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Storie di donne, letteratura di genere/ 158 – Di Luciana Grillo

Loredana Lipperini, Non è un paese per vecchi – Grazie, Lipperini, chi ha una certa età non può che condividere questi pensieri…!

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Titolo: Non è un paese per vecchie
Autrice: Loredana Lipperini
 
Editore: Feltrinelli 2010
Collana: Serie bianca
 
Pagine: 206, brossura
Prezzo di copertina: € 15
 
Questo interessante saggio si apre con una dedica esemplare: «A mia madre / con allegria» e prende spunto dal Time che, nel 1967, dichiarò «uomini dell’anno» i twenty-five and under, cioè i venticinquenni. «Il mito nasce così».
Poi arriva il 2010, «il ventenne di quella copertina ha oggi sessantatrè anni e sta per essere dichiarato ufficialmente e statisticamente vecchio», ma quella generazione che il Time ha così valorizzato, teme la vecchiaia, il decadimento fisico e psichico e «ha deciso di fare a meno dei vecchi: al punto da non sapere esattamente chi siano».
 
La Lipperini è impietosa, ricorda i festeggiamenti dei centenari, con sindaci assessori fiori e torte in primo piano, i vecchi aggrappati alle badanti, le vecchie che «si piegano alla risata triste che si tributa ai clown».
Sembrano essere cancellati, scavalcati, non visti da chi passa di fretta. La televisione e la stampa li nominano quando sono vittime di truffe.
Se si innamorano, i vecchi diventano imbarazzanti, «se concepiscono dopo i sessant’anni, sono la vergogna del loro sesso».
Sempre la stampa, per quanto riguarda l’Italia, paragona i nostri politici con quelli di altri Paesi e accosta i 47 anni di Zapatero ai 68 di Prodi: «La politica e l’economia sono in mano alla gerontocrazia».
 
Da questi pensieri al crollo della solidarietà fra giovani e vecchi il passo è breve.
Nel contempo, la stampa mostra «il vegliardo in camicia hawaiana, gran consumatore di Viagra e di tour all inclusive… ruba-stipendi e ruba-assistenza…».
In realtà c’è una generazione di mezzo, di adulti maturi, che si occupa di anziani molto anziani.
Stefano Benzoni, autore de «I giovani non esistono», sottolinea che gli anziani, «invece di starsene sulle panchine dei giardini pubblici o, se donne, a elevare gorgheggi in chiesa, dilagano sugli autobus, al cinema, per le strade e nella dissipazione dell’italica economia».
La Lipperini va avanti affrontando argomenti molto scomodi, talvolta sgradevoli, ad esempio quando riporta in neretto una frase terribile di Joan Hyler, agente della William Morris, che ha solo 48 anni, ma una lucidità preveggente impressionante:
 
«Se invecchi con successo ti ridono dietro, se invecchi senza successo, sei solo.»
Altro tema interessante riguarda il compito che le donne devono svolgere, anche se non ne hanno voglia, o se hanno altre cose da fare… ma, è noto, «la cura» è un’attività propria del genere femminile: «Quando si varca una certa età, siamo costrette a essere soltanto nonne».
Si parla anche di chirurgia estetica, di «volti ricondotti a maschere», ci si chiede: «Perché le donne non possono più apparire con la loro vera faccia in tv?... Perché questa umiliazione?... Dover nascondere le nostre rughe: il passaggio del tempo che lascia le sue tracce sul nostro volto è una vergogna?...
 
Il cinema, come la letteratura e la pubblicità, non si lascia sfuggire il tema «terza età», da «La primavera romana della signora Stone» («Attrice americana vedova e sfiorita s’innamora a Roma di un bel gigolo di via Veneto e vive momenti di effimera felicità») con Vivien Leigh e Warren Beatty a «Morire d’amore» con Annie Girardot, da «Il laureato» con una Anne Bancroft «che si autodefinisce disgustosa» a «Harold e Maude» «dove è l’ottantenne Maude il personaggio solare, ribelle, gioioso, che ruba automobili e getta anelli nel lago, balla e fa l’amore con il suo cupissimo innamorato adolescente, per poi porre fine volontariamente, e con serenità, alla propria esistenza».
 
L’ultimo capitolo del saggio è dedicato alle donne italiane che navigano.
Nel 2009 «hanno il primato per l’ammontare di tempo trascorso in rete: 12 ore settimanali on line (contro la media europea di 11)».
Subito c’è chi storce il naso e dice che «sul web vincono chiacchiere e gossip», mentre le donne intervistate dichiarano che possono «grazie a internet gestire le proprie finanze, mantenere il contatto con amici e parenti, accedere a informazioni legate a salute e benessere, prenotare vacanze, scegliere prodotti o servizi più competitivi…».
Allora, messi da parte gli stereotipi, «a vecchiaia può essere un’altra cosa», si può concordare con Josè Saramago che disse: «…Più si è vecchi più si diventa liberi…», si può coltivare l’utopia: «Cambiare la vita. Farà scrollare le spalle a parecchie persone, ma è esattamente di questo che abbiamo bisogno. Ora».
 
Grazie, Lipperini, chi ha una certa età non può che condividere questi pensieri!
 
Luciana Grillo
(Precedenti recensioni)

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