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Storie di donne, letteratura di genere/ 202 – Di Luciana Grillo

Livia Aymonino, La lunga notte di Adele in cucina – Grazia e leggerezza accompagnano lettrici e lettori fino all’ultima pagina

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Titolo: La lunga notte di Adele in cucina.
            Romanzo ricettario e viceversa
 
Autrice: Livia Aymonino
Editore: Giunti Editore 2017
 
Pagine: 416, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
 
Non si tratta di un romanzo vero e proprio, ma di una sorta di diario-ricettario in cui l’autrice racconta la sua vita, le sue esperienze, le amicizie e i viaggi in giro per il mondo e i piccoli incidenti di percorso.
E poi, ci sono le ricette, quelle italiane legate a ricordi familiari, all’infanzia e alle filastrocche, quelle americane, il bagel, il corn bread eccetera del periodo vissuto negli USA, le giamaicane legate all’evocazione di Crocodile Dundee
Su tutto, l’autrice spruzza ironia e sorrisi, rende godibili le sue pagine e sa incuriosire quando descrive i buffi personaggi, come Stefania ad esempio, che «aveva gorgheggiato come fosse stata un usignolo, un’allodola, una civetta e un pappagallino cocorito tutti nella stessa gabbia, veleggiando sospesa come Wendy e Trilly, sorvolando leggera la Giamaica e le brutture della vita tra mille risolini, esclamazioni, scampanellii, entusiasmi e gridolini…».
 
Anche le ricette e gli ingredienti hanno strani connotati, le rape rosse, ad esempio «erano troppo femmine e terragne per quella pletora di maschi… mammelle rosse messe a riposare nel ventre della Terra» e poi c’era, per quella «piccola comunità autoreferenziale e espatriata», il problema dei soldi che mancavano perché «il dollaro era alle stelle, la città cara e inaccessibile…».
 
Ma il testo acquista il sapore spesso crudo della vita da adulta – dopo gli anni della «loro piccola comunità proto post femminista e femminile» – quando si affacciano i ricordi dell’infanzia, di una famiglia benestante intellettuale e snob, di una cameriera «remota, veneta, con gli occhi annacquati nell’azzurro», di una grande casa romana non lontana da via Veneto, dei Natali trascorsi lì, sovrastati da un Tiepolo, e delle patatine fritte «più buone del mondo», di cui segue ricetta.
E insieme, compaiono i piccoli amici vicini di quartiere, gli odori inconfondibili, i ciocorì e la mucca Carolina, Calimero e le caramelle Rossana, la tv dei ragazzi: «Come era bello essere bambini, protetti dalla cupola romana…».
 
Diventata grande, Adele ricorda «i genitori litigiosi e separati, le case divise e diverse… i cugini, quella fiumana di zii e di parenti, la moglie di papà, il partner di mammà», gli amici della mamma, da Zavattini a Zeffirelli, la nonna che abita «sull’ottovolante di viale delle Medaglie d’oro… di straordinaria e spiritosa intelligenza, spregiudicata come solo pochissime donne di quell’inizio secolo erano state», il Tiramisù che «vive e lotta insieme a noi, senza possibilità di scampo, scomposto o meno, destrutturato o senza savoiardi, con le fragole insieme a della menta, in barattolo, in coppetta, a fette, a semifreddo oppure senza il caffè per i bambini».
 
Tra una ricetta e un’altra, Adele torna in Italia, trova la possibilità di lavorare a Milano, incontra nomi noti della televisione, della musica, della politica e racconta, senza peli sulla lingua, la forza di Caterina Caselli, il sorriso energico di Bettino Craxi, i capricci di Patty Pravo, una memorabile Pasquetta ad Arcore, nella ex villa Casati diventata regno incontrastato di Silvio Berlusconi che, dopo cena, canta le melodie francesi degli anni 50 e 60, «Fedele al pianoforte e Silvio in piedi, a cui si unì anche uno sbrigativo Bettino, una titubante Anna e per fortuna anche Caterina, l’unica vera artista».
 
Seguono altre storie, grandi eventi – anche il matrimonio in chiesa! con corredo di partecipazioni bomboniere e confetti, – altre ricette, un figlio, un nuovo amore, tutto sempre condito con ironia, come quando leggiamo la ricerca di un abito elegante: «Adele, seriale, aveva individuato la sua divisa ideale che si faceva fare, sempre identica, con stoffe differenti e un po’ nostalgiche… Era la sua uniforme per matrimoni e compleanni, per serate importanti, per celebrazioni e seduzioni, ma anche per uscire a cena, andare al cinema o passeggiare sui tanti lungomare della sua vita».
 
I casi della vita la mettono in contatto con il potere politico, la vita di Adele si dipana e si aggroviglia fra Roma e Milano, in aereo all’improvviso il suo cuore «pulsa, batte, accelera, si spegne e poi riparte, rimbomba dentro le orecchie come un tuono, sordo, vivo, prepotente, precario, motore accelerato pronto a spegnersi» per poi, durante il volo di ritorno, trasferirsi direttamente in gola.
E intanto l’attentato alle torri gemelle crea nuova angoscia in chi sa di avere i figli lontani.
 
Questa recensione potrebbe essere ancora molto lunga, tanti sono gli spunti di riflessione che le pagine suggeriscono, ma decido di fermarmi qui, per lasciare scoprire la storia di Adele matura alle lettrici e ai lettori che sorrideranno, rifletteranno, copieranno diligentemente le ricette, ripenseranno ai loro tempi e alla loro giovinezza.
E mi piace concludere riportando i pensieri di Pietro, il figlio di Adele e Silvio: «La mia mamma era sposata con un altro marito, Carmelo, che è il padre di mio fratello Francesco. Il mio papà invece era sposato con la mamma di Guido che però non gli vuole dare il divorzio.
«Mio papà ha tre fratelli, figli della stessa mamma e dello stesso papà, però mio nonno Federico è morto e io non l’ho conosciuto.
«Mia mamma invece ha anche lei tre fratelli, ma sono figli di tre mamme diverse – che sono tutte mie nonne – perché mio nonno Carlo si è sposato tre volte, mentre nonna Lulli ha avuto solo la mamma e suo fratello Aldo, però molti mariti, di cui l’ultimo è Vittorio che è mio nonno ma non il papà della mia mamma.
«Poi anche zia Silvia e zio Aldo si sono separati, e zia Silvia ha due figlie da due mariti diversi, proprio come la mamma; lo zio Adriano invece non si è ancora sposato perché è all’estero, ma tra poco si sposerà mio fratello Guido e io divento zio».
 
Grazia e leggerezza accompagnano lettrici e lettori fino all’ultima pagina, dove la filastrocca del Grilletto e della Formicuzza ci costringe a tornare bambini.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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