Home | Rubriche | Parliamone | Cosa rimane di «Trento Oltre le Mura»? – Di Nadia Clementi

Cosa rimane di «Trento Oltre le Mura»? – Di Nadia Clementi

Intervista esclusiva al dott. Andrea Robol, assessore alla cultura del comune di Trento con delega alle pari opportunità, alle politiche ambientali e alle biblioteche

image

>
Tutti sappiamo della mancata vittoria di Trento come Capitale della Cultura 2018, la cui investitura è andata a Palermo.
Un grande dispiacere per la giunta comunale che tanti sforzi e tanta dedizione aveva dedicato al dossier di presentazione della nostra città a Roma.
Il titolo «Oltre le Mura» rimarrà comunque un valido monito per la cultura trentina con tutto l’assessorato che assicura di mantenere gli impegni presi per quel 2018 così importante soprattutto per le tante ricorrenze, dalla fine della Grande Guerra fino alla contestazione studentesca del ’68.
Certo «l’importante è partecipare» direbbero i più saggi, ecco dunque che a qualche mese dalla elezione di Palermo abbiamo deciso di intervistare l’assessore alla cultura del Comune di Trento dottor Andrea Robol, con delega anche alle pari opportunità, alle politiche ambientali e alle biblioteche che, come si suol dire, «scusate se è poco».
 
Trento è sempre stata un polo culturale nel senso pieno della parola: crocevia di lingue, commerci e pensieri, cesura ideale tra il mondo mediterraneo e quello mitteleuropeo; città del Concilio, lo sappiamo, del dialogo dunque, religioso ma anche culturale, linguistico e filosofico.
Inoltre la sua importante Università è ormai da 50 anni un punto di riferimento nel panorama nazionale e internazionale, con studenti provenienti da tutto il mondo per studiare nella prima Facoltà di Sociologia in Italia oppure per approfondire le tecnologie di domani in quella che è stata definita la Silicon Valley Italiana.
Una notizia degli ultimi giorni è l’adesione del Comune di Trento alla Rete Città della Cultura, istituita nell’ambito di LuBec (Lucca Beni Culturali) e che ha come scopo quello di promuovere la programmazione strategica della cultura come volano e strumento di sviluppo dei territori.
 
Non può non venire in mente l’ambizioso progetto di riqualificazione dell’ex Facoltà di Lettere con la sua futura destinazione di polo culturale dedicato soprattutto alle nuove generazioni e allo sviluppo economico legato al mondo dello spettacolo e della cultura.
Certo sarebbe sciocco e vanaglorioso non riconoscere che non tutto è oro quel che luccica, un difetto provinciale che forse tanti trentini inconsciamente si portano appresso, lamentandosi sempre ma non muovendo nemmeno un dito per cambiare le cose.
Partendo proprio dall’istruzione superiore sappiamo che l’Università ha i suoi bei problemi, la collocazione della biblioteca universitaria tanto dibattuta ne è un esempio, ma si potrebbe anche discutere sull’annosa questione dell’offerta serale per i giovani, un dibattito che negli scorsi anni ha dato vita a collettivi flash mob e dibattiti in piazza.
 
Insomma, oggi vogliamo tastare il polso della situazione, siamo certi che il «paziente stia bene», anzi è in gran forma, ma con l’assessore Robol vogliamo assicurarci che non ci siano scricchiolii sospetti o semplicemente un po' di prevenzione da fare, che non guasta mai.
Andrea Robol ha 46 anni ed è nato a Trento. Si è diplomato al liceo Galilei e si è laureato in Giurisprudenza con una tesi su «Le norme di attuazione negli statuti speciali».
Dopo la pratica forense ha lavorato come patrocinatore legale, poi impiegato di banca e successivamente lavoratore autonomo.
La sua carriera politica inizia nel 1999 quando diventa presidente della circoscrizione Oltrefersina fino al 2005 e da questa data si trova in Consiglio comunale.
Nell’ultima legislatura è stato eletto nella lista del PD con 712 voti. Ha ricoperto anche la carica di vice-capogruppo consiliare, membro della commissione per le pari opportunità, politiche sociali e abitative e della commissione per la cultura, giovani, turismo, e solidarietà internazionale.
 

