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Storie di donne, letteratura di genere/ 291 – Di Luciana Grillo

Gaia de Beaumont, «Vecchie noiose» – L’autrice accompagna le «vecchie noiose», con ironia vigile e con un sorriso un po’amaro

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Titolo: Vecchie noiose
Autrice: Gaia De Beaumont
 
Editore: Marsilio 2019
Genere: Narrativa estera contemporanea
 
Pagine: 153, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
 
Finalmente Gaia de Beaumont ha pubblicato un altro libro! Lo attendevo con ansia dopo aver letto e recensito «I bambini beneducati» (vedi), storia vera di una bambina di buona famiglia, educata da un’inflessibile governante e circondata da genitori nonne e zii un po’ distratti.
«Vecchie noiose» conserva l’ironia, il garbo, il sorriso e lo sberleffo che avevo già trovato, ma in più c’è una malinconia di fondo, scandita da una «routine quotidiana (che) sostiene il traballante morale dei vecchi.
E l’autrice appare implacabile, impietosa nel descrivere questo mondo, queste donne dai capelli come un «campo di lavanda, funghi, lumache e foglie autunnali».
 
Le anziane protagoniste apprezzano la compagnia di un televisore acceso ad alto volume, organizzano ricevimenti nelle loro case, dotate di arredi dai colori improbabili - tende rosa, divani senape, tappezzeria azzurra… - «più o meno come i capelli»; si chiedono a volte come sia possibile aver dimenticato quasi tutto della propria vita («Se non si ha memoria è come se non fosse successo mai nulla»).
 
Nel piccolo paese di Pandora, una delle vecchie noiose è Giustina, abbandonata dopo pochi mesi di matrimonio dal marito.
Abita in un monolocale e vorrebbe occuparsi degli altri, «anche se loro la evitano volentieri…», mentre Ruby, che anni prima ha subito un furto, è ossessionata da serrature e lucchetti e vive praticamente al buio, con le persiane perennemente abbassate, sola, lontana dai figli, che «le sono estranei da troppo tempo».
Tecla invece ama guidare la sua automobile «verde, scrostata, piena di bozzi…guidare la fa sentire libera… senza occhiali, tutto intorno è una nebbia luminosa. Sfocato, il mondo sembra più bello».
 
Adelina ascolta a fa ascoltare a tutti la televisione, perché la tiene accesa ad alto volume, e quando pensa alla sua vita, si meraviglia di averne dimenticato gran parte.
Maria Gioconda, la più giovane del gruppo, quando va in pensione, si trasferisce a Pandora per cambiare vita, «da sola in una città sconosciuta», ignorando che si sarebbe trovata fra «decine di creature decrepite, riunite in un rumoroso conciliabolo».
E decide di invitare a casa sua tutto il vicinato, signore che «si ingozzano come piccioni e fanno scivolare in borsa una decina di tartine alla volta che serviranno per la sera. Sembra che non mangino da mesi… le vecchie sono ovunque, in fila come le formiche… parlottano di cataratte, pressioni arteriose, battiti, cateteri, fegati, arterie…».
 
C’è un signore che stimola la sua curiosità, «dal corpo spigoloso che suda e sbuffa…ha la barba bianca, pantaloncini blu oltremare o blu oltrecielo, delle improbabili scarpe da corsa arancioni… Ivan Spinocchio», anche lui invitato, lui che la «fissa con l’energia di un massiccio seduttore di provincia» mentre lei «dilaniata da un intenso desiderio… lascia che un fulmine le attraversi il torace».
A Pandora c’è anche un prete, un po’ risentito, che predica energicamente: «La colpa è solo nostra. Anzi, è vostra che vi siete rimbambiti. Guardatevi. Imprigionati nella vostra gabbia come roditori, dovreste vergognarvi… Su di noi si abbatteranno catastrofi e regolamenti di conti. O mio gregge, l’apocalisse è alle porte».
 
Le suore e i fedeli si guardano basiti, finché un canto liberatorio distende i loro visi.
La vita a Pandora è scandita da abitudini consolidate, di pomeriggio si gioca a Scarabeo e si parla e sparla. Maria Gioconda è al centro delle conversazioni: «A prima vista sembra un po’ tonta. Chissà perché è venuta da queste parti… Ivan Spinocchio le ha già messo gli occhi addosso… Figurati! Quello è un tanghero da paccottiglia. Diventa una rampa di lancio quando vede una donna.
Per Regina, «nuda come un’odalisca… com’era stata bella…», Spinocchio, «aureolato di gloria… è un bulldozer, un presuntuoso rimbambito», mentre le giornate si susseguono e si teme davvero una catastrofe, «nessuno in giro. Solo un travolgente rumore di televisori accesi».
 
Intanto in chiesa, «nell’affettuosa oscurità… un folto gruppo di vecchie signore è in pieno conciliabolo… perché prima, secoli prima, avevano tutti vissuto la meravigliosa menzogna morale, per non dire emotiva, della giovinezza».
La storia (e la vita) delle vecchie noiose si avvia a conclusione, il prete «non crede più a niente… aveva scelto la strada più facile, nascondendosi dietro l’abito da monaco», le parrocchiane si preparano al passaggio, Tecla «mette in moto e lascia girare il motore…al volante si sente libera…mette la freccia, imbocca l’autostrada e accelera».
Gaia de Beaumont accompagna le vecchie noiose, con ironia vigile e con un sorriso un po’amaro.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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