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«Peperoncino Trentino» – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con Maurizio Zanghielli, l’uomo del piccante e del «proibito»

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Le foto sono di Marco Simonini.
 
Nell’articolo di oggi parleremo di piccante e proibito. Ma non si pensi male, anzi: parleremo di biologico, di coltivazioni dimenticate, di proibizionismo e di nuove opportunità di business per gli agricoltori trentini.
Sembra impossibile ma di tutto questo si parla quando si affronta il tema della canapa.
Per poter inquadrare meglio questo argomento bisogna chiarire cosa si intende quando si parla di canapa. Si tratta di una pianta molto resistente, dall’alto fusto e caratterizzata dalle tipiche foglie allungate e infiorescenze resinose.
La coltivazione della canapa proviene tradizionalmente dall’Oriente, laddove ancora molti secoli fa se ne utilizzavano le foglie e le fibre soprattutto per la produzione di carta e tessuti.
Le prime importazioni in Europa risalgono al XIII secolo e la diffusione di questa pianta fu subito molto ampia per via delle sue tante proprietà: in particolare l’Italia fu grande coltivatrice di canapa che veniva utilizzata prevalentemente per la produzione di corde marinare e tessuti.
La sua facilità di coltivazione (è molto resistente e necessita davvero di poche cure) insieme al suo basso valore economico ne fecero la fortuna anche tra le popolazioni meno agiate: dalle fibre di questa pianta infatti si ricavava un tessuto leggero ma resistente che veniva infatti chiamato «il lino dei poveri» e ancora oggi, magari qualche nonna, ha ancora nel cassetto asciugamani e lenzuola tessuti con questa antica pianta.
 
Impossibile poco realistico sarebbe parlare di canapa senza citare il suo lato più oscuro, quello legato al suo principio attivo psicotropo che ne ha fatto la fortuna anche tra hippie e amanti dello sballo in tutto il mondo: il THC, questo il nome della molecola, è infatti presente in diverse percentuali, a seconda della qualità, nelle infiorescenze femmine della pianta.
Anche questa sua caratteristica è conosciuta da secoli, in particolare dalle popolazioni dell’India e del Nepal che ne hanno sempre fatto un uso sia terapeutico che religioso.
Ad oggi rappresenta una delle droghe più diffuse al mondo e una ricerca recente ha stimato che nel 2016 sia stata consumata da 24 milioni di persone con età compresa tra i 15 e i 64 anni, di cui 17,2 milioni con età compresa tra i 15 e i 34 anni.
Quasi 88 milioni di cittadini europei hanno fatto uso di questa sostanza almeno una volta nella vita: più di un quinto dell’intera popolazione dell’UE. L’Italia è il terzo paese dove si consuma di più. Il fatto di essere «una droga», e sorvoleremo il dibattito sulla definizione di leggera, ha rappresentato motivo di allarme e proibizionismo per lungo tempo, eliminando di fatto la possibilità di coltivare la pianta anche per i suoi scopi positivi.
 

 
Di recente la presa si è allentata e anche lo Stato Italiano ha ricominciato a coltivarla per uso terapeutico. Già, perché la canapa è una pianta (che ha questo punto, viste le sue tante caratteristiche, potremmo definire miracolosa) che presenta notevoli proprietà anche in campo medico, con risultati straordinari nell’alleviare sintomi molto gravi dell’Alzahimer, della SLA e di altre malattie neurodegenerative.
 
Insomma l’argomento è scottante, anzi noi diremmo piccante. Sì perché questo gioco di parole ci fa comodo per introdurre il protagonista della nostra intervista: si tratta di Maurizio Zanghielli, 65 anni, che dal 2014 coltiva peperoncino in Vallagarina, precisamente nella zona di Isera.
Zanghielli, insieme al figlio Lorenzo e alla moglie Elisabetta, coltiva circa 6.000 metri quadrati di terra. Che però non è sua: è tutto in comodato d'uso gratuito di terreni concessi perché incolti.
Nasce così il «Peperoncino Trentino», un marchio che vende prodotti a base di questo frutto bruciante e che rifornisce consorzi, ristoranti e altri produttori gastronomici.
 
Ma cosa centra tutto questo con la canapa? La risposta è presto detta: da qualche tempo Zanghielli coltiva l’antica pianta per vari scopi, officinali, gastronomici e tessili. Un modo per implementare il fatturato dunque, ma il coltivatore di Mori non è il primo: in Trentino infatti sono presenti circa 25 aziende agricole che coltivano la Canapa per uso alimentare e cosmetico
Al loro fianco c’è la preziosa consulenza di Flavio Kaisermann della Fondazione Mach, che da tempo sta effettuando degli studi sulle preziose proprietà di questa pianta.
Le varietà fino ad ora coltivate in Trentino si chiamano Finola e Uso 31 e a garantirne l’assoluta legalità è proprio l’esperto della Fondazione Mach poiché, dagli esami sui semi, viene garantito che il contenuto del canabinolo non supera lo 0,2 %: lo sballo, quindi, non è possibile.
 
