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Guido Oldani, «Il chiodo» – Di Daniela Larentis

È il testo inedito del padre del Realismo terminale, letto il 2 aprile, da Trento, alla Piazza della Scala di Milano, durante una manifestazione per la pace – L'intervista

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Il poeta Guido Oldani.
 
La Pasqua, celebrando la risurrezione di Gesù Cristo, è il momento più importante della liturgia cristiana. Gesù ci ha lasciato una testimonianza di amore universale.
L’annuncio di speranza, della vita che vince la morte, è un messaggio potente che esorta a non cedere alla rassegnazione, che invita a cercare la pace, a sperare in un mondo più umano, più giusto dove poter vivere. Parlare di pace in tempo di guerra è assai difficile.
Il mondo è tristemente, costantemente, dilaniato dai conflitti.
 
La guerra in Ucraina, la più vicina a noi in questo momento, ci mette quotidianamente di fronte all’immensa sofferenza e disperazione di un popolo aggredito, martoriato, alle crudeltà, alla ferocia, agli scempi che si consumano ogni giorno sotto gli occhi di tutti noi, che osserviamo impotenti, dagli schermi delle nostre televisioni e dai nostri device, quell’orrore che pare inarrestabile. L’orrore di ogni guerra. Alla violenza si deve reagire, non si può rimanere in silenzio e girarsi dall’altra parte.
 
Tutti sono concordi sul fatto che queste atrocità vadano fermate, ma non tutti sono d’accordo sulle modalità da seguire per ottenere la tanto agognata pace (che sembra allontanarsi sempre di più).
C’è un argomento molto attuale che invita a una profonda riflessione e che divide gli animi: la scelta dell’Unione Europea, che sempre si è posta come forza di pace, di finanziare armi, questione assai spinosa e non priva di implicazioni, che solleva se non altro qualche domanda, a cui certo non è facile rispondere: con quali mezzi è giusto o meno promuovere la pace?
 
Quali conseguenze avranno nel futuro le decisioni prese? Questi e altri interrogativi di natura etica destano non poca preoccupazione fra la popolazione, consapevole che la pace sia una necessità, una priorità assoluta.
Ma come ottenerla e mantenerla? Quali strade è giusto percorrere per costruirla? In un’epoca in cui lo scoppio di un conflitto atomico è una possibilità concreta, meglio le armi o la diplomazia?
C’è chi sostiene che il dialogo sia l’unica via d’uscita per risparmiare migliaia di vite e molte sofferenze. Del resto le guerre non scoppiano mai per caso, a scatenarle ci sono sempre motivazioni profonde, come lo stesso papa Francesco ha sottolineato in un’intervista risalente a un anno fa, rilasciata a un noto quotidiano nazionale.
 
La questione è assai complessa, anche perché i discorsi sui valori da difendere spesso celano, come la storia ci insegna, interessi di varia natura.
La guerra non si allontana con slogan buonisti, questo mette d’accordo un po’ tutti, coscienti del fatto che ogni condanna alla violenza è sterile se non affiancata dall’individuazione di mezzi alternativi e praticabili, come potrebbe essere il portare avanti un serio percorso di trattative che conduca a un cessate il fuoco. C’è chi crede fermamente che la strada migliore da seguire ora più che mai siano i negoziati di pace.
 
In Piazza della Scala a Milano, domenica 2 aprile ha avuto luogo la manifestazione «Spegniamo la guerra, accendiamo la Pace», a cui hanno aderito: Ricostruire la pace Artisti Donne e Uomini di Pace di piazza della Scala; Realisti Terminali; Mondo senza Guerre e senza Violenza; Partito Umanista; Comitato Liberi Pensatori; Comitato per la liberazione di J. Assange; Comitato di liberazione nazionale; ANPI; Disarmasti esigenti; Europe for Peace.
 