 
Assessore, partiamo inevitabilmente dalla mancata nomina di Trento come Capitale della Cultura. Al di là dei mea culpa e del senno di poi, che eredità lascia questa candidatura?
«L'eredità più importante, che assolutamente non va dissipata, è il lavoro di rete che ha caratterizzato la costruzione della candidatura: come raramente è accaduto in altre occasioni, il Comune (soprattutto con il suo Servizio Cultura) ha collaborato in modo stretto e continuato con la Provincia, l'Università, la Trentino Marketing, i Musei cittadini, le fondazioni culturali, gli sponsor privati sia per la definizione del programma sia per preparare l'audizione al Ministero.
«Lo spirito di gruppo che si è creato ci ha consentito di mettere in campo molte idee nuove e di liberare energie che neppure sapevamo d'avere. Ecco, questa è l'eredità più preziosa di Trento18
 
«Oltre le Mura» rimane uno slogan ancora valido? Si tratta delle stesse «mura» che confinano Trento sempre un po’ in periferia rispetto al dibattito culturale nazionale?
«Non si tratta solo di quello. Talvolta infatti sono le periferie i luoghi più fecondi, dove nascono idee, esperienze, progetti.
«I muri a cui si riferisce la candidatura sono molteplici: quelli tra le discipline, quelli culturali, religiosi, politici. Il 2016 è stato, storicamente, l'anno in cui sono state costruite più barriere, in Europa e non solo.
«Per questo lo slogan della candidatura ci è sembrato più che mai azzeccato.»
 
Tra gli appuntamenti per il 2018 ci sono due anniversari importanti eppure molto diversi: la fine della Prima Guerra Mondiale e il movimento culturale del ’68, due anime e due eredità che la Trento di oggi come declina?
«Naturalmente si tratta di due anniversari che non appartengono solo a Trento, ma alla storia europea e non solo. Certo, qui sia la prima guerra mondiale che il '68 hanno avuto un palcoscenico importante.
«Basti pensare che Trento, austriaca fino al 1918, ha vissuto insieme all'impero asburgico quelli che sono stati definiti dallo scrittore Karl Kraus gli ultimi giorni dell'umanità, travolta da un conflitto che in Trentino si è accanito non solo sui soldati al fronte, ma anche sui civili.
«Dall'apocalisse della guerra Trento è uscita come l'ultima italiana, l'ultima città, insieme a Trieste, a diventare parte dell'Italia unita: anche questa è la storia di un muro che cade (quello del fronte e della frontiera) e di un nuovo inizio che ha portato all'autonomia, il cui futuro è ancora da scrivere.
«Quanto al '68, il ruolo della nostra università è stato tutt'altro che marginale: Trento è stato uno degli epicentri della contestazione, anche per i personaggi di primo piano che ne furono protagonisti. E' chiaro che queste date non possono passare sotto silenzio perché fanno parte della nostra storia e perché hanno contribuito a creare la nostra identità.»
 
Il Comune di Trento ha recentemente aderito alla Rete città della Cultura del LuBec, quali sono i vantaggi di far parte di questa rete? e quali i progetti futuri in questo senso?
«È presto per parlarne: l'adesione alla Lubec è recente, e dunque non siamo ancora entrati nel merito degli aspetti operativi.
«Il coordinamento tra città comunque è utile e importante, come dimostra per esempio il caso di trekking urbano che, partito da Siena, ora è patrimonio di molti centri urbani della penisola, Trento compresa.»
 
Sappiamo che l’istruzione non è sua competenza, e non è nemmeno del Comune ma bensì della Provincia, ma siamo convinti che la Scuola e l’Università siano soprattutto cultura. Può farci un quadro di quella che è l’atmosfera tra città e mondo della scuola? C’è dialogo?
«Competenze dirette a parte, il Comune interagisce non poco con la scuola. E non solo per quanto riguarda l'edilizia scolastica ma anche in tema di cittadinanza attiva, beni comuni, politiche giovanili, sensibilizzazione ambientale, educazione stradale, ecc.
«Lo scambio è biunivoco: talvolta è il Comune a proporre, ma capita anche che siano le scuole a farsi avanti e a chiedere la nostra partnership. Il dialogo dunque esiste eccome e, per quanto ci riguarda, è sempre auspicabile.»
 
Sia pensando all’Università che alle Scuole superiori i problemi a Trento sembrano essere legati allo spazio fisico: penso al polo universitario che sta spostando il suo baricentro lungo l’asse dell’Adige, alla famosa BUC che tante polemiche ha smosso, ma penso anche al polo tecnico delle scuole superiori e al povero Istituto d’Arte Vittoria, relegato da decenni in un luogo non adatto e in rovina. Il tessuto della città ha una crisi di rigetto nei confronti delle nuove generazioni?
«Mi pare un giudizio ingeneroso nei confronti degli spazi scolastici trentini. Tenga presente che da anni siamo in testa alla classifica di Legambiente proprio per quanto riguarda l'edilizia scolastica.
«Certo, il problema dell'istituto Vittoria esiste, ma mi pare che la Provincia abbia già predisposto un piano per risolverlo. Quanto alla Buc, credo sia una delle biblioteche universitarie più belle d'Italia.
«Poteva essere fatta altrove, poteva essere più grande. Ma comunque c'è, accoglie da lunedì alla domenica migliaia di studenti, che mi sembra la stiano apprezzando.»
 