Per approfondire questo tema controverso ma affascinante abbiamo fatto alcune domande a Maurizio Zanghielli.
 

 
Partiamo dalla sua attuale attività: come funziona la coltivazione di peperoncino nella sua azienda?
«Ho iniziato questa mia attività, coltivando circa 50 varietà di peperoncino sul terrazzo di casa. Ma poi, vista la grande passione verso questo ortaggio, ho pensato di coltivarlo anche in terra piena, bonificando dei terreni incolti circostanti la mia abitazione.
«Ed ora eccomi qui con 6.000 mq. coltivati col metodo biologico alternando le culture di peperoncino, canapa e girasoli.
«Ad oggi sono ben 26 le varietà di peperoncini che crescono nei miei campi e che poi vengono trasformati in linee di vendita, come ad esempio le seguenti:
•  la linea ti faccio secco composta di peperoncini essiccati a 34° C , temperatura che permette di mantenere intatti gli aromi e le proprietà nutrienti;
•  linea oro de Folas caratterizzata da sentori di agrumi;
•  linea 7 re d'Isera un mix di profumi complessi, il fieno stagionato, il cioccolato e i latticini;
•  linea piccante denominata salse in zucca e mostarda bastarda;
•  la composta di mele cotogne;
•  la bestiale, salsa all’americana con aceto di mele e zucchero di canna;
•  la che delizia, composta da 13 varietà di peperoncino con il miele;
•  la dandy un’esplosione di sapori per la presenza di zenzero e aglio rosso di Nubia;
•  la inferno spalmato una salsa base caratterizzata da un buon profumo di peperone.
 
«Inoltre abbiamo raggiunto dei buoni accordi con clienti come l'Agraria di Riva dove si produce il Peperò, olio ottenuto dalla frangitura di olive e peperoncino nella stessa lavorazione o con i caseifici di Sabbionara e Cavalese, ristoranti ed enoteche. L'ultima nata è la diaolina l'enduja Trentina proposta dall'Antica Osteria Morelli , si tratta di uno squisito impasto di carne macinata e peperoncino fresco.
«L’Azienda è in continua espansione anche grazie alla recente collaborazione con il Muse con il quale abbiamo allestito una mostra di ben 450 varietà di peperoncini visitabili presso i nostri orti sino alla fine di ottobre.»
 

 
Come e quando ha deciso di affiancare la produzione di peperoncino a quella della canapa? Come funzionerà nella pratica?
«L'idea è nata dalla collaborazione con Lorenzo Zoanetti, Presidente dell'Associazione Canapicoltori Trentini. Cercavo una coltura che non mi impegnasse come quella del peperoncino e parlandone mi ha convinto a seminarla nei campi a rotazione. Da questa posso ottenere infiorescenze per le tisane, olio e farina.»
 
Chi sono gli acquirenti del prodotto grezzo? Lei si occuperà anche di trasformare il prodotto?
«Da due anni la cooperativa sociale Gruppo 78 di Volano si è dotata nei suoi laboratori di tutto il macchinario per arrivare al prodotto finito; si tratta di un essiccatore, un pulitore, un estrattore d'olio a freddo e di un mulino per la macinatura. Il produttore porta il grezzo e se ne va con le sue bottiglie di olio e i suoi sacchetti di farina che poi venderà nei mercati o nei negozi specializzati.»
 
Quali sono i prodotti che si possono ricavare dalla Canapa?
«Per la varietà Finola che usiamo noi si possono ottenere olio e paglie di canapa per l'edilizia.
Tutto comunque dipende dalla vicinanza alle attrezzature di trasformazione.»
 

 
Il Trentino, come gran parte d’Italia, ha avuto una lunga tradizione di coltivazione di questa pianta. Il tutto è sparito con la modernità; quali i benefici di questo ritorno al passato?
«Per molti anni la canapa è stata la pianta più coltivata nei nostri paesi per l'impiego della fibra dalla cui corteccia si ricavano i cordami, filati e tessuti di insuperabile resistenza. La parte legnosa del canapulo veniva impiegata come combustibile per avviare il fuoco nei focolai dei forni e in casa.
«Sino a metà del secolo scorso si confezionavano cordami e spaghi, attacchi di carrozza, carri, teli; nei settori idraulici, elettrici, meccanici etc. e i più grandi fruitori di canapa furono gli eserciti: dalla marina per le vele, le gomene, il sartiame e gli attrezzi; mentre gli eserciti di terra la usavano per le tende da campo, le brandine, l'abbigliamento (cinture, berretti, biancheria, tute etc.).
«Invece l'olio di semi di canapa fu usato come impregnante per le imbarcazioni in legno, come carburante per l'illuminazione pubblica, in inchiostri, detersivi.
«Il declino iniziò con l'avvento del petrolio e in particolar modo con l'immissione sul mercato di filati sintetici di nylon e poliestere provenienti da questa materia prima. Poi, sotto la spinta dell'esigenza di ridurre l'impatto ambientale, per un discorso di salute e di biodiversità causati dall'agricoltura intensiva si è pensato di reintrodurre questi materiali virtuosi in sostituzione dei materiali di origina fossile inquinanti.
«Tra le colture interessanti si pone la canapa per la sua interazione col terreno diversa da quella delle altre colture industriali per la sua notevole resa in biomassa e per le particolari caratteristiche di composizione chimica.
«Il motivo per cui la coltivazione della canapa non si è diffusa rapidamente è dovuta alla mancanza di chiarezza nel quadro normativo e dei rischi collegati a tale lacuna. I 60 anni di interruzione hanno causato anche un gap tecnologico per quanto riguarda l'aspetto agronomico (varietà idonee, rese etc.) sia per quanto riguarda i macchinari e i processi delle lavorazioni successive.»
 

