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«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

Il dottor Giorgio Martini nella conferenza online del 17 novembre parlerà della dieta del soldato italiano e di quello austro-ungarico nel secolo scorso – L’intervista

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Giorgio Martini.
 
Il ciclo di incontri «Torniamo a tavola!» a cura dell’Associazione Castelli del Trentino di Mezzolombardo, in collaborazione con l’Associazione Rosmini di Trento, prosegue tutti i mercoledì dalle 17 alle 18.30 in modalità webinar fino al 24 novembre 2021.
Il dottor Giorgio Martini, storico dell’alimentazione e biologo nutrizionista, mercoledì 17 novembre 2021 sarà protagonista della conferenza online dal titolo «La dieta del soldato italiano e di quello austro-ungarico nel secolo scorso».
Segnaliamo il link per accedere alla stanza virtuale: https://us02web.zoom.us/j/86939877870.
È accessibile anche attraverso il sito www.associazionecastellideltrentino.com.
 
Da oltre trent’anni l’associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
A riprova della stima di cui è circondata, le iniziative godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
 
Alcune note biografiche prima di passare all’intervista.
Giorgio Martini conta al suo attivo ben sette lauree: è dottore in Farmacia, Biologia della Nutrizione, Scienze e Tecnologie del Fitness e Prodotti della Salute, Scienza della Nutrizione, Scienze Motorie Preventive e Adattate, Scienze e Tecniche dello Sport, Psicologia Clinica e della Riabilitazione.
È inoltre Capitano di Fregata della Marina Militare Italiana e Segretario dell’Associazione Italia-Austria di Trento e Rovereto.
 
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 

 
Su quali aspetti verrà maggiormente focalizzata l’attenzione durante l’incontro online di mercoledì 17 novembre?
«Durante l’incontro verrà focalizzata l’attenzione sul problema della scarsità degli alimenti in tempo di guerra, parlerò della difficoltà degli approvvigionamenti delle derrate, dell’alimentazione dei soldati in caserma e al fronte, delle loro abitudini alimentari e del problema di una fame diffusa a livello europeo.»
 
Per quanto riguarda il problema dell’approvvigionamento alimentare della popolazione e delle truppe al fronte, qual era la situazione europea nel periodo preso in esame?
«Dal punto di vista logistico non era stata pensata un’organizzazione tecnica che prevedesse un approvvigionamento continuo. La scarsità delle materie prime e il blocco navale furono causa, ad un certo punto, di una situazione deprecabile.
«Spiegherò le peculiarità, posso già anticipare che a livello europeo la situazione era veramente drammatica per una scarsità effettiva di materia prima, dovuta in gran parte a una serie di scelte sbagliate a livello di colture agricole, rivelatesi poi non sufficienti per riuscire ad approvvigionare in maniera adeguata la popolazione.»
 
In generale, quali erano le abitudini alimentari quotidiane della popolazione italiana?
«C’era una differenza sostanziale fra il Nord e il Sud del Paese. Mentre al Nord l’alimentazione era prevalentemente a base di polenta di mais, riso, latte e burro, al Sud si consumava pasta, pomodoro e olio di oliva.»
 
In cosa differiva, a grandi linee, la dieta del soldato italiano rispetto a quella del soldato austro-ungarico?
«Non c’erano grandissime differenze in termini di valori nutrizionali. Nel periodo bellico, in trincea era previsto per il soldato italiano una razione quotidiana che comprendeva una quantità notevole di riso, una scelta meno gradita ai soldati meridionali, abituati a un altro tipo di alimentazione.
«Il soldato austriaco aveva abitudini alimentari più simili, sebbene consumasse pane nero anziché pane bianco. Vi era anche una sostanziale presenza di legumi nella zuppa, i piselli erano particolarmente freddi e duri, tanto che quella con piselli in gergo veniva chiamata Shrapnelsuppe, richiamando l’immagine della granata. Venivano preparate grandi brodaglie, zuppe per lo più a base di rape e di patate.»
 

Soldati tedeschi al rancio.
 
