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L'insufficienza venosa cronica – Di Nadia Clementi

Ne parla il dott. Camillo Ravelli, medico chirurgo specializzato in chirurgia vascolare

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La medicina è diventata negli ultimi anni un argomento di dibattito pubblico: a differenza del passato infatti oggi la scienza progredisce sempre più velocemente, le persone si informano di più e il diritto alle cure è esteso quasi a tutti.
Questi tre fattori e il contesto socio-economico occidentale hanno contribuito a rendere le malattie e, soprattutto, la loro cura un tema da discutere al bar tra conoscenti e ognuno di noi si sente esperto e in grado di fare autodiagnosi grazie a Google.
Comportamenti, questi, molto pericolosi e che ogni medico ragionevole sconsiglierebbe, ma la facilità con cui si riescono a reperire informazioni di tipo sanitario ha anche portato a dei benefici, come ad esempio una maggiore consapevolezza da parte dei pazienti riguardo ai loro diritti e una crescente attenzione verso malattie un tempo sottovalutate e dai sintomi talmente comuni da poter essere scambiati facilmente per qualcosa di poco serio.
Uno di questi è ad esempio l’insufficienza venosa cronica, in particolare delle varici degli arti inferiori; se queste parole vi risultano incomprensibili è probabile che andrete a digitarle su un motore di ricerca per scoprire che si tratta delle «più comuni» vene varicose.
Mettiamo l'aggettivo più comuni tra virgolette in quanto anche le vene varicose, così come tanti altri malanni dell’età, possono nascondere insidie pericolose e che se curate troppo tardi possono risultare molto invalidanti.
 
Ma che cos’è dunque l’insufficienza venosa cronica? Si tratta di un’alterazione della circolazione degli arti inferiori dovuta principalmente ad un difetto della chiusura delle valvole delle vene che non riescono ad impedire che il sangue ritorni verso i piedi quando si è in posizione eretta, invece di essere spinto regolarmente verso il cuore.
Questa anomalia determina senso di pesantezza, gonfiore e talora anche ulcere alle gambe, specie nella zona attorno alla caviglia.
Si tratta dunque di problemi che tutti noi, e in particolare le donne, hanno accusato almeno una volta soprattutto con il passare degli anni.
L’insufficienza venosa cronica infatti, specie all’inizio, non provoca disturbi particolarmente gravi, a parte un senso di pesantezza degli arti che può essere più evidente quando si sta molto tempo in piedi, soprattutto se fermi e quando fa più caldo.
A ciò può associarsi la presenza di dilatazione delle vene superficiali delle gambe che, se diventano grosse e tortuose, assumono l’aspetto antiestetico che tutti conosciamo come «vene varicose».
 
In seguito, oltre all’accentuarsi della pesantezza, può comparire gonfiore delle caviglie, specie alla sera, che tende a diventare nel tempo sempre più evidente e persistente. Questi disturbi non vanno sottovalutati perché spesso precedono la comparsa di ulcere, solitamente dolorose, che fanno molta fatica a guarire. Ovviamente la prevenzione è la migliore delle soluzioni e valgono i consigli di sempre: fare movimento, mangiare sano e non accumulare peso eccessivo.
Ma se il problema è già avanzato ci sono diverse tecniche che permettono di migliorare la situazione sia da un punto di vista estetico, con la terapia al laser, sia da un punto di vista funzionale.
Molte persone però sono reticenti in quanto il trattamento è di tipo chirurgico e spesso è poco efficace. Oggi esistono tecniche sofisticate ed indolori che permettono di trattare varici e safene con un semplice intervento ambulatoriale che non influisce in nessun modo con la vita quotidiana dei pazienti.
 
