente – qualche manicaretto e – più spesso – pietanze impresentabili che finiscono nella pattumiera.
 
La sera «ero un relitto. Mi sentivo più propensa a mettere la testa nel forno del gas che a sparecchiare e a rigovernare. Il mio sguardo si posò sulla bottiglia di sherry che stava su una mensola.
«La osservai fissamente. In fondo, perché no: un sorso, tanto per trovare la forza di finire quello che avevo da fare. Mi guardai alle spalle, me ne versai un bel bicchiere e lo buttai giù.
«Calò la notte di colpo. Il fuoco mi scoppiò in gola ed esplose in mille stelle davanti agli occhi. Non era sherry, era whisky. Una volta superato il primo intontimento, mi sentii divinamente.»
E se un’altra cameriera aiuta Monica, «nessuno crederà mai che due sole persone in una stanza possano inciampare nei rispettivi piedi come riuscivamo a fare noi in tanta confusione e distruzione.
«Perfino la signora Vaughan ….quando apparve in cucina batté in ritirata spaventata dal fragore della battaglia. Non c’era proprio posto per lei; Maud ed io ci eravamo moltiplicate per dieci, con piedi enormi.»
 
Monica dispensa il suo sense oh humour a piene mani, per esempio quando descrive una delle sue datrici di lavoro che «stava rammendando i calzini. Era una faccenda complicata, non poteva rammendare senza occhiali e, per una ragione inspiegabile, non poteva parlare se li aveva… non si sentiva autorizzata a parlare senza rammendare.
«Ne conseguiva una serie di manovre complicate, occhiali tolti, perduti, ritrovati e infilati, ago perduto, calzino caduto…»
Ad un certo punto, Monica non ne può più, si licenzia: «Tornai dalla mia famiglia e la trovai sollevata  per la conclusione… di un periodo di strana e lamentosa follia… avevano dovuto sopportare da me…silenzi esausti, bronci e scene isteriche…», ma «ero ossessionata dal pensiero che l’odore di cucina mi sarebbe rimasto attaccato per sempre… Poi finalmente mi sentii purificata: uscii dal letto e dal bagno, ed ero una donna nuova».
Perciò «mi dedicai senza incertezze alla ricerca del divertimento, al quale avevo per tanto tempo rinunciato» ripromettendosi di essere «un piccolo raggio di sole danzante per la casa, pronta a irradiare gioia e allegria su tutti quelli che attraversavano il mio cammino».
 
E qui si conclude l’avventura lavorativa di Monica: noi lettori e lettrici, dopo aver sorriso della sua intelligente capacità di improvvisazione, non possiamo che riflettere sulla libertà di cui ha goduto la discendente di Dickens e sul lavoro delle donne che, oggi come ieri, affrontano spesso difficoltà e fatiche, sia in casa che fuori.
 
Luciana Grillo
(Recensioni precedenti)

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