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Carenza medici, è allarme – Di Nadia Clementi

Ne parliamo col dottor Marco Ioppi, presidente dell’ordine dei medici del Trentino Alto-Adige

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È uno scenario allarmante quello che si prospetta da qui ai prossimi 5 anni per gli italiani e la loro salute. Per effetto dei pensionamenti, infatti, cesseranno di lavorare ben 45mila medici, di cui 30mila ospedalieri e 14.908 medici di famiglia.
Una emorragia che, in dieci anni, coinvolgerà 80.676 camici bianchi. Con un primo grave effetto: in 5 anni 14 milioni di italiani rimarranno senza medico di base.
 
A lanciare l’allarme sono la Federazione medici di medicina generale (Fimmg) ed il sindacato dei medici dirigenti Anaao.
L'anno «nero», che registrerà il picco delle uscite, sarà per i medici di famiglia proprio il 2022: solo in quell'anno ne andranno in pensione 3.902.
Sicilia, Lombardia, Campania e Lazio saranno le regioni che registreranno, sia nel breve sia nel lungo periodo, le maggiori sofferenze.
Quanto ai medici del Servizio sanitario nazionale, la situazione non si prospetta migliore: nei prossimi 10 anni ne verranno a mancare per pensionamento 47.284.
Per la nostra regione le prospettive non sono rosee: nel giro di 3 anni andranno in pensione 193 medici mentre tra dieci anni avremo più di 1.000 medici in meno.
 
La situazione è ancora più grave se pensiamo che, come evidenzia il vice segretario Anaao Carlo Palermo, l'attuale sistema delle scuole di specializzazione in medicina non garantirà un numero sufficiente di specialisti per il prossimo futuro: oggi, infatti, i posti disponibili per le scuole di specializzazione sono complessivamente circa 6.500 l'anno, ma secondo le stime del sindacato dei medici ne sarebbero necessari almeno 8.500.
A mancare nelle corsie saranno alcune categorie di medici, a ben vedere quelle che riguardano i pazienti più fragili purtroppo, mancheranno all’appello soprattutto pediatri, chirurghi, ginecologi e cardiologi.
Il problema maggiore dunque è che alle uscite non corrisponderanno altrettante entrate: una situazione che in Italia si è vista più volte, l’esempio più lampante è quello della scuola dove i professori invecchiano sempre di più mentre i giovani faticano ad andare oltre i contratti precari.
 
Fare quindi un calcolo di quanti potranno essere i nuovi medici assunti a fronte delle uscite è molto difficile: da un lato infatti c’è l’annosa questione dei bandi pubblici, che non si sa quando e come verranno aperti, senza dimenticare che in varie regioni è ancora in atto il blocco del turn-over parziale o totale.
Ed il prezzo di tale situazione lo pagheranno innanzitutto i cittadini: nei prossimi 5-8 anni, i pensionamenti priveranno 14 milioni di italiani della figura del medico di famiglia.
Insomma, un Paese che invecchia sempre di più e che quindi ha sempre maggiore bisogno di cure si appresta a diventare un Paese senza medici.
In tempo di elezioni c’è da chiedersi come mai nessuna forza politica che aspira a governare si impegni sul tema dell'assistenza medica locale.
La carenza di medici interessa infatti tutte le Regioni, con il paradosso che se, e quando, riapriranno i concorsi, mancheranno i medici da assumere perché i giovani laureati saranno scappati all'estero.
 
Per parlare di questa situazione, che appare allarmante ma della quale nessuno sembra occuparsi, abbiamo intervistato il dottor Marco Ioppi, presidente dell’ordine dei medici del Trentino Alto-Adige e tra i primi, insieme al dottor La Torre del sindacato ANAAO del Trentino, a lanciare l’allarme.
 
 
 
Dottor Ioppi, i numeri che prospettano i sindacati di categoria non sono rassicuranti, come si è arrivati a questa situazione?
«Sicuramente è uno scenario inquietante, la situazione si è determinata da una mancata programmazione delle esigenze della medicina territoriale e di quella ospedaliera. Oggi per poter esercitare come medici di medicina territoriale, di continuità assistenziale e di emergenza sanitaria territoriale bisogna che il medico superi un corso triennale di formazione specifica in Medicina Generale tenuto dalle Regioni e Province Autonome.
«Analogamente i medici per essere assunti nelle strutture pubbliche ospedaliere devono aver conseguito un corso universitario di specializzazione della durata di 3 – 5 anni.
«Già nel febbraio scorso, subito dopo la sua elezione, il presidente nazionale Filippo Anelli sollevò il problema ed ebbe ad affermare che Oggi vengono programmate 1.000 borse all’anno per la formazione specifica in Medicina Generale che significa che nei prossimi 10 anni si formeranno circa 10.000 medici di medicina generale, a fronte dei 33.000 che andranno in pensione. Lo stesso vale per i medici specialisti ospedalieri dove è previsto un pensionamento per 45-47.000 unità a fronte, ad oggi, di una età media che sfiora i 55 anni
 
Anche il Trentino Alto Adige è a rischio di rimanere senza medici?
«Il Trentino Alto Adige è più a rischio rispetto alle altre Regioni perché oltre al ricambio generazionale ha una sanità che, per la sua posizione periferica, gode di poca attrazione.
«I giovani preferiscono i centri di ricerca e di formazione dove poi trovano anche condizioni professionali di lavoro più ambite o vanno a prestare la loro opera nel privato.
«Oltre 1.000 sono costretti, ogni anno, a emigrare all’estero, scelta che spesso diventa definitiva.»
 
