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Il labirinto dell’«itanglish» (e come uscirne) – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con il prof. Gabriele Valle, filosofo e traduttore italo-peruviano, docente presso l’Istituto Accademico per Interpreti e Traduttori di Trento

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Circolo Linguistico Fiorentino.

«La lingua italiana è il patrimonio spirituale più importante della nazione. È stata, storicamente, dai tempi dell’Unità, il supremo fattore portante d’identità tra i nostri connazionali, una volta sudditi, ora cittadini.
È ancora oggi, culturalmente, il nostro marchio identificativo e distintivo nel policromo mosaico delle civiltà del mondo.
Ciò nondimeno l’idioma d’Italia è diventato un derelitto, condannato dalla nostra negligenza a un destino ominoso.
Da qualche decennio ormai il lessico dell’italiano è sempre più interferito dall’afflusso massiccio e ininterrotto di espressioni di origine inglese. Si tratta di una invasione, dicono alcuni, ignorando che quella dell’invasione è un’allegoria fuorviante in quanto ne attribuisce la responsabilità a un presunto invasore venuto da lontano.
L’inglese, lingua nobile, è innocente. Gli unici responsabili della decadenza idiomatica siamo noi, lo Stato compreso. Stiamo usando l’inglese come strumento per rendere irriconoscibile l’italiano; stiamo tramutando il nostro retaggio in un dialetto angloitalico che intorbida la comprensione e si ribella alla disciplina della nostra ortografia...»
(continua)
 
Inizia così la lettera aperta che il professore Gabriele Valle ha inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni per proporre due cose: da una parte una politica linguistica che preveda, a scuola, un modulo sul rapporto storico tra l'italiano e le lingue che l'hanno alimentato e dall'altra un consultorio linguistico avallato dall'Accademia della Crusca che offra una traduzione a ogni anglicismo, cosicché lo studente ne avrebbe consapevolezza e alternativa.
Il tema, molto sentito dal Prof. Valle, è stato discusso anche presso il Circolo linguistico Fiorentino in occasione della presentazione del suo libro «Italiano Urgente: 500 anglicismi tradotti in italiano sul modello dello spagnolo» (Reverdito Editore) con prefazione di Tullio De Mauro e disponibile sul nostro giornale a questo link.
Noi, sollecitati dall'argomento ampiamente dibattuto in ambito accademico, siamo andati ad incontrare il professor Gabriele Valle, filosofo e traduttore italo-peruviano, docente presso l’Istituto Accademico per Interpreti e Traduttori di Trento.
Di seguito il dialogo intercorso sull’interferenza dell’inglese nell’italiano.
 
 
 
Professor Valle, Lei ritiene che la nostra lingua nazionale sia un bene da salvaguardare?
«La lingua è il patrimonio spirituale più importante di una nazione. L’italiano, in particolare, è il nostro marchio identificativo e distintivo nel mondo.
«Possiamo cambiare credo religioso o politico, ma la lingua di cui ci siamo nutriti nel latte materno non ci consentirà di essere molto diversi da ciò che eravamo.
«È grazie alla lingua che pensiamo, che amiamo e che contiamo nella cultura degli uomini.»
 
Pensa che gli anglicismi siano una minaccia per l’italiano?
«Rispondo domandando: ha un’idea di quanti ce ne siano? Perlomeno 3.500 stando al dizionario Devoto-Oli, edizione 2017. Secondo altri calcoli, la cifra arriva al doppio.
«Praticamente ogni giorno fa irruzione un nuovo anglicismo, di solito tramite i media. Comunque il numero degli anglicismi supera di gran lunga il numero delle voci patrimoniali di alta frequenza d’uso.
«Va sottolineato che l’anglicismo non è inglese; è piuttosto un inglese storpiato che non di rado cambia pronuncia e non di rado cambia significato rispetto alla matrice.»
 
