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Storie di donne, letteratura di genere/ 233 – Di Luciana Grillo

Rosa Capodiferro, Camminavo nella notte - Vita, opere e miracoli della figlia di un ciabattino – Grande insegnante e grande insegnamento

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Titolo: Camminavo nella notte - Vita, opere e miracoli
            della figlia di un ciabattino

 
Autrice: Rosa Capodiferro
Editore: Nemapress 2018
 
Pagine: 122
Prezzo di copertina: € 16
 
Il titolo indica certamente un percorso difficile, il sottotitolo si carica invece di una saggia ironia citando, dopo la vita e le opere, anche i «miracoli»!
Questo breve testo, corredato di tante foto (in una delle quali ho trovato anche un mio zio che, da parlamentare, inaugurava uno stabilimento tessile), è un’autobiografia intelligente e scarna, mai autocelebrativa; in certe pagine anzi si ha la sensazione che l’autrice stessa non creda alle sue parole, alle vicende che l’hanno toccata e che hanno visto una piccola e povera bambina lucana, che abitava in un paesino dimenticato da Dio e dagli uomini, realizzare passo dopo passo il sogno di diventare una cardiologa.
 
L’ottima prefazione della professoressa Donatella Arcuri ci presenta Rosa, una donna matura, che «senza toni paludati e troppo compiaciuti… prende in mano la sua vita ripercorrendola e…cercandone un senso, ora che la vita è entrata nella fase declinante in cui la si può guardare a ritroso.»
Dunque Rosa, che ha scelto due versi di Vasco Rossi come premessa alla sua storia («la cambio io la vita che / non ce la fa a cambiare me»), ritorna bambina, inizia ricordando il faticoso cammino nel bosco per andare a recuperare acqua, preceduta dalla mamma che agitava un bastone per allontanare i serpenti, «il bosco era profondo e buio…era un oscuro, feroce nemico, un luogo di inenarrabile sofferenza…».
 
E dolore e sofferenza erano il pane quotidiano. Solo in occasione della festa del patrono, Sant’Antonio, «qualche momento felice mi era regalato… certo non potevo aspirare ad un vestito nuovo… anche se lo avrei molto desiderato… grandi coperte colorate e tovaglie ricamate apparivano ai balconi e alle finestre e il paese sembrava improvvisamente rinato… anche mia madre stendeva sul nostro balcone la sua tovaglia buona e la coperta delle sue nozze, quella di damasco ricamato, che era stato il pezzo forte del suo corredo e veniva conservata e sorvegliata con cura per tutto il resto dell’anno, fino al fatidico giorno in cui lei forse poteva, dopo averla esposta, sentirsi meno povera e diseredata».
 
Poi, vuoi per caso, vuoi perché ogni cosa ha un suo fine, dopo varie vicissitudini e tanto lavoro anche in una fabbrica di pelati, arrivano gli incontri positivi, con una generosa insegnante, la prof Scoini, che aiuta Rosa a conseguire un diploma e con un imprenditore del nord, il conte Stefano Rivetti, che sostiene le spese perché Rosa possa frequentare il corso di infermiera.
Di anno in anno, di esperienza in esperienza, Rosa arriva alla laurea in Medicina e Chirurgia e alla specializzazione in Cardiologia e non dimentica il suo passato, rimane semplice e disponibile, tutta tesa a curare i cuori (e le anime) dei suoi pazienti, ai quali si lega fraternamente. E ne sono prova le numerose lettere che chiudono il libro.
 
Mi sembra opportuno aggiungere che Rosa non ha mai avuto tempo per altro che per lo studio e la cura dei malati.
«Anche nello stanzone grigio… arrivavano i rumori di fondo dell’epoca: grida di battaglia, bandiere rosse, scioperi, cortei e bombe qua e là, echi di rivoluzioni pacifiche ma anche violente… le lotte femministe dei tempi le ho guardate da lontano, come un lusso delle altre, mentre io dovevo marciare altrove».
Eppure, più di altre, ha dato l’esempio concreto dell’impegno e della possibilità, per una donna, di diventare primaria senza scendere a compromessi.
Altra piccola annotazione viene dal ricordo che Rosa ha della prof. Arcuri che «riportava i temi corretti, da casa, in quattro e quattr’otto. Corretti e interamente riscritti, secondo una sua specialissima arte del meno».
 
Grande insegnante e grande insegnamento, particolarmente adatto in questi tempi in cui sono più numerose le persone che scrivono che quelle che leggono; e quelle che scrivono spesso cadono in una insopportabile e superflua prolissità.
Ma non è il caso di Rosa Capodiferro.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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