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Edgar Caracristi, «Diario di due anni» – Di Daniela Larentis

La mostra dell’artista, allestita a Rovereto allo «Spazio Orizzonte degli eventi», potrà essere visitata fino al 14 luglio 2022 – L’intervista

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È in corso a Rovereto un’interessante esposizione dal titolo emblematico «Diario di due anni», firmata dallo stimato artista Edgar Caracristi.
Inaugurata lo scorso 25 giugno allo Spazio Orizzonte degli eventi in via Portici 9, potrà essere visitata fino al 14 luglio 2022 nei seguenti orari di apertura: domenica e lunedì dalle 15.30 alle 19.00; dal martedì al sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.00.
Il 14 luglio, in occasione del finissage della mostra, i presenti potranno godere di un momento musicale: Francesco Fontolan incanterà il pubblico al fagotto e Francesca Tirale all’arpa (musiche di Edgar Caracristi, scritte da lui durante il lockdown).
Lo stesso percorso espositivo sembra seguire un ritmo scandito dalla musica, è una sorta di viaggio emozionale che coinvolge il visitatore, invitandolo a riflettere su ciò che è accaduto e sta accadendo da due anni a questa parte.
 
Il titolo richiama il difficile periodo segnato dal Covid, denso di accadimenti collettivi e fatti personali che hanno segnato profondamente l’artista.
Le opere esposte evocano potenti suggestioni e sono fra loro interconnesse, sebbene ciascuna sia diversa dall’altra: ogni quadro è un frammento di vita, di ricordi, di visioni rarefatte che prendono vita, rinviando al rapporto uomo-natura, alla solitudine dell’individuo, alla nostalgia di un tempo perduto.
Sono intrise di malinconia, tuttavia trasmettono anche un messaggio di speranza, simboleggiato dalle figure dei bambini.
 

 
Scrive la storica dell’arte Chiara Gafforini in un passo del suo intervento critico:
«L’insieme dei lavori ricostruisce il percorso complesso di Edgar e ne ricompone le caratteristiche stilistiche di un lavoro ormai trentennale.
«Dalle opere realizzate durante la clausura della primavera 2020 che ne riportano anche le difficoltà, si passa a tavole che riportano fratture, mancanze, ferite, legate anche a un momento di lutto personale.
«Ma non c’è unicamente cupezza: ci sono stratificazioni di ricordi, di nostalgie lontane, di figure frammentarie che riemergono dall’immaginario personale e collettivo evocate in particolare dall’elaborazione di una tecnica mista con parti a collage in bianco e nero.
«Ci sono ritagli di carte da parati, cieli tersi e navi che emergono dal mare, un gabbiano solitario e file di uomini che camminano insieme. Ogni cosa – conclude - trova un suo spazio anche se non per forza secondo il pensiero apparentemente più logico ma sicuramente è lì che deve stare.»
 
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Edgar Caracristi nasce a Parma nel 1972, da padre roveretano e madre olandese/tedesca. Dipinge e compone da sempre.
Diplomato in decorazione pittorica all’Istituto d’Arte A. Vittoria di Trento e in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti G.B. Cignaroli di Verona.
Dal 1992 al 1995 studia musicologia presso l’Università di Cremona. Dal 1995 ad oggi ha presentato le sue opere in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
Nel 2011 è presente nel Padiglione Italia/Accademie, Lo Stato dell’Arte, alla 54ª Biennale di Venezia.
È recensito in una ventina di cataloghi e alcuni suoi lavori fanno parte di collezioni pubbliche e private.
Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e di rivolgergli alcune domande.
 

 
Quando è nata la passione per l’arte e in particolare per la pittura?
«È una passione che coltivo fin da bambino. Mio nonno paterno amava dipingere; la mia mamma era di origine olandese-tedesca, capitava di andare per esempio ad Amsterdam a visitare i musei d’arte, ho ancora ben in mente la suggestione di quei quadri fiamminghi, ricordi che ho sempre portato con me.»
 
Qual è la sua formazione?
«Mi sono diplomato in decorazione pittorica all’Istituto d’Arte A. Vittoria di Trento e in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti G. B. Cignaroli di Verona. Ho poi studiato musicologia presso l’Università di Cremona. In famiglia, sia da parte paterna che materna, si contano diversi musicisti, io stesso scrivo musica e collaboro con musicisti.»
 
C’è qualche grande artista del passato che fra tutti è stato per lei fonte di ispirazione?
«L’impostazione di alcuni miei lavori deriva dal Romanticismo tedesco, ho sempre amato particolarmente Friedrich.»
 
Quali sono i soggetti o le tematiche che ama affrontare?
«Mi interessa molto il rapporto uomo-natura. Uno dei soggetti ricorrenti nei miei lavori è la nave, specie la prua, come si vede anche in una delle opere esposte dal titolo Incaglio, arenata come lo siamo stati tutti in questi ultimi anni; un quadro che ben esprime anche il mio stato d’animo legato non solo alla pandemia ma a una situazione personale dolorosa.
«La nave è ricca di simbolismi, rappresenta il viaggio, ma anche l’attesa quando è ferma in porto. E proprio il viaggio è un tema che affronto nelle sue molteplici declinazioni.»
 

 
Fra le varie tecniche utilizzate nel tempo, quali preferisce e perché?
«Anni fa realizzavo opere di grandi dimensioni, ero abbastanza purista, usavo solo l’olio, le tele, adesso sto tornando a opere di dimensioni più contenute e utilizzo materiali e tecniche miste.
«Ho abbandonato il supporto tradizionale, preferendo invece quelli che hanno già di per sé una storia da raccontare, come tavole in legno consunte, cartoncino, perfino le ante di un vecchio armadietto, come nel caso di un’opera in mostra.»
 
Potrebbe commentarne una, ad esempio quella intitolata «Caro diario…» del 2022?
«È forse l’opera più emblematica della mostra, l’uomo ritratto sono io. Sono in uno spazio da allestire vuoto, osservo le pareti nude e le cornici senza tele, me ne resto ammutolito senza sapere cosa dire, in preda a un sentimento di smarrimento…»
 
Quali sono gli anni raccontati in questa mostra?
«Sono gli anni della pandemia, anni di accadimenti importanti che implicano conseguenze a lungo termine su cui è bene riflettere, ma anche anni segnati da un lutto familiare, anni difficili…»
 

 
Quanti lavori sono esposti?
«Complessivamente una quarantina di opere.»
 
Fino a quando sarà visitabile?
«La mostra è stata prorogata, sarà visitabile fino al 14 luglio.»
 
Da artista come ha vissuto il periodo difficile di confinamento legato alla pandemia?
«In sintesi posso dire di aver vissuto questo periodo con grande sofferenza.»
 
Progetti futuri/sogni nel cassetto?
«Il mio progetto è continuare a dedicarmi alla pittura e alla musica, le mie due grandi passioni. Il mio sogno nel cassetto, la mia grande speranza, lo dico anche da padre di una figlia di quasi 8 anni, è che si possa trovare il modo di ripensare a un modo di vivere diverso, più lento, più umano, più autentico, dando importanza alle cose che davvero meritano la nostra attenzione. Arrivarci sarà difficile, ma credo che valga la pena di provare. Del resto non ci sono alternative…»

Daniela Larentis – d.larentis@adigetto.it


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