A suo avviso era migliore la dieta del soldato italiano o quella del soldato austro-ungarico?
«Un conto era ciò che era previsto, un conto era ciò che veniva effettivamente portato al fronte. Dal punto di vista del valore nutrizionale degli alimenti scelti, le diete erano ben studiate in entrambi i casi. Purtroppo la difficoltà di approvvigionamento degli alimenti ha causato molti problemi, soprattutto ai soldati austro-ungarici.»
 
In cosa consisteva la razione giornaliera dei soldati italiani in caserma e al fronte?
«Durante la conferenza fornirò dei dati precisi per quanto riguarda le razioni alimentari dei soldati durante il conflitto. Cito alcuni dati relativi alle quantità, a titolo esemplificativo: all’inizio della guerra erano previsti 750 grammi di pane e 375 grammi di carne di bue fresca, poi ridotti, alla fine del 1916, rispettivamente a 600 grammi di pane e a 250 grammi di carne, somministrata soltanto due volte a settimana.»
 
E per quanto riguarda i soldati austro-ungarici?
«Essendo stati impegnati già dal 1914 nel conflitto, un anno prima dell’esercito italiano, chiaramente ne hanno risentito maggiormente.
«Avendo combattuto, già nella fase iniziale della guerra, nelle zone dove si coltivavano le granaglie, la Galizia era una fonte di approvvigionamento primario, il problema della scarsità delle derrate è diventato enorme, come spiegherò durante l’incontro.»
 
In merito ai cibi cucinati, può farci degli esempi?
«Venivano cucinate zuppe, in realtà delle brodaglie, l’unico alimento caldo disponibile, con cavoli, verze, legumi. Era utilizzato molto il fagiolo, considerato carne dei poveri
 
L’esercito italiano come riusciva a sopperire alla carenza di carne in trincea?
«Faceva un grande uso di carne in scatola.»
 

Scatolette per l’alimentazione dei soldati italiani.
 
Come veniva conservato il cibo?
«Per quanto riguarda la conservazione del cibo, in particolare della carne, come ho anticipato nella precedente risposta veniva utilizzata principalmente carne bovina in scatola, di provenienza italiana.
«Diverse erano le tipologie di prodotto, dal punto di vista del confezionamento lo scopo era anche quello di mantenere alto il morale dei soldati, alcune etichette richiamavano, infatti, l’idea di una possibile vittoria dell’Italia.
«I legumi erano secchi, la comodità era quella di poterli reidratare in fase di bollitura. Si doveva, inoltre, cercare di proteggere i cibi dall’aggressione dei ratti, evitando il più possibile l’insorgere delle muffe, scegliendo gli alimenti più adatti allo scopo.
«Patate e legumi, contenuti in sacchi, si prestavano alla conservazione più di altri alimenti contenenti una maggior quantità di acqua e quindi facilmente deperibili.
«Nella conferenza avrò modo di spiegare anche quali erano le malattie epidemiche che colpivano i soldati, parlerò in maniera dettagliata del problema della dissenteria, del tifo e del colera, dei pidocchi e delle pulci.»
 
Un’ultima domanda: la fame del mondo da una parte e lo spreco alimentare dall’altra, due aspetti che mettono in luce il rapporto paradossale dell’uomo contemporaneo con il cibo. Vuole condividere una riflessione a tale riguardo?
«Nella nostra società c’è chi spreca il cibo, scartandolo e gettandolo via, e chi fa fatica a procurarselo giornalmente. Un’amara riflessione che solleva un problema molto contemporaneo che riguarda anche il territorio nazionale.
«Per esempio, spesso nella grande distribuzione avvengono sprechi di cibo enormi; è davvero assurdo buttare degli alimenti in scadenza, ma ancora buoni, che potrebbero essere consumati dalle persone meno abbienti.»
 
Anche in Italia stanno aumentando i casi di obesità infantile. Da biologo nutrizionista cosa ne pensa?
«Occorre anzitutto partire da un’educazione alimentare nelle scuole; sostengo da sempre che sia importantissima l’attività motoria.
«I bambini e i ragazzi devono fare sport, devono potersi muovere e praticare attività fisica, abbracciando uno stile di vita sano.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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