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Storie di donne, letteratura di genere/ 121 – Di Luciana Grillo

Shifra Horn, Scorpion dance – Un romanzo fatto di atmosfere intense e degli eventi drammatici che hanno privato un Popolo di sei milioni di uomini

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Titolo: Scorpion dance
Autrice: Horn Shifra
 
Traduttore: Castoldi S.
Editore: Fazi 2016 (collana Le strade)
 
Pagine: 425, brossura
Prezzo di copertina: € 18,50
 
Shifra Horn è molto nota in Israele come scrittrice e anche per essersi adoperata, in qualità di Ufficiale-Educatrice per l’Unione Mondiali degli studenti ebrei, per far rientrare in patria quelli che, per i più vari motivi, se ne erano allontanati.
Ha vissuto cinque anni in Giappone con il ruolo di corrispondente per un quotidiano. Attualmente risiede a Gerusalemme, ha pubblicato parecchi romanzi, cinque dei quali sono stati tradotti in italiano e pubblicati dall’editore Fazi.
 
Il protagonista di Scorpion dance è Orion che scopre, nella sua casa che i muratori stanno riattando, la presenza di un glicine giapponese dalle radici forti, invadenti e distruttive.
Benché il muratore gli dica che «quelle radici sono una minaccia», Orion intuisce «che quei fiori viola mi avrebbero condotto verso una nuova vita e verso luoghi più felici»… quindi il glicine rimane e scuote «le fondamenta della mia casa e quelle della mia vita… A causa del glicine tutti i pezzi della mia vita si incastrarono alla perfezione, e grazie a una rara coincidenza mi trovai tra le mani la tessera finale per completare il quadro… Perché, come direbbe mia madre, non esistono coincidenze a questo mondo».
Per una favorevole combinazione, Orion incontra una donna «ragionevole, sensibile, perspicace… Sai ascoltare anche quando non ti sto parlando. Sei la prima donna a cui io abbia dato accesso alle mie paure, alla mia solitudine, ai miei sogni.»
E’ la sua Basherte, una donna affascinante e sfuggente, cantante lirica berlinese.
 
Dunque, un grande amore, una straordinaria affinità legano Orion a questa donna un po’ misteriosa, dalla «storia familiare lunga, complessa…» come complessa è la sua: il padre è morto durante la guerra dei Sei Giorni, la madre lo ha lasciato per raggiungere un nuovo marito in Australia, gli rimane Johanna, la nonna tedesca che parla in modo buffo e odia la Germania.
La storia si sviluppa ruotando tra passato e presente, proprio come la danza dello scorpione, mentre Orion ricorda e cerca di dimenticare… un nonno che ha militato nelle SS, i suoi tre piccoli amici che, con lui, formavano il gruppetto dei «quattro figli della guerra… i quattro della devastazione… i quattro angeli della distruzione… il quartetto» a cui gli adulti avevano promesso «che non saremmo mai stati costretti ad andare in guerra… sei anni dopo… quella promessa fu infranta».
E li avevano chiamati «i figli della pace… e ancora non capivo cosa fosse la guerra. Non potevo chiederlo a mia madre, e Johanna si rifiutava di collaborare».
 
La storia sembra avanzare, per poi tornare al passato, alla figura misteriosa di Johanna, al suo passato, a quel numero tatuato sulla pelle, al pappagallo parlante Sarah, ad un vaso posto in alto, ai libri bruciati, alla libreria ambulante…
Quel che sembra certo, è che Orion va alla ricerca della verità e delle sue radici.
Solo, forse, la nascita di Euridice, che in alcune lettere del nome ricorda suo padre Uri, rende sereno Orion, che pure – guardandola – cerca nei lineamenti della bimba le tracce di suo padre e di sua madre, la nonna arrivata dall’Australia «curva sotto il peso dei sensi di colpa e dei regali».
È un padre amorevole, per la piccola perde interesse per il lavoro, per i libri, per le donne. Attraverso la bimba Orion vede un mondo migliore: la immagina ragazza e poi donna, pensa che le racconterà tante storie, non fiabe di streghe serpenti e scorpioni, ma storie con un lieto fine… «perché un lieto fine ci si attaccherà addosso e cambierà il nostro destino».
 
Così termina questo romanzo fatto di atmosfere intense e di eventi drammatici che hanno insanguinato un Paese e lo hanno privato di sei milioni di uomini.
 
Luciana Grillo
(Precedenti recensioni)

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