Per questo motivo abbiamo deciso di intervistare il dottor Camillo Ravelli per interrogarlo sulle moderne terapie e le soluzioni migliori per questo problema.
Il dottor Ravelli è Medico Chirurgo specializzato in Chirurgia Vascolare e che opera tra Genova, Alessandria e Trento; il suo primo incarico è nell'organico della Divisione di Chirurgia Vascolare dell'Ospedale S. Martino di Genova, prima come Assistente e poi come Aiuto, creando e dirigendo negli anni '70 un servizio di Diagnostica Doppler prima ed Ecodoppler in seguito.
Nel 2000 lascia l'incarico ospedaliero per proseguire la propria attività professionale presso cliniche private convenzionate in Piemonte e Lombardia (Policlinico di Monza, S. Rita di Vercelli, S. Gaudenzio di Novara e città di Alessandria) aprendo un servizio di Angiochirurgia presso la Clinica Villa Esperia di Salice Terme e attualmente consulente chirurgo vascolare presso le Terme di Pejo in Trentino.
 

 
Dottor Ravelli, secondo studi recenti adottare il solo trattamento chirurgico tradizionale è obsoleto e oggi viene affiancato alla terapia con laser, alla radiofrequenza e più recentemente alla terapia sclerosante ecoguidata con foam. Ci può spiegare i vantaggi di queste nuove tecniche?
«Come giustamente Lei ha sottolineato in premessa, l'insufficienza venosa cronica degli arti inferiori va trattata quando la sintomatologia ed il quadro clinico sono in uno stadio avanzato e la prevenzione e le comuni norme igieniche indicate non sono sufficienti a garantire il benessere che il paziente si aspetta .
«Infatti non possiamo aspettarci in questi casi che la pillolina dell’integratore possa curare o prevenire delle complicanze come gli edemi severi, le ulcere varicose per non parlare delle trombosi venose superficiali o profonde con eventuali e temibili tromboembolie.
Pertanto lo Specialista consultato dal paziente può risolvere in modo efficace la problematica della insufficienza venosa cronica con delle tecniche moderne mini invasive e dal costo contenuto (SSN).
«Fino a pochi anni fa l'unica arma che il chirurgo vascolare o flebologo aveva era la chirurgia stripping lungo o corto della safena anteriore, stripping della safena posteriore e flebectomie (varicectomie) sempre più estetiche.»
 

 
«Nel frattempo il progresso della tecnica (sviluppo degli hardware e software) ha permesso la messa a punto di apparecchiature ad ultrasuoni (Echocolordoppler) sempre più precise e perfette, in mani esperte, al perfezionamento della diagnosi. Oggigiorno non è più possibile fidarsi come in passato solo dell’occhio esperto o delle mani del medico, ma è necessario completare l'iter diagnostico con un buon esame emodinamico morfologico echocolordopper.
«Fatta questa premessa la tendenza dell’ultimo decennio dei forum americani ed europei è quella di limitare al massimo la terapia chirurgica tradizionale e dare la preferenza a metodiche mini invasive più economiche possibilmente in DH con più rapida ripresa del paziente alle attività lavorative.
«Le linee guida del NICE (National Institute for Health and Care Excellence) raccomandano di sostituire il trattamento chirurgico nella cura dell'insufficienza venosa varicosa con la termo ablazione in prima istanza e/o con la sieroterapia ecoguidata con foam.
«La termo ablazione consiste nel provocare con il calore una lesione della parete endoteliale della vena e provocarne la obliterazione e fibrosi. Le tecniche di termo ablazione disponibili sono la metodica Laser e la Closure con radiofrequenza.»
 

Apparecchio laser per termoablazione con sonda.
 
«La METODICA TERMOABLATIVA ENDOVASALE LASER consiste nel provocare un obliterazione dell’asse safenico introducendo una sonda con una mini incisione cutanea al ginocchio nella vena, tale sonda viene portata con controllo echo fino a pochi centimetri dalla confluenza della safena nella vena femorale (crosse). Viene praticata al contempo un'anestesia locale lungo l’asse safenico per tumescenza.
«A questo punto, si avvia l'apparecchiatura laser, che tramite la sua sonda brucia la vena. Si rimuove la sonda, si sutura la ferita, si fa indossare una calza elastica ed il paziente può essere dimesso dopo un po' di riposo ed in osservazione.»
 

Apparecchio di radiofrequenza.
 
«La TERMO ABLAZIONE CON RADIOFREQUENZA adotta una tecnica simile a quella del laser ma usa come sorgente di calore una sonda che sfrutta l'effetto termico di una sorgente di radiofrequenza. La sonda viene introdotta nella safena sotto controllo echo fino alla crosse e previa anestesia perivenosa.»
 
