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Storie di donne, letteratura di genere/ 218 – Di Luciana Grillo

Catherine Dunne, «Come cade la luce» – Davvero grande, questa Dunne! Aspetto già il suo prossimo romanzo…

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Titolo: Come cade la luce
Autrice: Catherine Dunne
 
Traduttrice: Ada Arduini
Editore: Guanda 2018
 
Pagine: 363, Rilegato
Prezzo di copertina: € 18.90
 
Da dove cominciare? È un romanzo così forte e coinvolgente che riesce difficile indicare il tema principale, potrei parlare dell’ emigrazione – e quindi del trasferimento di una giovane famiglia da Cipro a Dublino – o dell’handicap di un figlio che sconvolge la vita dei genitori e delle sorelle, o dei rapporti interfamiliari (marito-moglie, madre-figli, padre-figlie…), o dell’affetto e dei conflitti che legano due sorelle, Alexia, nata prima di Mitros, e Melina, nata dopo…Questi e tanti altri sono i mattoni che costruiscono il romanzo, avvincente dalla prima all’ultima pagina, sia perché è ben scritto (e tradotto), sia perché ciascuno di noi, lettrice o lettore, può ritrovare fra le pagine lembi della propria storia.
 
Le vicende si sviluppano in un ampio arco temporale, dal 1986 al 2017: si procede fra ricordi ormai lontani, ma emotivamente forti, e fatti appena accaduti, tutti da raccontare, con l’amara consapevolezza che «un attimo solo, e la tua vita può cambiare».
La morte del fratello scuote la piccola famiglia, la mamma sembra dissolversi nel ricordo del figlio perduto, sembra chiudersi in un mondo tutto suo, fatto di ricordi e di gesti.
Per Melina «era bello condividere con altri la sofferenza per la morte di Mitros, il pensiero che fosse un individuo prezioso, completo, pienamente meritevole della dignità del lutto».
 
Alexia è la sorella maggiore, quella che si ribella, che va via di casa.
E il padre dirà a Melina, la figlia piccola e remissiva: «Sarà più facile, per te. I maggiori spianano sempre la strada».
Ma a Melina le parole non bastano, pensa che, per colpa sua, «anche la mamma sarebbe stata infelice… per non essere stata presente, per non aver garantito che andasse tutto bene, che tutto filasse liscio».
 
Gli anni passano, Alexia si sposa, Melina studia e condivide con la mamma la gioia di cucinare nella fredda Dublino i piatti sapidi della cucina cipriota, sempre attenta al benessere dei suoi cari, sempre presente, anche quando Alexia è abbandonata dal marito e tenta il suicidio.
Melina c’è, solida come una roccia. «Ero stata un’adolescente piena di ansie. Una ventenne insicura. Poi mi ero trasformata in una trentenne con un senso di responsabilità troppo sviluppato verso gli altri e non abbastanza verso se stessa… Temevo il passato, il futuro, di uscire dalla mia esistenza noiosa e prevedibile».
Si afferma nel lavoro, «…sul lavoro amavo il cambiamento, lo cercavo, ne affrontavo le sfide, anche se assorbivano tutte le mie energie. Ma la mia vita privata era diventata intoccabile perfino per me stessa. Molti anni prima, mi ero chiusa a riccio ed ero rimasta così».
 
Sola, sola perché i genitori erano tornati a Cipro e lì avevano ritrovato la serenità e l’armonia, poi anche Alexia li aveva seguiti. «Quando andaste tutti a vivere a Cipro per me fu molto difficile: mi avevate lasciato sola… Triste, sola e abbandonata… Tu sei sempre stata la mia struttura portante, Alexia».
Come in altri romanzi (vedi «Un terribile amore»), la Dunne sa raccontare con abilità storie parallele di straniamento, di sofferenza, di amore. Sempre, resistono alle avversità sentimenti forti: «… ricordati che la fedeltà e la costanza sono tutto ciò che abbiamo. E che tiene insieme le famiglie… – diceva il padre – I sentimenti possono cambiare, ma è importante sapere che l’amore è una decisione. E che niente è più importante della famiglia».
 
Quando la mamma muore, per Melinda è il momento di decidere e, come le suggeriva sua madre, non può non sposare Cormac, buono, fedele, affidabile, amico di lunga data dei suoi genitori.
«La mia sicurezza era sbocciata in quel primo momento nella stanza d’ospedale…».
I capitoli si susseguono, ora è Alexia a parlare, ora Melina, fino al chiarimento finale, quando ogni nodo si scioglie ed anche il padre, severo e antiquato, ma profondamente legato alle figlie, rassicura Alexia: «Io sono un vecchio… E sono stanco. Assicurati che stia bene… Non so cosa farei se perdessi anche Melina», e senza dirlo, la perdona.
Dunque, una conclusione rasserenante, dopo tanto dolore.
 
Davvero grande, questa Dunne! Aspetto già il suo prossimo romanzo.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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