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«Jullay Ladakh», mostra fotografica a Trento – Di D. Larentis

In corso a Torre Mirana, a cura dell’Associazione Orient@menti, narra storie di culture antiche nei territori estremi dell’India himalayana. Intervista ai 2 fotografi

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Mario Stefani, Gabriella Quaglia e Renata Albertini.

«Jullay Ladakh», è il titolo di una straordinaria mostra fotografica inaugurata a Trento lo scorso 16 novembre, negli spazi espositivi di Torre Mirana, Sala Thun.
Curata dall’Associazione Orient@menti ODV, che a breve aprirà una sede operativa nella nostra città, resterà aperta con ingresso gratuito fino al 29 novembre 2022 nei seguenti orari di apertura: tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00.
I meravigliosi scatti sono stati realizzati da Gabriella Quaglia e Mario Stefani, entrambi nel direttivo dell’Associazione (di cui Stefani è presidente).

L’Associazione di volontariato senza scopo di lucro da anni promuove attività di sostegno a scuole e studenti del Ladakh e offre in Italia percorsi di informazione e sensibilizzazione sul tema della diversità culturale. Le foto che si possono ammirare lungo il percorso espositivo colgono aspetti sociali e ambientali di regioni straordinarie, raccontando storie di culture antiche e di un territorio estremo racchiuso tra le catene montuose del Karakorum e dell'Himalaya, in India, la cui economia è basata sull’agricoltura di sussistenza.

Le popolazioni che convivono in questa porzione di mondo si suddividono in buddhisti di scuola tibetana (la maggioranza), musulmani di ramo sciita, e una piccola minoranza di induisti.
Sono sguardi antichi quelli che sembrano scrutarci lungo il percorso espositivo, invitandoci a una riflessione sul senso stesso della vita: noi viviamo infatti nella società dell’accumulo, una società che non è tuttavia più sostenibile; conduciamo uno stile di vita agli antipodi rispetto a quello di chi vive sobriamente, con dignità, in quelle regioni remote.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare e intervistare gli autori delle bellissime fotografie esposte.
 

 
Quante sono le foto esposte e in che periodo sono state scattate?
«Sono 50 fotografie scattate fra il 2018 e il 2022, con l’interruzione dettata dall’emergenza Covid.»
 
Quando sono iniziati i vostri primi viaggi in Ladakh?
«Abbiamo iniziato una quindicina di anni fa, recandoci tutte le estati in Ladakh. Abbiamo sospeso i viaggi solo durante la pandemia, siamo ritornati quest’anno.»
 
Dove vi piace posare lo sguardo durante la vostra permanenza in Ladakh?
«Siamo colpiti dalle persone, dal loro modo di vivere semplice, dalla loro dignità, dai loro sguardi sereni, dai loro atteggiamenti, comportamenti, così diversi dai nostri.
«Ci piace cogliere la bellezza incredibile dei paesaggi, tuttavia noi privilegiamo gli aspetti culturali, antropologici, religiosi.
«La loro cultura è permeata di religiosità, la religione prevalente è il buddhismo tibetano che coesiste con quella musulmana.»
 

 
È una convivenza pacifica?
«La gente convive da sempre pacificamente, pur appartenendo a religioni diverse. Quando ciò non accade è semplicemente perché qualche movimento utilizza le differenze per creare uno scontro, uno scontro che è politico.»
 
Cosa vi colpisce maggiormente del loro modo di vivere?
«Anzitutto, loro hanno la capacità di vivere con pochissimo. Non sono persone che soffrono la fame, sono persone che vivono dello stretto necessario.
«Vivono in un ambiente di alta quota, dove anche la natura offre solo ciò di cui si ha bisogno; loro hanno imparato a non sprecare, a conservare sapientemente in inverno i prodotti raccolti durante l’estate, sotterrandoli, seccandoli, macinandoli e così via.
«Hanno imparato a vivere dignitosamente in maniera sobria, traendo dall’essenzialità piacere. Non invidiano il nostro stile di vita, non sono tristi, sono autenticamente grati di ciò che hanno, la comunità rimane il loro valore.»
 

 
Hanno un concetto di comunità che peraltro da noi un po’ si è perso…
«Infatti, è proprio così. La comunità per loro è importantissima, garantisce la sopravvivenza. È formata per lo più da piccole famiglie che vivono isolate durante l’inverno, le persone si rinchiudono dentro le loro abitazioni a causa delle temperature rigidissime.
«Durante l’estate organizzano delle feste, celebrazioni soprattutto religiose, ma non solo, sono momenti di relazione importanti, molto sentiti, che diventano occasione di condivisione.
«Condividono tutto, anche i lavori nelle campagne, durante la raccolta si aiutano vicendevolmente, tutti eseguono i lavori di tutti, c’è molta solidarietà. Per loro il risultato si raggiunge insieme.»
 
E i giovani?
«Noi conosciamo bene la realtà dei giovani. Vivono in simbiosi con gli adulti, li aiutano in maniera molto naturale.
«L’infanzia non è considerata come da noi un periodo privilegiato, è una fase naturale in cui anche i bambini collaborano con gli adulti come meglio possono.
«Hanno anche il loro spazio per il gioco, tuttavia nella loro società non c’è una separazione così netta fra la loro vita e quella degli adulti. Tutti sono utili.»
 


Fra i vari progetti in corso, potete brevemente accennare a quello che coinvolge la scuola di Takmachik?

«Il villaggio di Takmachik, sulla sponda sinistra del fiume Indo nella Arian Valley sul corso dell'Indo, ha circa 600 abitanti. La scuola era già stata oggetto di una nostra visita negli anni precedenti ma solo nel 2019 abbiamo avviato la nostra collaborazione.
«La scuola pubblica è piccola ed accoglie 31 bambini fra i piccoli nelle classi di prescuola, e quelli nelle classi dalla prima alla settima (quindi dai 6 ai 12 anni).
«È ovviamente l'unica scuola del villaggio ed accoglie i figli dei contadini più poveri della piccola comunità mentre i bambini delle famiglie benestanti frequentano come sempre le scuole residenziali private a Kaltze o a Leh. Durante i nostri incontri ci hanno accolto con ogni onore, oltre il capo del villaggio, il direttore della scuola, gli insegnanti, il Village Educational Comittee, e molti genitori, e con loro abbiamo avviato la progettazione ascoltando le loro esigenze ed individuando le necessità più urgenti della scuola.
«Per ora abbiamo finanziato l’acquisto di materiali e attrezzature scolastici essenziali, oltre ad altri beni necessari ai bambini. La co-progettazione in corso potrà riguardare anche altri servizi per incrementare la qualità dell’offerta educativa.»
 


Progetti futuri?
«Stiamo continuando a mantenere rapporti e contatti con le varie scuole che seguiamo, fortunatamente la tecnologia ci aiuta. Il prossimo progetto è ripartire da Torino in auto e raggiungere, attraverso la Turchia e il Pakistan, il villaggio di Lamayuru.
La relazione di solidarietà con questo villaggio si è sviluppata a partire dal 2008 grazie a una progettazione partecipata fra noi, le autorità locali e tutte le persone che là si occupano della piccola scuola pubblica, che raccoglie circa 90 bambini e ragazzi dai 3 ai 16 anni, distribuiti su 3 strutture scolastiche.
«L’idea è quella di lasciare lì la nostra macchina a servizio delle scuole.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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