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Storie di donne, letteratura di genere/ 186 – Di Luciana Grillo

Eugenia Rico, «Gli amanti» – Il breve romanzo racconta, con una prosa limpida ed essenziale, una storia di amore, una storia complicata, triangolare

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Titolo: Gli amanti
Autrice: Eugenia Rico
 
Traduttore: P. Marchetti
Editore: Elliot 2017
 
Pagine: 90, Brossura
Prezzo di copertina: € 13,50
 
Eugenia Rico, spagnola di nascita e italiana – anzi veneziana – di adozione, ha scritto vari romanzi sempre apprezzati dal pubblico dei lettori e premiati dalla critica; collabora abitualmente con giornali ispanici come «El mundo» e «El paìs».
L’Università dello Iowa le ha assegnato l’International Writing Program, al quale hanno partecipato scrittori del calibro di Carver e O’Connor.
Il breve romanzo «Gli amanti» racconta, con una prosa limpida ed essenziale, una storia di amore, una storia complicata, triangolare: i protagonisti sono Antonio, Jean Charles e Ofélie, legati prima da forti sentimenti di amicizia e complicità che si trasformano in amore e poi in dolore, malattia e separazione.
 
L’inizio del romanzo parte dalla fine della storia:
dopo un periodo di lontananza, Jean Charles sembra riemergere dal mondo in cui si era rifugiato e chiede ad Antonio di salvarlo; Antonio per salvarlo deve rintracciare Ofélie.
Sembra un ingorgo di ricerche, sentimenti, passioni forti… emergono antiche e condivise riflessioni: «Viviamo guardando ombre sul fondo della caverna, mentre la realtà scorre alle nostre spalle.
«Schermi, sempre schermi. Seduti davanti allo schermo del televisore, allo schermo del computer, allo schermo del cinema; collegati ad amori invisibili, agganciati a ombre, incapaci di ribaltare la nostra vita…».
 
Seduti, d’accordo, ma capaci di amare, «In altri tempi credevo che l’amore mi avrebbe dato la felicità, che essere innamorato equivalesse a essere felice», capaci anche di accettare la fine dell’amore, «L’amore è come il cristallo. Quando si rompe, si rompe», capaci persino «di rimettere insieme i cocci del vaso rotto in cui si vedeva con chiarezza dove fosse la frattura».
E profondamente amici: «Gli amici sono l’unica ragione per continuare a vivere, l’unica cosa che mi lega a questa schiavitù infinita che è l’essere uomo. Gli amici si scelgono, i genitori no. In realtà non scegliamo neppure i nostri amici, sono loro che scelgono noi. O è la vita che lo fa per entrambi».
La vita sceglie per ciascuno di noi gli amici, indirizza le scelte e le decisioni, ci convince a optare per una cosa piuttosto che per un’altra: «facciamo progetti per far nascere il bambino in Galizia. «Ma so perfettamente che non tornerò mai al mio paese. Sono diventato uno “straniero”: qualcuno che preferisce vivere lontano dalla sua terra, perché lì si sentirebbe ancor più diverso».
 
C’è in tutto il romanzo una ricerca affannosa del perché si viva in un certo modo, del perché ci si senta diversi ed estranei, del perché nascano amori e amicizie destinati a finire.
Antonio è desolato quando afferma: «Io non sono più tanto sicuro di sapere chi sono. Forse sono quello che negli Stati Uniti si chiama un perdente, e in Spagna una brava persona.
«In certe sere nebbiose di Parigi, le fitte dei sensi di colpa mi attraversano la gola, ma ho imparato a reprimerle come si reprime uno starnuto a un funerale».
Romanzo intenso, che si legge velocemente e che lascia un segno profondo nella mente e nel cuore.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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