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Storie di donne, letteratura di genere/ 189 – Di Luciana Grillo

Ida de Michelis, «La Grande Guerra di Dante» – L'autrice racconta di essere venuta in possesso casualmente del diario di un soldato italiano…

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Titolo: La grande guerra di Dante. Letteratura 
            e identità nazionale

 
Autrice: Ida De Michelis
Editore: Voland 2016
 
Pagine: 158, Brossura
Prezzo di copertina: € 15
 
L’autrice di questa piccola e preziosa pubblicazione, Ida de Michelis, è una esperta di Letteratura della Grande Guerra, ma anche una profonda conoscitrice della figura e dell’opera di Dante, inserite persino nel periodo risorgimentale.
La de Michelis ci racconta di esser venuta in possesso casualmente del diario di un soldato italiano che combatteva per l’Austria-Ungheria e quindi di aver deciso di approfondire i suoi studi sulla prima guerra mondiale, allargandoli a chi si sentiva italiano, ma viveva e combatteva in terre non ancora italiane.
Il Trentino, da questo punto di vista, è una miniera di notizie… L’autrice cita e ringrazia con molto calore il personale dell’Archivio del Museo Storico e della Biblioteca civica di Trento per la competenza e la disponibilità dimostrate.
 
Il volumetto ci fa entrare nel mondo dei prigionieri irredenti in Russia dove la convivenza con altri italiani in divisa austroungarica risvegliò sentimenti e passioni nei soldati che trovarono nella lingua e nella letteratura italiane il segno unificante di un comune sentire.
Perciò due di loro riscrissero la Divina Commedia e per la prima volta, a distanza di cento anni, la casa editrice Voland – che merita un pubblico ringraziamento! – ne ha reso possibile la diffusione.
Ohi Russia vituperio delle genti
di quel paese là dove il Da stona
quanti io vidi in te e quai tormenti
 
Questi versi, dello scultore trentino Ermete Bonapace, nati nel campo di prigionia di Omsk, sono accompagnati dalle sue memorie, che «scrive per dire la sua verità e denunciare le falsificazioni da parte delle alte gerarchie».
È poi nel campo di Kirsanov che i gruppi di prigionieri si compattano; si fonda un giornale di campo, «La nostra Fede», stampato in circa quaranta copie, che ha «come motto il verso dantesco non sbigottir ch’io vincerò la prova, a testimoniare lo spirito nazionale con il quale nasceva l’iniziativa».
Quando cominciarono i rimpatri, ci fu chi rimase in Russia, chi tornò in Italia attraverso la Gran Bretagna e la Francia, chi attraverso la Cina.
 
«Tra i fortunati rimpatriati del 1916 si trovano entrambi gli autori della Divina Commedia irredenta… Ettore Bonapace e Silvio Viezzoli».
Il Viezzoli, maestro di origine istriana, verso il 1959 ricopiò tutto il testo e lo intitolò «Dante in visita agl’Italiani irredenti prigionieri in Russia nell’anno 1916».
Ciò che va sottolineato, è che quest’opera diventa una sorta di Storia degli italiani, una Commedia dantesca ambientata nella contemporaneità, un’operazione parodica che parte dalla conoscenza della grande letteratura italiana, il racconto di un viaggio alla ricerca di sé e della patria lontana, con riferimenti precisi al luogo in cui questi italiani vivono la loro odissea:
 
Evvi un sito oltre i monti ed oltre i mari,
lontano in mezzo ad infinita neve
contro la qual non valgono ripari.
. . .
E perduta in cotal fosca pianura
la città che Chirsanovo s’appella
fra tal desolazion siede sicura.
. . .
Guidato dal Maestro io giunsi in quella;
per quale strada non saprei ridire,
tanto il freddo mi cinse le cervella.
 
Precisa anche la descrizione dei prigionieri:
ed al Maestro: «Chi son quegli offesi?»
rivolto domandai «lassù tapini?»
 
Ed Egli a me: «Costoro son sospesi,
non sono austriaci e non sono italiani
non son soldati e non son borghesi.
 
«Austriaci sono detti dai profani
e grigio hanno indosso ancora il saio
ma l’anima di lor li fa romani.»
 
Tutti i canti, in impeccabili terzine, raccontano la vicenda, come se fosse Dante a parlare. Impeccabile anche la conclusione:
Virgilio se n’andò alla sua magione,
ed io, deposta ormai l’inutil penna,
m’avviai solitario alla stazione
 
a prendere il biglietto per Ravenna.
 
Cosa farebbero i giovani d’oggi se si trovassero in circostanze simili?
Forse giocherebbero con lo smartphone, o scriverebbero di calcio, non avendo neppure l’ombra delle conoscenze dei giovani vissuti solo un secolo fa.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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