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Alberto Pattini, ultimo libro – Di Daniela Larentis

«Suoni vaganti in transumanza» è dedicato a un'usanza d’allevamento antichissima, presentato a Trento lo scorso 9 dicembre a Palazzo Geremia – L’intervista

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Belvedere del Pordoi in Val di Fassa. Gregge di Martino, Francesco e Silvano Fedele ©.

«Suoni vaganti in transumanza» è l’ultimo libro scritto da Alberto Pattini, dedicato a un'usanza d’allevamento antichissima, ricca di fascino e di tradizione.
Presentato giovedì 9 dicembre 2021 a Trento, nella suggestiva ambientazione di Palazzo Geremia, gode del patrocinio del Club per l'UNESCO di Trento ed è impreziosito dai saggi dell’antropologa alpina Marta Villa e di Virginia Zucal, giovane studentessa universitaria di Tesero con una grande passione per la montagna e per il gregge.
 
Tra gli ospiti, l’allevatrice Angela Laner e la giovane Fiammetta, una ragazzina trentina di dieci anni diventata famosa per aver seguito, durante il lockdown, le lezioni in didattica a distanza, stando nel suo banco all’aperto, in mezzo ai pascoli della val di Sole.
Marta Villa è assegnista di ricerca in Antropologia Culturale - Progetto Ecovinegoals presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Trento. PhD in Antropologia culturale, docente di antropologia culturale presso l’Università degli Studi di Trento e presso l’Università degli Studi di Verona, Presidente dal 2010 del Club per l’UNESCO di Trento.
 
Ed è proprio l’antropologa a sottolineare, in un passo del suo intervento critico, come la transumanza affondi le radici nella notte dei tempi.
«La catena alpina è costellata da crocevia geografici interessanti sia dal punto di vista naturalistico sia dal punto di vista antropico: in questi luoghi si sono mantenute vive tradizioni e pratiche che affondano la loro origine in tempi remoti, una di queste è certamente la pastorizia.
«Sempre più minacciata e relegata a spazi fisici e mentali marginali, nei decenni passati è stata vista dai tanti sedentari che abitano le montagne come qualcosa da tenere lontano, a cui avvicinarsi, ma con cautela.
«Nel 2019 la pratica della transumanza è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità (Villa 2019:4) e sta avendo negli ultimissimi mesi una nuova riscoperta. Come diceva Clifford Geertz (1987): “Se volete capire che cosa sia una scienza, non dovete considerare anzitutto le sue teorie e le sue scoperte: dovete guardare cosa fanno coloro che la praticano, i suoi specialisti”, anche in questo caso per conoscere questa modalità di vita, perché è di questo che si tratta, è necessario osservare in modo partecipante, secondo il metodo dell’antropologia, i pastori e le pastore nella loro pratica quotidiana e nella loro relazione speciale con l’ambiente e la natura che attraversano.
«Innanzitutto è importante sottolineare che essendo una pratica nomadica, non lascia tracce permanenti nel paesaggio, anzi il passaggio risulta quasi invisibile ad occhi inesperti.»
 

Presentazioone del libro a Palazzo Geremia.
 
Questo è un libro da leggere, nato dalla collaborazione con i seguenti allevatori: Laura Bragagna, Renato Baldessari detto Diga, Sergio Baldessari, Chiara Baldessari, Floriano Berti detto Finanza, Orlando Bolognani, Giorgia Borgogno, Sabrina Borgogno, Evelin Campestrini, Liberio Ciechi, Valerio Ciechi, Rita Corn, Maria Corn, Giuseppe Corn, Marco Demattio detto Scota, Ruggero Divan, Martino Fedele, Francesco Fedele, Silvano Fedele, Lorenzo Fedele, Debora Fedele, Romano Froner, Nicola Froner, Josef Froner, Giulia Froner, Sabrina Fuchs, Nicola Gagliardi, Stefano Holbling, Diego Iobstraibizer, Mauro Iobstraibizer, Ugo Iobstraibizer, Pio Iobstraibizer, Angela Laner, Aldo Laner, Michele Laner, Mattia Laner, Paolo Lombardi, Nicola Longo, Alberto Nones, Alessandro Pachera, Elio Pachera, Sabrina Pallaoro, Denis Paoli, Simone Pontello, Michael Rigotti, Edoardo Rudari, Marco Simonetto, Albino Stroppa, Valter Stroppa, Ioris Stroppa, Paolo Tomasi, Stefano Tonina, Chiara Trettel, Cristian Vanzo, Sara Vanzo, Alessandra Zucal e Virginia Zucal.
 