 


Sonda per radiofrequenza.
 
«La sonda viene poi riscaldata fino a 120 gradi per 20 secondi e poi viene ritirata per alcuni cm e nuovamente riscaldata fino a completare la obliterazione della safena, di seguito si procede con la sutura dell'incisione, la calza elastica e la mobilizzazione precoce del paziente.»

 
 
 

 
«La SCLEROSI ECOGUIDATA con mousse della safena viene eseguita sotto controllo echo in due modalità:
1) Con catetere intravenoso analogamente alle metodiche precedenti e si porta fino a pochi cm dalla crosse introducendo il liquido sclerosante sotto forma di schiuma che provoca una irritazione e lesione dell'intima venosa causandone l'obliterazione. Si ritira poi gradatamente e lentamente iniettando la schiuma. Infine si procede con la medicazione compressiva calza elastica e mobilizzazione del paziente che deve camminare per 20/30 minuti.
 

 
2) Sclerosi ecoguidata con mousse di liquido sclerosante iniettato direttamente in vena sotto controllo echo. Questa metodica viene praticata in ambulatorio e quindi eseguita una compressione mirata lungo il decorso della vena, di seguito il paziente indosserà una calza elastica lunga da mantenere giorno e notte per tre giorni e poi potrà ritornare alla sua attività immediatamente senza bisogno di convalescenza.
 

Immagini ecografiche della crosse.
 
«Se come abbiamo ribadito, la chirurgia tradizionale con lo stripping è considerata nella maggior parte dei casi obsoleta dai flebologi mondiali vediamo quali sono i vantaggi e svantaggi delle altre metodiche precedentemente elencate:
«La TERMO ABLAZIONE CON LASER permette un trattamento rapido ed efficace in mani esperte in anestesia locale con dimissione dopo poche ore, è mini invasiva, ma richiede una sala operatoria sterile, apparecchiatura e soprattutto cateteri non riutilizzabili a costi elevati. In molte strutture pubbliche la metodica viene impiegata in convenzione in quanto i costi del materiale pareggiano il costo della degenza che viene eliminata.
«Le stesse considerazioni possono essere fatte per la termo ablazione con radiofrequenza dove forse i costi sono più alti ma possono essere sopportati dalle strutture pubbliche eliminando la degenza e il pernottamento; in molti casi le case produttrici concedono l’apparecchiatura in comodato e vendono solo le sonde. Come detto precedentemente con queste metodiche intravasali le safene incanulate vengono obliterate con la sorgente termica, se sono presenti varici extrasafeniche sempre in anestesia locale possono essere eliminate con delle incisioni molto piccole ed esteticamente valide.
 

Preparazione della schiuma per sclerosi.
 
«La SCLEROSANTE ECOGUIDATA con mousse con catetere richiede ambiente sterile, costi di materiale irrisori e non necessità di degenza; mentre la sclerosi ecoguidata con mousse a puntura diretta della safena con ago e siringa può essere eseguita in qualsiasi ambulatorio con presenza di apparecchio echocolordoppler senza bisogno di assistenza, il costo del materiale è limitato e può essere ripetuto più volte ed il paziente viene dimesso dopo aver indossato una calza contenitiva con la possibilità di ritornare immediatamente alle proprie attività lavorative.
«I limiti del metodica sono la selezione dei casi trattabili, la possibilità di ricanalizzazione più alta rispetto alle altre tecniche ma nello stesso tempo è ripetibile nel tempo senza disagio per il paziente e a costi contenuti.»
 
