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Storie di donne, letteratura di genere/ 265 – Di Luciana Grillo

Chiara Mercuri: «DANTE, Una vita in esilio» – L'esilio è come il mar Rosso che si richiude dietro alle spalle, senza aprire alcuna Terra Promessa…

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Titolo: Dante. Una vita in esilio
Autrice: Chiara Mercuri
 
Editore: Laterza 2018
Genere: Poesia critica
 
Pagine: 232, Rilegato
Prezzo di copertina: € 18
 
La vita di Dante, la sua passione politica, l’amore per Firenze, il dramma dell’esilio sono al centro di questo saggio interessante e scorrevole, che si legge come un romanzo e che coniuga storia e versi con abile agilità.
I Guelfi Bianchi e i Guelfi Neri sono descritti con precisione: «I bianchi parlano, i bianchi pensano, i bianchi pianificano, perché i bianchi sono una classe sociale in ascesa… I neri hanno il complesso dei bianchi… Si sentono franare il terreno sotto ai piedi perché il mondo da cui provengono… Sta tramontando… I bianchi trattano i neri come gente buona solo a menar le mani… Li trattano come un gruppo sociale decaduto…»
Sullo sfondo c’è Firenze, ci sono i Cerchi e i Donati, e c’è Dante mandato a Roma per trattare con il Papa Bonifacio VIII. «Dante ha per lui una ripugnanza assoluta…».
 
L’autrice si sofferma su Dante, sulla sua giovinezza, sull’amico Guido, sul maestro Brunetto e riporta testimonianze e documenti, anche se non può citare nulla di autobiografico di Dante «gravato dal diktat della retorica medievale, che gli impone di non parlare mai di sé».
E dunque, battaglie, esilio, nostalgia, e il pensiero dei figli che non possono ancora lasciare Firenze: «Non c’è pena più atroce che vederli pagare per colpe che non sono le loro».
Da questo dolore nascono personaggi indimenticabili come Farinata, Ulisse, Ugolino: «In nulla Farinata è toccato da quell’immane punizione; a tormentarlo, a scavargli l’anima è la consapevolezza che i figli e i nipoti stiano ancora pagando per colpe che non sono le loro»; «Ulisse non ha saputo adempiere a quel comandamento di natura per cui ogni padre deve restare accanto al proprio figlio… e non c’è… necessità di servizio, dovere di guerra, volere di fato o amore di conoscenza che tenga»; «Ugolino è l’ultimo personaggio della trilogia del dolore, contro cui Dante decide d’inciampare. Come dal fondo di un pozzo, nella parabola di Ugolino, Dante dà forma al suo incubo peggiore: che con la morte i figli possano pagare per le sue colpe».
 
L’esilio, il duro calle e l’altrui scale rappresentano per Dante un punto di non ritorno. Prova a costruire un dialogo con i neri, spera di poter tornare a Firenze, ma «Dante non ha più una casa a cui tornare. Intorno a lui ormai è il nulla».
Mercuri segue le vicende dantesche con emozionata attenzione: dopo la permanenza in «contrade desertiche e appartate dell’Appennino» ritroviamo Dante a Verona, ospite di Cangrande Della Scala, e ci chiediamo «come sia stato possibile che Cangrande accettasse di ospitare un uomo che aveva così maltrattato la memoria di suo padre», poi infine lo incrociamo a Ravenna, ospite del podestà Guido Novello che dimostrò di «aver guardato con attenzione la situazione di Dante e di averla compresa a fondo. Agì per sollevarlo dal bisogno e lo fece in maniera tale da garantirgli autonomia e libertà».
 
Certamente Dante avrebbe voluto tornare a Firenze, o avrebbe potuto «considerare l’esilio come un’opportunità e la scrittura come riscatto al dolore»; a Ravenna, «piccola città di appena settemila abitanti» Dante colse la possibilità di creare un gruppo di estimatori della poesia in volgare e qui finalmente si sentì a casa, «Ravenna… lo adottava. Dopo anni di sradicamento e peregrinazioni lo abbracciava come nuova madre…».
E qui portò a compimento la sua Commedia, qui mise in salvo la famiglia e sistemò i figli, qui una zanzara anofele lo punse e lo fece morire.
 
Come l’autrice, anche chi legge si allontana da Dante morente, e lo immagina in una luce accecante, mentre rivede l’Arno che scorre lentamente.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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