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La chiesa della Sacra Famiglia di Schio – Di Nadia Clementi

Madre Laura Maier ci racconta la storia di Santa Giuseppina Bakhita «Figlia della carità e serva dei poveri»

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Chiesa della Sacra Famiglia di Schio.
 
Nel mondo complesso in cui viviamo, in alcuni, si avverte un gran bisogno di una fede che aiuti a vivere e affrontare le difficili lotte della vita. In altri invece può nascere un legame tra dubbio e fede.
Ma l’incertezza che interessa la fede, come afferma lo stesso Papa Francesco, ci spinge a conoscere più a fondo il Signore e il progetto che ha delineato per noi, in questo senso, il dubbio deve essere visto come crescita interiore.
Porsi domande sulla fede è quindi un bene, solo così siamo spinti ad approfondire noi stessi e il percorso da intraprendere che ci aiuti ad uscire dalla sofferenza.

Lo scorso 30 aprile, spinti dalla curiosità di conoscere la profondità dello spirito della fede, ci siamo recati a vistare la chiesa della Sacra Famiglia di Schio (Vicenza) un piccolo edificio sacro, costruito tra il 1850-1901 collocato in via Fusinato 51.
Conosciuto come santuario di Santa Bakhita, luogo dove la Santa ha vissuto e prestato servizio in vita, mentre oggi nel presbiterio, in un'urna di bronzo e vetro, ne sono conservate le spoglie.
Annesso alla chiesa si trova il convento delle suore Canossiane. All’ingresso siamo stati accolti da Madre Laura Maier e grazie alla sua disponibilità è stato possibile visitare un piccolo museo dedicato alla vita di Bakhita e conoscerne la sua storia.
 
 
 
Santa Giuseppina Bakhita, religiosa Canossiana, nasce nel 1869 in Sudan, dove viene rapita all’età di sette anni e venduta più volte sul mercato delle schiave.
Conobbe le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù.
La terribile esperienza le aveva fatto dimenticare il suo nome tanto che i suoi rapitori la chiamarono Bakhita che significa «fortunata».
 
Nel 1882 fu comprata a Kartum dal console Italiano Calisto Legnani, arrivata a Genova venne affidata alla famiglia di Augusto Michieli che l’accolse nella sua abitazione di Zianiago (Frazione di Mirano Veneto) e diventa la bambinaia della figlia Mimmina.
L’acquisto di un grande Hotel a Suakin, sul Mar Rosso, costrinse i signori Michieli ad affidare Mimmina e Bakhita alle Madri Canossiane dell’Istituto dei Catecumeni di Venezia.
Quando la famiglia Michieli decise di trasferirsi definitivamente sul Mar Rosso, Bakhita non volle partire e decise di rimanere nell’Istituto.
 
Qui ebbe la possibilità di conoscere la fede cristiana e il 9 gennaio 1890 chiese il battesimo prendendo il nome di Giuseppina Margherita Fortunata. Bakhita rinunciò alla sua patria per poter diventare Cristiana.
Dopo il Battesimo le Madri Canossiane la vedevano inginocchiarsi vicino al battistero e baciare il pavimento e con occhi pieni di luce diceva a chi le stava accanto: «Perché qui sono diventata figlia di Dio!»
Entrata in noviziato nel dicembre 1893, fece la prima professione tre anni dopo a Verona.
Nel 1902 fu trasferita a Schio (Vicenza) con l’incarico prima della cucina, poi della sacrestia e infine della portineria, che esercitò sempre con prontezza, semplicità e affabilità.
«Madre Moretta», come la chiamava la gente, aveva sempre una buona parola e un sorriso per tutti.
 

 
Nel 1935 iniziò, assieme a una consorella che era stata tanti anni in Cina, una serie di viaggi di animazione missionaria.
Un giorno, durante l’ultima guerra, rifiutò di recarsi nel rifugio mentre gli alleati bombardavano la città: tutti erano convinti che, grazie a lei, Schio non avrebbe subito danni, e così avvenne.
Poi, col passare degli anni, cominciò a risentire delle brutalità (soprattutto calci e staffilate) patite da schiava: fu colpita prima da elefantiasi, poi da gravi forme di artrite, da asma bronchiale e da broncopolmonite.
 
Ormai costretta su una carrozzella, passava intere ore in preghiera davanti al tabernacolo offrendo le sue sofferenze per la Chiesa, per il Papa e per la conversione dei peccatori.
Spirò l’8 febbraio 1947 dopo aver esclamato «Quanto sono contenta… la Madonna, la Madonna».
Il suo corpo si conservò flessibile tanto che le mamme prendevano il braccio di «Madre Moretta» e lo posavano sul capo dei figli per ottenerne la protezione.
La sua tomba fu presto assediata da fedeli che ricorrevano con esiti sorprendenti alla sua intercessione.
Beatificata da Giovanni Paolo II il 17 maggio 1992, fu da lui stesso canonizzata il 1° ottobre del 2000.
Info: https://canossianebakhitaschio.org/
 
La straordinaria esperienza di vita di Santa Bakhita ci fa riflettere sulla reale presenza di Dio Padre nella storia di ogni uomo anche in colui che non lo conosce.
È una forte testimonianza di come si affronta la sofferenza profonda, l’umiliazione e le difficoltà, affidandosi al potere della fede: Bakhita ci rivela il segreto della felicità più vera.
Incantati dallo straordinario potere carismatico di questo luogo abbiamo posto delle domande a Madre Laura che all’interno del convento di occupa di accogliere i fedeli.
 
 
Madre Laura.
 
Madre Laura, chi è per voi Santa Bakhita e cosa rappresenta nella società di oggi?
«Santa Bakhita è per noi una consorella che ha vissuto il Carisma Canossiano in pienezza.
«È stato un onore stare con lei come in una grande famiglia: una vera compagna di cammino.
«Per la società è modello di donna riuscita perché ha saputo vivere la sofferenza subita come opportunità. È modello di riconciliazione e di perdono.
«A chi le domandava: Se incontrassi quelli che ti hanno rapita e trattata così crudelmente, cosa faresti? - rispondeva: Mi inginocchierei a baciare loro le mani, perché, se non fosse accaduto ciò, adesso non sarei cristiana e religiosa.
«Il santo Padre Giovanni Paolo II le ha dato il titolo di sorella Universale e Papa Francesco l’ha nominata patrona della tratta

Secondo lei quali sono state le peggiori atrocità che Bakhita ha subito nella sua esistenza?
«Essere strappata dalla sua famiglia, dal suo villaggio, dai suoi affetti più cari, tanto da non ricordare più il suo nome.
Non ne parliamo poi dei tatuaggi cioè dei 114 tagli sul suo corpo, strofinati con il sale. L’umiliazione di vedere trattato il suo corpo e la sua dignità come un oggetto.»
 

 
Ci racconti una delle tante testimonianze di chi ha vissuto accanto a Santa Bakhita.
«Una consorella raccontò che scontrandosi con Madre Bakhita di notte in un corridoio le disse: Oh, è così nera che non l’avevo vista! Ma al buio non è bianca neanche lei. E tutte due fecero una risata sonora.
«Un’altra sorella meravigliata della sua pazienza e aspetto sorridente, le chiese: Ma, non è stanca di soffrire? Non sente la malinconia? - rispose - Sì, qualche volta nelle lunghe notti insonni sento la noia e la malinconia, ma non ci bado: soffro, offro e sto contenta
 

 
Come ricorda del giorno della sua canonizzazione?
«Non ero in Piazza San Pietro quel giorno, ho seguito l’evento attraverso la televisione. Ho provato tanta gioia e mi sentivo onorata di avere una consorella Santa.
«Le sorelle di Schio rimaste a custodire il Santuario raccontano che in quel giorno una fiumana di fedeli è passata a pregarLa.»
 
Attraverso la storia di Bakhita in che modo la fede può aiutare le persone a riscoprire il segreto della felicità pura?
«Prima di tutto Bakhita ricorderà sempre gli anni belli e sereni della sua fanciullezza e infanzia. La costatazione che Dio l’ha amata ancor prima di conoscerlo e le ha donato la vita per la nostra salvezza.
«E, grazie all’incontro con Gesù Cristo, Bakhita ha scoperto di essere amata e di poter amare. Questo è il segreto della sua felicità.»
 

 
Chi sono e quante sono le persone che visitano annualmente il Santuario?
«Prima della pandemia venivano circa 23.000 pellegrini all’anno.
«Tre anni fa vennero 300 giovani universitari da Filadelfia e Washington U.S.A per venerare Santa Bakhita e per conoscere la sua vera storia.
«Attualmente i pellegrini hanno ripreso a venire. Sono persone di vari ceti, provenienti da vari paesi. Al momento prevalgono dalla Germania, dall’Austria, dalla Svizzera, dalla Francia, dalla Croazia e Slovacchia e da diversi luoghi d’Italia.»
 

 
Molte volte le persone che visitano il santuario lasciano un biglietto, una preghiera o un'intenzione, ci racconti qualche testimonianza contraccambiata.
«Abbiamo avuto la testimonianza di molte coppie che non potevano avere figli e dopo aver pregato la novena a Santa Bakhita hanno ricevuto il dono della maternità: molti bambini, infatti, sono nati per la Sua intercessione.
Le richieste di grazie sono svariate: guarigione fisica, morale, spirituale e di riconciliazione. In certi casi ella si fa presente in sogno o in realtà portando la grazia di Dio, la pace o il miracolo.»

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
bakhitaschio@gmail.com
https://canossianebakhitaschio.org/visita-santuario/


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