Nella sua esperienza quali sono state le tecniche più efficaci? E quali quelle che consiglierebbe ai suoi pazienti?
«All’inizio del mio percorso specialistico ospedaliero ho eseguito centinaia di interventi chirurgici di safenectomia anteriore e posteriore per presenza di malattia varicosa con risultati buoni soprattutto perché negli anni '70-'80 era la metodica unica applicabile per scuola in Italia. In altri paesi Europei si adottava anche la scleroterapia (Svizzera, Francia, Germania), ma in Italia è sempre stata osteggiata e considerata una tecnica di serie B.
«Negli ultimi decenni con il progredire della scienza e tecnica sono nate le nuove tecniche Laser e Closure (radiofrequenza) che dati gli alti costi non hanno avuto una diffusione capillare a livello nazionale.
«Negli ultimi anni si è avuta una maggior diffusione anche nelle strutture pubbliche grazie al contenimento dei prezzi e l'effettiva utilità e vantaggi che queste tecniche offrono. Ciò ha permesso di confrontare dei risultati positivi pari o superiori alla chirurgia tradizionale con il vantaggio di eliminare la degenza.
«Dodici anni fa ho adottato come nuova tecnica alternativa all'intervento classico di safenectomia, la sclerosante ecoguidata con schiuma grazie alla messa a punto della metodica da parte di un gruppo italiano soprattutto del dott. Tessari che ha inventato un metodo efficacissimo per la preparazione della schiuma ed è famoso in tutto il mondo.
«Queste metodiche sono tutte consigliabili purché eseguite in centri di esperienza. Ogni specialista consiglia, in base al quadro clinico, un trattamento che in base alla sua esperienza ottenga i migliori risultati.
«Personalmente da molti anni eseguo pochi interventi chirurgici (casi in cui non possono essere applicate le altre metodiche) e moltissimi trattamenti sclerosanti ecoguidati con mousse ambulatoriale con buoni risultati. Consiglio in altri casi la termo ablazione Laser presso centri convenzionati devo vengono impiegate tecniche affidabili ed efficaci.»
 
In che modo è possibile limitare i danni delle vene varicose? E come prevenirle?
«Le varici sono dilatazioni patologiche delle vene degli arti inferiori che sono dovute ad una carenza genetica di fibre elastiche della parete venosa e all’ insufficienza delle valvole che sono presenti nel sistema venoso per permettere al sangue refluo di arrivare al cuore contro la forza di gravità ed interrompere così la colonna di sangue dal cuore al piede.
«Per prevenire lo sviluppo e l’aggravamento delle varici in un soggetto predisposto si consiglia di seguire delle norme igieniche fondamentali come evitare la prolungata stazione eretta fermi, l’esposizione alle sorgenti di calore (sole, sauna, bagni caldi e fanghi) l’uso di pantaloni troppo stretti, calzature senza tacco o con tacco molto alto, il sovrappeso, il bere alcolici e superalcolici, cibi molto ricchi di spezie o pepe, stipsi ostinata.
«Evitare i lunghi viaggi fermi seduti (se non evitabili indossare calze elastiche adeguate). E'consigliabile praticare tutti i giorni delle passeggiate e se possibile dello sport acquatico (nuoto, acquagym) sono invece sconsigliate le attività fisiche che comportino scatti come il tennis e lo step.»
 
Ci faccia un quadro del suo paziente tipo. Sono più colpite le donne o gli uomini?
«Paziente tipo che giunge alla nostra attenzione è una persona prevalentemente di sesso femminile (il doppio dei maschi) che sta molto in piedi per lavoro, ha un anamnesi positiva per familiarità varicosa, assume terapia ormonali (estrogeni), ha avuto una o più gravidanze ed è in sovrappeso. Sembra che gli estrogeni abbiano un ruolo nel rilassamento della muscolatura della parete venosa.
«A volte giungono alla mia attenzione pazienti donne soprattutto per problemi estetici (capillari e piccole varicosità) e raramente edemi se di giovane età, mentre dopo i 50 anni si tratta di pazienti in sovrappeso con una o più gravidanze che lamentano edemi serotini, crampi surali notturni, discromie cutanee e sensazione di pesantezza.
«Non mancano pazienti con presenza di ulcere, tromboflebiti e trombosi venose profonde per fortuna meno numerosi.»
 
Quanto influisce lo stile di vita? E quanto la predisposizione familiare?
«Come detto precedentemente la predisposizione familiare è fondamentale per il nascere e il progredire della malattia varicosa per carenza genetica di collagene e fibre elastiche nella parete venosa.
«Vi sono casi meno frequenti in cui il peso eccessivo, la stazione eretta prolungata (camerieri, baristi, negozianti), l’esposizione costante al caldo (fornai addetti agli altiforni etc.) l'età sopra i 50 anni nel sesso femminile e gravidanze con stipsi ostinata possono sviluppare la malattia varicosa.»
 