Passando al futuro dell’ex facoltà di Lettere e di tutta l’area del Parco S.Chiara, come si sta muovendo il Comune?
Conosciamo bene il progetto presentato che unisce attenzione all’ambiente, alla residenzialità e all’incubatore culturale, ma quali sono gli ultimi passi che si sono mossi? Quali i partner in campo?
«Per quanto riguarda direttamente il mio Assessorato ci stiamo occupando del percorso partecipativo in atto, nella sua seconda fase, che porterà a individuare concretamente le funzioni, i contenuti e la modalità di gestione dell'ex Facoltà di Lettere e Filosofia.
«Abbiamo già definito che sarà un polo culturale e della creatività, un luogo che necessariamente dovrà dialogare con la vicina ex mensa Santa Chiara, prossima alla ristrutturazione, e con gli spazi e le attività già presenti nel resto del complesso ex Santa Chiara.
«Dall'avviso pubblico che abbiamo proposta alla cittadinanza sono pervenute diverse idee e progetti che saranno oggetto di approfondimento nella seconda fase di partecipazione che avverrà molto presto.»
 
Il tema della «movida» ha monopolizzato il dibattito trentino per qualche anno, ora è da un po' che non se ne sente parlare. Moda? Contestazione fine a se stessa? Erano anche nati collettivi di giovani seriamente impegnati a riguardo, come si è concluso il dialogo con loro?
«Quello della movida è un tema che non si esaurisce in un incontro e che, comprensibilmente, è stagionale: esplode in primavera-estate per poi assopirsi in inverno.
«Come noto, i residenti chiedono tranquillità, i giovani vogliono il centro animato, al Comune spetta il compito di mediare e di trovare un equilibrio tra le diverse esigenze.
«L'individuazione di 13 aree per la musica dal vivo – dalle Albere a piazza Dante, dal parco di Melta a quello di Mattarello – sicuramente va incontro alle giuste richieste di socializzazione dei più giovani. E comunque il costante dialogo con la Consulta degli studenti aiuta il Comune ad avere sempre il polso della situazione e a trovare le soluzioni più idonee.»
 
Lei ha anche la delega alle Pari Opportunità ed è passato da poco l’8 marzo, giorno in cui migliaia di donne in tutt’Italia hanno aderito allo Sciopero delle Donne, in protesta contro le discriminazioni e le violenze quotidiane.
Il Comune di Trento come si sta muovendo a riguardo? Qual è la situazione rispetto alla discriminazione e di rappresentanza femminile nelle istituzioni?
«Come lei saprà, l'8 marzo a palazzo Thun abbiamo scoperto una lapide in memoria delle vittime di femminicidio. È un'iniziativa che intende sensibilizzare e, insieme, ricordare le donne che hanno perso la vita non per troppo amore, come talvolta si sente dire, ma a causa di compagni o padri o conoscenti incapaci di riconoscerle se non come proprietà esclusiva, come appendice di un sé malato, debole e per questo violento.
«Sulla rappresentanza femminile nelle istituzioni, forse può servire la doppia preferenza di genere (oggi ferma in consiglio provinciale) ma servono pure i servizi alle madri lavoratrici – in primis gli asili nido, che per fortuna a Trento coprono quasi la totalità delle richieste – e una più equa suddivisione dei carichi di lavoro familiari.
«Servirebbero anche dei partiti più aperti alla partecipazione, e non solo in periodo di campagna elettorale.»
 
Sempre legato al tema delle Pari Opportunità Trento è salita agli onori delle cronache per due notizie legate alle tematiche di genere: da una parte lo spettacolo «Fa’afafine» che è stato duramente contestato dalla destra, dall’altra la sentenza storica sul riconoscimento dello status di genitore per una coppia gay che ha adottato due gemelli. Trento è in prima linea verso una maggiore inclusione?
«Lo spettacolo e la sentenza sono questioni molto diverse. Sulla seconda, per i suoi aspetti giuridici e per le sue diverse implicazioni, non ultima quella riguardante l'utero in affitto, penso non si possano dare giudizi affrettati.
«Sullo spettacolo invece sono state fatte strumentalizzazioni del tutto fuori luogo: si tratta infatti di un lavoro pluripremiato, che fa riflettere i ragazzini sulla fase difficile della definizione dell'identità sessuale.
«Ora, pensando alle tante vittime dell'omofobia, credo che questo spettacolo possa contribuire a creare una cultura più aperta e rispettosa nei confronti di tutti gli orientamenti sessuali.
«Affermare che il Comune di Trento è contrario a ogni discriminazione è quasi una banalità, visto che il rispetto per le diversità dovrebbe caratterizzare ogni istituzione pubblica.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
dott. Andrea Robol - assessore_cultura@comune.trento.it

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande