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Storie di donne, letteratura di genere/ 204 – Di Luciana Grillo

Chiara Frugoni, «Vivere nel Medioevo – Donne, uomini e soprattutto bambini» – Un libro speciale, che fa vedere la vita di un’umanità troppo spesso solo immaginata

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Titolo: Vivere nel Medioevo. 
            Donne, uomini e soprattutto bambini. 
 

Autrice: Chiara Frugoni
Editore: Il Mulino 2017
 
Pagine: 317, illustrato
Prezzo di copertina: € 40
 
Questo libro è straordinariamente affascinante perché ci accompagna nel Medioevo con le descrizioni precise della vita quotidiana di uomini donne e bambini non solo con le parole di intellettuali e studiosi di chiara fama, ma anche con splendide riproduzioni di opere d’arte.
Pertanto, entriamo nell’intimità delle famiglie medioevali, vediamo come i coniugi vanno a dormire (nudi, ma con un berretto in testa e – la donna – con occhi socchiusi), quali sono le loro pantofole o babbucce, come controllano lo spegnimento delle candele, quanto il lettone è l’unico posto piacevole della casa, dove ritrovarsi, ma anche luogo di ricevimento o comunque «un simbolo che denota autorità… perché solo il sovrano ha diritto a stare sdraiato costringendo gli astanti a rimanere in piedi o in ginocchio».
 
Sul letto si partorisce, come conferma un’opera del 1.544 esposta al Louvre e fedelmente riproposta nel testo, ma per i neonati l’inizio della vita non è facile!
«Questo infelice ha appena visto la luce che immediatamente legature e fasce gli si stringono intorno per fargli ben capire che è entrato in una prigione. Solo gli occhi e la bocca rimangono liberi per il loro compito, che del resto non è se non di piangere o di gridare. E anche se un figlio di re o imperatore è circondato da qualche cura maggiore, la sua sorte non è molto diversa. Vive legato mani e piedi, povero animale gemente, inaugurando così una vita di tormenti, per la sola colpa di essere nato» - secondo il monaco e teologo Guglielmo di Saint-Thierry.
 
Se il neonato è di famiglia povera, le fasce che lo avvolgono sono scure, di canapa; se di famiglia aristocratica, possono essere bianche e rosse o rosse.
«L’impiego del rosso aveva un valore apotropaico perché questo colore doveva proteggere la fragile vita dalle emorragie, dalla rosolia e dal morbillo…».
Altro punto di rosso sul corpo di un neonato è un rametto di corallo, per allontanare male e malattie a cui «a volte venivano aggiunti i brevi, sacchettini contenenti scongiuri e preghiere…».
 
La Frugoni ci ricorda, sia con citazioni di testi che con immagini, la frequenza delle morti infantili, gli abbandoni dei bambini, la presenza del diavolo accusato di rapire un bambino sano sostituendolo con un diavolo-bambino.
Quando diventa grandicello, il bimbo ha bisogno di vestiti, di protezione «perché nelle strade urbane si aggiravano cani randagi e famelici o addirittura lupi», di essere seguito negli studi, di avere il tempo per giocare.
 
Ogni riproduzione fotografica risulta decisamente illuminante, perché rivela particolari in genere poco raccontati, ad esempio gli alfabeti dipinti o incisi su oggetti come cinture o tazze o su vetrate, gli strumenti «di correzione» usati dai maestri, i giocattoli (naturalmente diversi) per le bambine e i bambini, le slitte e i pattini, i semplici giochi acquatici, botti e cerchi dipinti accuratamente da Peter Brueghel e puntualmente descritti dall’autrice.
Né si dimenticano i bambini che vanno «avviati al lavoro già verso i sei – sette anni, di solito come garzoni di bottega se maschi, come servette se femmine».
 
Per una rubrica come «Storie di donne/Letteratura di genere» dedicata al mondo delle donne, particolarmente significativo è il capitolo «Una stanza tutta per sé» che avvicina Virginia Woolf a quei tempi lontani.
La Frugoni sostiene che «la situazione lungo i secoli non è mutata… per poter scrivere, una donna doveva aver soldi e una stanza tutta per sé. Una sentenza che si applica perfettamente alla monaca medievale, che non deve lavorare per vivere, è una donna custodita e del suo sostentamento si occupano le rendite e proprietà fondiarie del monastero, ha una stanza tutta per sé, la sua cella, con i libri della biblioteca… non è oberata e stroncata dalle fatiche della vita familiare e dalle gravidanze…».
 
Infine, «In cammino e in viaggio» ci porta nelle città, dove piccole sono le case e le finestre, costruite all’interno delle mura della città, che spesso gli incendi devastavano e distruggevano.
Un problema da affrontare era lo smaltimento dei rifiuti (come dire che nulla cambia!), mentre le strade erano fognature a cielo aperto. Chi partiva, lo faceva spesso per raggiungere luoghi di fede e percorreva ora la via «strata» (pianeggiante), ora la via rupta» (dissestata).
La meta più comune era Roma, che si poteva visitare anche utilizzando apposite guide in latino o volgare.
E se è vero, come recita un vecchio detto, che «tutte le strade portano a Roma», proprio nell’Urbe e nelle sue mille strade si conclude questo libro speciale, che ci fa vedere di pagina in pagina la vita reale di un’umanità troppo spesso solo immaginata.
Grazie, Chiara Frugoni!
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto,it
(Recensioni precedenti)

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