 
Qualcuno ritiene che le straordinarie proprietà delle Canapa, che vanno da quelle cosmetiche a quelle tessili passando per quelle di combustibile naturale, ne hanno determinato il proibizionismo, lei è di questo avviso?
«Non si può parlare di canapa senza parlare delle sue proprietà ricreative e di quanto queste abbiano influito sulla sua coltivazione e nella sua fama.
«Ma il futuro della canapa non posso vederlo che verde, florido. Le attuali aperture della nuova normativa sulla canapa industriale fanno intravedere che c’è sempre più una considerazione normale della pianta, comparata almeno per le varietà di canapa con THC inferiore allo 0,2% alle altre colture.
«Preciso che le proprietà che può dare la canapa sativa, quella autorizzata, sono quelle di una normale tisana rilassante.»
 
Ritiene che questa apertura da parte dello Stato e dei privati possa essere un beneficio?
«Sì, in primis per l'ambiente, in quanto non hanno bisogno di diserbo, si fabbricano pannelli fonoassorbenti e cappotti isolanti e poi per una ripresa di attività agricole in zone marginali e quindi di reddito. Dai semi si ottiene l'olio e la farina, dalla fibra usi tessili tradizionali.»
 
Dal 2006 in Italia la canapa può essere usata in modo legale a fini terapeutici, vuole spiegarci quali sono le proprietà di questa pianta? Nella Sua azienda è prevista una coltivazione anche con questo fine? Se si potranno rivolgersi da voi anche i privati?
«Cannabis terapeutica e spinello non sono la stessa cosa. Mi raccomando! Ecco perché parlare di legalizzazione tout court della marijuana non ha senso da un punto di vista medico.
«Anche se gli studi a riguardo sono ancora pochi ad oggi sul mercato sono presenti 5 farmaci a base di cannabis - ognuno contenente una percentuale differente delle diverse molecole attive - utilizzati principalmente per il controllo di nausea, vomito, appetito nei pazienti sottoposti a chemioterapia.
«Accanto a questo utilizzo, ben documentato dalla letteratura scientifica, si affiancano alcuni studi sui vantaggi dell’utilizzo della cannabis nel controllo del dolore cronico.
«A queste indicazioni si aggiunge - tramite l’utilizzo del farmaco Sativex a base di cannabis - il controllo degli spasmi muscolari nelle persone affette da sclerosi multipla. Al di là di queste evidenze nel nostro Paese la diffidenza verso queste molecole - probabilmente per una non conoscenza adeguata degli effetti terapeutici - è ancora molto diffusa.
«La coltivazione è controllata dalle forze dell’ordine e noi possiamo solo coltivare la canapa per ottenere olio e farina.»
 

 
Come funziona da un punto di vista legale? é possibile coltivare qualsiasi pianta in qualsiasi quantità si desideri?
«Le condizioni per la coltivazione della canapa sono tre:
1.  seminare una varietà di canapa iscritta nel catalogo europeo delle sementi con un contenuto di THC inferiore o pari allo 0,2%;
2.  avere una fattura di acquisto del seme (che indica varietà e lotto) e il cartellino che attesta che si tratta di una varietà certificata;
3.  all'emergenza delle piantine darne comunicazione alle forze dell'ordine più vicine;
4.  non sono più prescritti quantitativi minimi di seme da impiegare né rese minime di steli da ottenere.
 
«Oggi, per i campi coltivati a canapa, non è obbligatorio stipulare un contratto con un primo trasformatore autorizzato, non è più necessaria la recinzione, né l’illuminazione né altre misure di sicurezza.»
 
Quando partirà la sua nuova avventura?
«É già partita nel 2017 con 1.000 mq e siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti, ma la strada è lunga e in salita.»
 
Quando e dove potremo acquistare i frutti della sua produzione di canapa?
«Presso il Mas del Gnac (Isera) a partire dal prossimo mese di ottobre.
«Per ulteriori informazioni e-mail maurizio.zanghielli@peperoncinotrentino.it.»
 
Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it

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