Alcune brevi note biografiche sull’autore del volume, prima di passare all’intervista, anche se Alberto Pattini non ha certo bisogno di presentazioni.
Nato a Trento, amante della poesia e studioso di storia del territorio e dell’arte, è autore di 32 libri e di numerosi articoli giornalistici d'attualità in testate locali e nazionali.
È stato ricercatore alacre e divulgatore di biochimica e alimentazione dello sport, pubblicando in riviste internazionali di medicina dello sport. Ha vinto alcuni concorsi nazionali e internazionali di poesia; nel 2014 ha pubblicato le sue liriche nei volumi «Il Trentino dei sentimenti» abbinando la sua poesia alla prosa di Daniela Larentis e in «Il cuore delle Alpi. Sulle ali del Trentino».
È stato direttore artistico del Concorso Nazionale di Poesia «Il lago nel cuore».
Nel 2016 ha dato alle stampe il libro con 105 liriche dal titolo «Poesia del Trentino - La melodia della Grande Madre».
 
Nel 2017 ha realizzato come regista il film documentario «Fiume che cammina - Pastori erranti sotto le stelle - dall'Adriatico al Lagorai» e nel 2018 «Suoni vaganti in Trentino».
Tra il 2017 e il 2018 ha esposto la mostra poetica e fotografica «Fiume che cammina» con grande successo di pubblico al Muse di Trento, al Museo geologico delle Dolomiti di Predazzo, all'Icering di Miola di Pinè e in molte altre località del Trentino.
Nel 2019 ha allestito la mostra fotografica e poetica «Lacrime di resina - foreste ferite in Trentino» a Trento in loc. Candriai e a Borgo Valsugana e ha pubblicato il libro «Fiume che cammina - Transumanza Patrimonio dell’umanità».
Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e di porgergli alcune domande.
 

 
Quando è nata l’idea di scrivere questo secondo libro fotografico dedicato alla transumanza?
«È stata una naturale prosecuzione del volume Fiume che cammina, un voler completare quello che avevo iniziato, focalizzandomi, ancora una volta, sulle bellezze di posti davvero unici, come la catena del Lagorai, le Dolomiti del Latemar, del Catinaccio, del Sass Pordoi, del Gruppo del Sella e altri meravigliosi luoghi.
«Era mia intenzione intensificare il contatto con i pastori, in questo ultimo libro ne sono stati inseriti ben 51. È stato un lavoro immane, andare a trovarli, magari in alpeggio a 2.600 metri e più, non è stato certo facile.»
 
Chi vi ha collaborato e a che titolo?
«Anzitutto vorrei citare la professoressa Marta Villa, antropologa di fama, docente all’Università di Trento e all’Università di Verona, presidente del Club per l’UNESCO di Trento, una persona quindi autorevole in questo campo.
«Poi, voglio ricordare Virginia Zucal, una giovane ragazza che si dedica alla pastorizia d’estate, studiando il resto dell’anno all’Università di Verona, iscritta al corso di Bioinformatica.
«Con grande difficoltà sono riuscito a convincerla a lasciare una testimonianza, parlando con il cuore della sua esperienza. Naturalmente voglio ringraziare i pastori, senza di loro il libro non esisterebbe.»
 
Ne seguirà un altro?
«Penso che questo sia il mio ultimo libro sull’argomento. Dopo due volumi, una mostra al Muse con 25.000 visitatori, due film documentari, credo di essere riuscito a lasciare un segno, trasmettendo il valore e la bellezza di questa pratica.»
 

La copertina del libro.
  
Nel libro mette in luce un aspetto molto significativo, ovvero come in montagna le pecore e le capre svolgano un ruolo importante nella cura del territorio. Può condividere un pensiero a tale riguardo?
«Sicuramente la loro presenza concorre a custodire la bellezza del territorio. Non solo, assicura anche la protezione dall’invadenza boschiva e dalla propagazione di arbusti e cespugli, preservando il manto erboso.
Le capre si nutrono di arbusti, fino all’altezza di 2 metri puliscono anche i sentieri, tengono viva la montagna. Questo significa anche sviluppare un’economia di nicchia che altrimenti scomparirebbe.»
 
Nel libro c’è un intero capitolo dedicato all’alimentazione, dove fra l’altro viene evidenziato come i latticini di animali al pascolo o alimentati con erba e fieno siano importanti per la salute del consumatore. Ce ne può spiegare in breve le ragioni?
«Ci sono innumerevoli erbe alpine che possiedono delle proprietà particolari. Vista la mia formazione anche nelle Scienze dell’alimentazione ho voluto sottolineare alcuni aspetti, per quanto riguarda la salubrità degli animali e di conseguenza anche la salubrità dell’uomo, in quanto consumatore di questi prodotti. I latticini di pascolo sopra i 1.500 metri contengono maggiori quantità di grassi insaturi Omega 3, derivati dalle erbe alpine che ne sono ricche.
«Le proprietà del latte e dei prodotti caseari di animali alimentati con erba/fieno sono decisive per l'apporto nutrizionale offerto da: vitamina A ed E, antiossidanti naturali, acido linoleico coniugato, acido butirrico e il già citato Omega 3, a cui si affiancano i terpeni, responsabili degli aromi. Ne parlo in maniera approfondita nel libro.»
 

Gruppo di Rava - forcella di Fierollo (2.246 m slm). Gregge di Marco Simonetto e Angela Laner .
 
Quali possono essere le difficoltà della vita al pascolo per gli animali, da un punto di vista alimentare? Può fare qualche esempio?
«Sicuramente ci sono erbe che gli animali per istinto non mangiano, come l’Aconito napello, la Belladonna comune ecc., dalle quali di norma stanno lontani, hanno nel loro DNA questa repulsione che serve a proteggerli.
«In alcuni casi può succedere che mangino determinate erbe, come l’erba medica, le quali assunte in grandi quantità possono causare diversi disturbi, portando l’animale fino alla morte; essendo ricche di sostanze tensioattive, l'eccesso di assunzione può provocare il pericolosissimo fenomeno del meteorismo schiumoso.
«Le capre e le pecore sono molto ingorde, gioca quindi un ruolo importante l’abilità del pastore nel doverle spostare quando la situazione lo richiede.»
 
Quanto conta l’esperienza del pastore al fine di una corretta alimentazione delle capre e delle pecore?
«Moltissimo! Il pastore, e questo ci tengo molto a ribadirlo, non è quel personaggio sempliciotto che fa quel mestiere tanto per fare: il detto che dice va’ a pascolare le capre, con significato non sai fare niente!, è sbagliatissimo e davvero molto distante dalla realtà!»
 
Può fare un breve accenno riguardo alle antiche scritte dei pastori rinvenute in Val di Fiemme?
«Ho dedicato all’argomento un intero capitolo. Le scritte dei pastori in Val di Fiemme sono state oggetto di una ricerca etnoarcheologica condotta per anni, fra il 2006 e il 2012, dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, coordinata da Marta Bazzanella. La pratica della pastorizia nei secoli ha lasciato in Val di Fiemme migliaia di scritte, realizzate dai pastori con un’ocra rossa reperita nella zona. Se ne contano più di 47.000…»
 

Guado del fiume Piave. Gregge di Marco Simonetto e Angela Laner ©.
 
Cosa l’ha colpita dell’esperienza vissuta con i pastori, legata a questo secondo libro?
«Dopo aver finito il precedente volume ho continuato a frequentare questo mondo, ad andare a trovare i pastori; ciò che mi ha colpito in maniera profonda è la situazione di diffusa indifferenza per quanto riguarda la presenza del lupo sul territorio, con grossi problemi sia per la selvaggina che per le greggi.
«Il lupo sta prolificando in maniera troppo veloce; ciò, come è facile intuire, rappresenta una minaccia per i pastori, per il loro lavoro. Questi animali sono così intelligenti che adesso attaccano anche di giorno, basta che ci sia un po’ di nebbia e sferrano l’attacco senza che i pastori e i cani se ne accorgano. Quando la nebbia si dirada trovano le carcasse…»
 
Attaccano in branco?
«Di solito sì, ma può accadere che siano i solitari a colpire. Ci sono i lupi solitari e le famiglie di lupi. Le famiglie sono composte dai genitori e dai cuccioli, che stanno con loro fino a circa un anno e mezzo.
«In alcuni casi saltano addirittura i recinti di fili elettrici per arrivare alle pecore.
«Adesso i lupi sono un po’ ovunque; ne sono stati avvistati otto sul Baldo, un lupo solitario in Val dei Mòcheni.; undici in Val Cadino e Val di Fiemme e ce ne sono altri andando più su. Il Lagorai è pieno di lupi…»
 
Progetti futuri?
«A questa domanda per scaramanzia preferisco rispondere citando il titolo di un famoso libro da cui è stato tratto l’omonimo film, io speriamo che me la cavo…»

Daniela Larentis – d.larentis@lagigetto.it

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