Quali sono i disturbi che comportano l’insufficienza venosa cronica?
«I sintomi dell’insufficienza venosa cronica si manifestano in modalità diversa a seconda dello stadio di sviluppo della malattia (CEAP):
•    c1 teleangectasie (capillari);
•    c2 presenza di varici
•    c3 presenza di edema
•    c4 eczema-pigmentazione cutanea –lipodermosclerosi atrofia bianca
•    c5 ulcera guarita
•    c6 ulcera attiva
 
«È cosi riassunto il quadro fondamentale della sintomatologia del paziente che lamenta prurito, edemi, pesantezza alle gambe, sensazione di calore, dolore alla palpazione delle varici, crampi notturni ai polpacci, e negli stadi più avanzati, può comparire dermatite eczematosa ulcera. Nei casi più gravi si possono manifestare infiammazioni con trombosi delle vene superficiali (tromboflebiti) o delle vene profonde cioè trombosi venose profonde.»
 
Si tratta di una malattia legata all’età o alla menopausa, oppure si manifesta anche in soggetti giovani?
«L’insufficienza venosa cronica è una malattia più frequente nella popolazione adulta (>50 anni) e colpisce maggiormente le donne. I fattori determinanti nel sesso femminile sono le gravidanze per la compressione meccanica del feto sulle vene iliache, il sovraccarico del sistema venoso pelvico che necessita di un aumento di flusso e di deflusso per la nutrizione della placenta, e in ultimo ma non per importanza, l'aumento della secrezione del progesterone che con gli estrogeni aumenta il rilassamento della muscolatura della parete venosa.
«Altra causa è l’aumento di peso della donna in menopausa e la sedentarietà. L'Insufficienza venosa è presente anche se in minor grado nei giovani che per abitudini lavorative stanno molte ore in piedi (chirurghi, panettieri, camerieri etc) o stazioni prolungate sedute (impiegati, studenti, etc) che eccedono nel peso lavorano in ambiente caldo e, cedono nel fumo o nell’alcool e quasi sempre con predisposizione familiare.»
 
Quali sono secondo lei gli sviluppi futuri per la cura delle malattie varicose? Ci sono delle tecniche sperimentali che stanno registrando dei successi?
«Le tecniche che ho descritto precedentemente sono tutte validamente sperimentate ed ottengono buoni risultati in mani esperte e permettono di curare la malattia varicosa in modo mini invasivo, confortevole per il paziente, e con una più rapida ripresa delle proprie attività lavorative.
«Ovviamente lo specialista che visita il paziente non ha possibilità di adottare tutte le metodiche precedentemente elencate per problemi sia economici che organizzativi (ho conosciuto un collega americano in un congresso che ha a disposizione almeno 5 6 laser differenti).
«L’importante che il paziente venga informato sulla possibilità di metodiche alternative all‘intervento chirurgico classico e che ogni specialista sia in grado di poterne applicare almeno una con capacità e professionalità.
«Attualmente sono allo studio delle nuove tecniche di trattamento delle varici con una super-colla di cyanoacrilato che incolla la parete della vena (almeida et all). La safena viene incanalata in anestesia locale con la solita tecnica endovasale e partendo dalla crosse il catetere viene ritirato gradualmente mentre viene iniettata la colla con un iniettore a pistola.
«Il paziente viene poi medicato, indossa la calza elastica e viene dimesso immediatamente. Infine un'altra tecnica mista di obliterazione della safena (chimica e meccanica) è la clarivein mediante la quale viene incanalata la safena con un catetere che permette la dismissione di soluzione sclerosante e contemporaneamente ha una punta rotante che provoca un danno endoteliale nella vena favorendo l’azione dello sclerosante.
«In futuro la medicina permetterà di adottare nuove tecniche e soluzioni sempre migliori grazie all'innovazione a all'integrazione di nuove apparecchiature medicali che permetteranno a noi specialisti di trovare nuove terapie per tutti i pazienti.»

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
 
Dott Camillo Ravelli - camilloravelli@hotmail.it

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