Che fine farà la lingua italiana?
«Steven Fischer, un rinomato linguista statunitense, una volta predisse che, tra duecento anni, quando secondo lui ci sarà una colonia umana su Marte, la lingua che parleranno i nostri congeneri sarà l’inglese.
«L’inglese, con la sua immane forza prorompente, farà sparire molte lingue. Come? Penetrando in esse sino al punto di renderle irriconoscibili. Alcune lingue resisteranno, altre finiranno sommerse.
«Nella famiglia latina, l’italiano è il più esposto a tale pericolo, temo pertanto che ridiventi ciò che è stato per secoli: una lingua letteraria conosciuta solo dagli eruditi e tutti gli altri si capiranno in itanglish.»
 

 
Esiste una cura per questa penetrazione straniera nel nostro lessico?
«Può darsi che ce ne sia una. Se un domani lo Stato, nell’aula scolastica, nell’ora d’italiano, spiegherà allo studente come entrava il forestierismo nei secoli scorsi e come esso, prima di essere ammesso, veniva adattato o tradotto, allora il discente ne trarrà una conclusione.
«Se, nel contempo, un consultorio prestigioso e influente, come l’Accademia della Crusca, offrirà, aggiornandolo, un elenco ragionato di anglicismi affiancati dai loro equivalenti italiani, in modo che chiunque possa servirsene, allora il parlante coscienzioso potrà scegliere tra una voce straniera e il suo corrispettivo. Il buon uso si propone, non s’impone e la nostra generazione mi pare condannata.
«Lei conosce qualcuno che, al posto di computer, direbbe volentieri calcolatore o elaboratore? Per lui sarebbe ridicolo, come sarebbe ridicolo per i parlanti di altre lingue latine dire computer.
Infine, per salvare la lingua, la cura andrebbe rafforzata dai mezzi informativi.»
  
Perché, secondo lei, gli italiani sono affascinati dall’anglicismo?
«L’inglese è da noi percepito come un magico talismano che incanta ciò che tocca. Quando uno dice una cosa in inglese si sente spesso, metaforicamente parlando, più alto e più bello. Ma il fenomeno è complesso.
«La moltiplicazione dell’anglismo obbedisce a cause disparate: la pigrizia, la moda, lo spirito gregario, l’opportunismo commerciale, il bisogno di ostentazione e, come insinuavo, il complesso di inferiorità.
«I grandi responsabili di questo sfacelo sono quelli che, esprimendosi pubblicamente, esercitano sulla comunità dei parlanti una potente influenza.»
 
Come si atteggia lo spagnolo nei confronti dell’anglicismo?
«L’anglismo non ha una distribuzione omogenea nel mondo ispanico, che comprende ventidue nazioni. Un pugno di voci inglesi fanno parte del patrimonio comune. Le altre sono di uso geografico ristretto. Solo gli ispanici degli Stati Uniti, per esempio, dicono killer o babysitter.
«Lo spagnolo, ovunque, tende ad adattare la parola forestiera o a tradurla. Alla naturale tendenza della lingua si somma il consultorio accademico, che guida i parlanti. Computer, in Spagna, è ordenador; in America, computadora. Se ne potrebbero fare centinaia di esempi.»

 PER FRENARE L'ANGLOMANIA 
Tra le iniziative private che sono state avanzate per contrastare l’abuso dell’anglicismo si contano alcuni siti, come quello del forum «Cruscate» o quello di «Diciamolo in italiano» (ideato da Antonio Zoppetti).
Nel novero delle iniziative rientrano anche una petizione, rivolta alla Crusca, promossa dall’avvocato Maurizio Villani, che ha lanciato l’allarme sulla mole di anglicismi insinuatisi nel lessico giuridico, nonché la lettera aperta citata in apertura di questa intervista e indirizzata al Primo Ministro in cui vengono proposti una politica linguistica e un programma di ingegneria linguistica.
Ai link seguenti il testo della lettera, un quaderno di commenti sull'itanglish, e due video sulla ricezione del lavoro di Valle:
https://www.youtube.com/watch?v=qWRQbDNQKnw&t=35s
https://www.facebook.com/ItalianoUrgente
https://www.youtube.com/watch?v=nXuta5GlKSA
https://www.youtube.com/watch?v=TFViAoRul4U

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
 
Gabriele Valle - valle.fabrizio@gmail.com

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