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Storie di donne, letteratura di genere/ 159 – Di Luciana Grillo

Simonetta Tassinari, La casa di tutte le guerre – Un bel romanzo che racconta con leggerezza e rigore l’estate di 50 anni fa a Rocca, in Romagna

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Titolo: La casa di tutte le guerre
Autrice: Simonetta Tassinari
 
Editore: Corbaccio 2015
Collana: Narratori Corbaccio
 
Pagine: 252, rilegato
Prezzo di copertina: € 14,90
 
Un bel romanzo, questo «La casa di tutte le guerre», che racconta con leggerezza e rigore l’estate di 50 anni fa a Rocca, in Romagna.
Era il 1967, la protagonista – come si usava allora – trascorreva i mesi estivi nella casa di famiglia, lontana dalla confusione che si respirava a Bologna, ospite della dolce e raffinata nonna inglese.
E dunque, l’autrice racconta – sorridendo anche delle sue birichinate, autoderidendosi per la sua statura minuta – il rapporto speciale e il grande affetto che l’ha legata alla nonna, nella cui casa «prevaleva un certo conservatorismo… Era molto difficile, per persone come mia nonna… vedere qualcosa di buono, sensato o di utile al mondo nei capelloni, i ciclomotori che strombazzavano, le ragazze con le gambe scoperte e le canzonette del Cantagiro… La Bea credeva che quella generazione di giovani fosse la peggiore dai tempi di Cavour…».
 
Ma Silvia racconta anche le ore trascorse da sola in soffitta, dove «non avevo bisogno di compagnia… mi distendevo a pancia all’aria su un tappeto, guardando le travi di legno del soffitto. Mi portavo anche dei libri da leggere, ma, come Dill di “Il buio oltre la siepe”, preferivo la magia delle mie fantasie».
Né trascura la descrizione dei giochi in giardino con gli amichetti, la recita in parrocchia, il gelato che le offriva la terribile zia Prospera, l’amicizia “segreta” con Lisa che «dopo avermi malmenato, era venuta a trovarmi! Chiusi gli occhi stringendo con riconoscenza il foglio… Mi sentivo turbata e confusa come una carmelitana scalza che fosse entrata per sbaglio in una moschea».
 
Altra forma di turbamento è per la piccola Silvia la notizia improvvisa e assolutamente inattesa di un fratellino in arrivo: «Sola? Io non mi ero mai sentita sola. Io stavo benissimo, da figlia unica. Tirai su col naso e mi apprestai a fingermi contenta anche con la nonna e la Bea. Avrei sopportato pazientemente la presenza di quello stupido intruso che nessuno voleva e avrei offerto le mie sofferenze al Signore in espiazione dei peccati di tutto il mondo… Supponevo che, con l’arrivo dell’intruso, a casa nostra l’odore di latte in polvere si sarebbe mischiato con quello della cacca, della pasta di Fissan e dei rigurgiti».
 
L’arrivo inaspettato della zia Margaret, originale e un po’ ribelle sorella della nonna, aiuta Silvia a sbrogliare la matassa in cui si sente imprigionata: insieme a Lisa scopre un terribile dramma che le riguarda entrambe, accuratamente nascosto per anni.
La storia termina con un tenero lieto fine, che spiega la malinconia che talvolta affiorava negli occhi azzurri della nonna inglese.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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