Un evento che ha visto la partecipazione di noti artisti e intellettuali, fra cui il poeta Guido Oldani, il quale, da Trento, ha letto alla Piazza il testo inedito «Il chiodo» (pubblicato a piè di pagina).
Ed è proprio al padre del Realismo terminale che, da Piazza Fiera, dove era in corso l’evento organizzato per celebrare la Giornata mondiale sulla consapevolezza dell’autismo (organizzato da Annachiara Marangoni, direttrice di Casa Sebastiano, apprezzata poetessa realista terminale), abbiamo voluto rivolgere un paio di domande sulla sua idea di pace.
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
 
Il poeta Guido Oldani è l’ideatore del Realismo terminale, movimento letterario e artistico internazionale che mette in luce un modo radicalmente diverso di interpretare la realtà e di rappresentarla, anche artisticamente, a partire dalla poesia, in un mondo globale dominato dalla tecnologia e dagli oggetti.
Una delle voci poetiche internazionali più riconoscibili, proposto per il premio Nobel per la Letteratura 2021 (a sottoscrivere la candidatura di Oldani al celebre premio, intellettuali di tutto il mondo).
Conta al suo attivo numerosissime pubblicazioni, importanti premi e riconoscimenti; suoi testi compaiono su prestigiose riviste, collabora a quotidiani come Avvenire, La Stampa e Affari Italiani, a trasmissioni RAI, adattando testi per il teatro.
 
Nel 2008 pubblica «Il cielo di lardo», nella collana «Argani» che dirige per l’editore Mursia.
Sempre per Mursia nel 2010 esce «Il Realismo terminale», visione della poesia e del mondo, subito tradotto negli Stati Uniti, negli «Annali di Italianistica».
Nel 2014, al Salone del libro di Torino, con Langella e Salibra, presenta il «Manifesto breve del Realismo terminale». Fra le numerose recenti pubblicazioni, citiamo: «La guancia sull’asfalto» (Mursia, Milano, 2018); «E hanno visto il sesso di Dio. Testi poetici per agganciare il cielo» (2000 – 2019), Mimesis, Sesto S. Giovanni, 2019; «Dopo l’Occidente - Lettera al Realismo Terminale», Mursia, Milano, 2021.
 

Andrea Mantegna, Cristo morto,1480, Pinacoteca di Brera.
 
Qual è la sua idea di pace alla luce di quanto sta succedendo?
«Credo che ci sia stata una scelta ideologica, nella fattispecie da parte dei nostri governi, nel prendere determinate decisioni. I governi si proclamo opposti fra di loro ma il risultato è identico.
«È come se, premesso che gli stessi debbano essere obbedienti al mercato delle armi, così come hanno dovuto essere obbedienti al mercato dei vaccini, poi possano differenziarsi fra di loro.
«Fatta questa premessa, credo che, a questo punto, parlare ancora di fornire delle armi a qualcuno non abbia più senso.»
 
Che cosa significa essere pacifisti oggi?
«Pensando allo scrittore Carlo Cassola o all’amico Angelo Gaccione, a coloro che hanno sempre proposto il disarmo unilaterale, anni fa li avrei percepiti come idealisti.
«Oggi credo che abbracciare quella visione sia l’unica maniera per non appartenere al mercato delle armi. Credo che la pace non sia assolutamente negoziabile. La pace è pace, costi quel che costi. Oggi abbiamo dei governanti che in guerra sono incapaci di trattare la pace e che costringono i loro popoli a delle sofferenze disumane.
«Domenica 2 aprile c’è stata a Milano una manifestazione in piazza della Scala per chiedere la cessazione della fornitura delle armi all’Ucraina e l’avvio di negoziati.
«Questo è il secondo appuntamento, il primo risale a febbraio, ne è nata una proposta di legge, di cui io sono il secondo dei firmatari.»
 
 Il chiodo  
La pace è un chiodo che può conficcarsi| nel piede ai miei governi sempre uguali | nell’estorcere al popolo le armi. |e non conosco quanto può costarci | ma la mia spesa è sempre più barbona| e l’onore è un fatto per mafiosi| tra i social resi ormai degli zerbini |e temo che sprofondi pure Roma.
(Guido Oldani, fondatore del Realismo Terminale)

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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