Ci dà un’idea della portata del fenomeno? Quante persone saranno toccate da questa mancanza di medici?
«Nei prossimi 5-8 anni un cittadino su tre potrebbe restare senza il proprio medico di famiglia e la situazione non si prospetta migliore per il Servizio sanitario nazionale. Gli ospedali dovranno chiudere servizi se non interi reparti per carenza di medici specialisti.
«Da noi, specialmente in periferia, questo timore è già realtà considerata la difficoltà, ben nota a tutti, a mantenere aperti taluni servizi specialistici territoriali e ospedalieri.»
 
Chi saranno i pazienti più colpiti, gli anziani e i bambini?
«Ovviamente le persone più colpite saranno quelle più fragili e quelle meno abbienti. Una cosa è certa: nei prossimi anni loro saranno le persone che pagheranno il prezzo più alto di tale situazione.
«È grave e sconsolante che le forze politiche si siano presentati alle recenti consultazioni senza menzionare nel loro programma elettorale questo problema dimenticando che la sanità è il vero e ultimo collante sociale.»
 
Possibile che i giovani non riescano a trovare spazio in questa professione?
«Il problema maggiore è che alle uscite non corrispondono altrettante, o quanto meno adeguate, entrate perché ai giovani medici neolaureati nonostante facciano domanda non hanno la possibilità, per via del numero chiuso, di iscriversi e frequentare le scuole di formazione specifica in Medicina Generale e quelle universitarie di specializzazione.
«Il numero chiuso di accesso alle scuole di specializzazione post laurea impedisce di sostenere il ricambio generazionale e crea, come già detto, delusione e sconforto in chi si laurea con tanti sacrifici e si vede tolta la possibilità di proseguire l’iter formativo necessario per lavorare nel servizio sanitario pubblico.»
 

 
C’è anche un problema di tipo economico?
«Non solo, temo sia in atto un tentativo di banalizzazione della professione da parte di chi oggi pensa che il medico sia un costo, un rischio per la tenuta dei bilanci e non un investimento per la salute dei cittadini, benessere e ricchezza per ognuno di noi e per la società.
«Temo che chi amministra la sanità pubblica, oggi, sia portato a vedere con sospetto l’autonomia intellettuale della professione e pensa a un medico burocrate obbligato ad agire in modo conforme alle procedure, costretto ad adattarsi alle sempre più limitate risorse disponibili, al quale sia possibile togliere, con tutta naturalezza, competenze semplificate per l’adeguarsi alle linee guida e trasferirle ad altre figure professionali meno onerose.»
 
È vero che nel 2028, quando saranno «spariti» così tanti professionisti, non ci saranno nemmeno più i giovani perché partiti per l’estero?
«Esatto. E avremo perso il patrimonio della sanità pubblica che oggi abbiamo, che dà a tutti quello che ognuno di noi ha bisogno di avere per stare bene e ritornare in salute se questa è persa.
«Corriamo il rischio di perdere questo patrimonio inestimabile per una sanità che nel futuro rischia di dare solo a chi possiede e può.»
 
Qual è la soluzione che proponete come ordine dei medici?
«La professione del medico è un investimento e non una perdita. Bisogna investire sul medico, come su ogni operatore sanitario, perché senza il loro coinvolgimento nel governo clinico non si può fare nessuna buona sanità.
«Aumentare il numero delle borse per la Formazione in Medicina Generale e per le Scuole di Specializzazione ed eliminare il cosiddetto imbuto formativo.
«Ogni anno si laureano 9.000 medici e solo 7.000 sono i posti disponibili per il diploma di Formazione Specifica in Medicina Generale e per le scuole di Specializzazione.
«Ogni anno 2mila medici giovani neolaureati si vedono negare, dopo anni di studio oneroso per se stessi e la società, l’accesso a quel diploma senza il quale non si può esercitare la professione nel SSN.
«È incredibile e assurdo: un cittadino su tre resterà senza medico di medicina generale e tanti servizi ospedalieri dovranno chiudere per mancanza di specialisti e noi ogni anno costringiamo 2.000 medici ad emigrare all’estero o a scegliere la medicina privata.
«Devo dare atto che l’Assessorato alla Sanità della Provincia di Trento si è dimostrato sensibile e attento al tema tanto che già dal prossimo autunno ha deciso di aumentare il numero degli iscritti alla scuola di Formazione specifica in Medicina Generale del 20 % e studia modalità per incentivare la fidelizzazione dei medici che si diplomano nella nostra scuola alla sanità provinciale.»
 
Quale consiglio si sente di dare ad un giovane che vuole iniziare la professione?
«La tendenza alla burocratizzazione della professione è purtroppo una costante di una società che è portata a standardizzare più che a valorizzare la natura intellettuale di ogni professione, ma ciò non deve far desistere i giovani dal scegliere la professione di medico che pur impegnativa, totalizzante, di grande responsabilità e di sacrifico, resta, senza nulla togliere alle altre, la professione più bella che un giovane possa abbracciare.»
 
Nadia Clementi - m.clementi@ladigetto.it
Marco Ioppi - Marcoioppi14@gmail.com

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