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«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

Giovedì 21 marzo a Mezzolombardo, Shantidas Valli parlerà di popolamento antico dell’arco alpino: rapporti e scambi tra Celti e Reti – L’intervista

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Shantidas Valli.
 
Il ciclo di incontri organizzato dall’Associazione Castelli del Trentino, curato dal presidente dell’Associazione Andrea Sommavilla, responsabile del Servizio biblioteca e attività culturali del comune di Borgo Valsugana, prosegue con il penultimo incontro della stagione 2023-2024.
Il prossimo evento è fissato per giovedì 21 marzo a Mezzolombardo (Tn), in Sala Spaur, Piazza Erbe, alle ore 20.00.
Il protagonista della serata sarà Shantidas Valli, il quale parlerà di popolamento antico dell’arco alpino: rapporti e scambi tra Celti e Reti.
 
Da oltre trent’anni l’Associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
Le iniziative proposte godono del patrocinio della PAT e della Regione, sono inoltre riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Continua la collaborazione con l’Accademia roveretana degli Agiati e con la Società di Studi trentini di Scienze storiche.
 
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Shantidas Valli è nato nel 2000 a Montecchio Emilia (RE); laureato in Beni Culturali, curriculum archeologia presso l'Università degli Studi di Siena, con una laurea in topografia antica dal titolo «Dalla Megale Hellas all’ager publicus populi Romani: Paesaggi insediativi aspromontani tra Greci, Brettii e Romani».
Ha preso parte a campagne di scavo e ricognizione in Calabria, presso il lago di Bracciano (con la missione Sabatia Stagna) e nei contesti medioevali di Rocca San Silvestro (con il Miners Project) e della Vetricella di Scarlino. Presta la sua consulenza storica presso Res Bellica, un'attività commerciale specializzata nella rivendita di materiale per la rievocazione storica.
 
Da alcuni anni è membro attivo del gruppo di rievocazione storica celtica Antumniates di Reggio Emilia. Ha svolto il ruolo di responsabile e organizzatore di eventi culturali in collaborazione con UDU Siena, tra cui «REenACT: tra rievocazione storica e ricostruzione della cultura materiale» e il «Ciclo di Conferenze Approfondimenti IV edizione».
Le sue principali aree di studio riguardano la Magna Grecia, con particolare attenzione ai contesti tra Reggio Calabria e Locri epizephyrii, e la Romanizzazione in Etruria Meridionale.
Ha inoltre affrontato lo studio delle popolazioni preromane nell'Italia settentrionale, sia per interesse personale che in relazione all'attività rievocativa.
Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
 

 
Nell’incontro di giovedì 21 marzo, su quali aspetti verrà focalizzata maggiormente l’attenzione?
«Nell’incontro di giovedì 21 marzo, partendo dal delineare storicamente la storia insediativa dell’arco alpino, cercherò di trovare i punti di contatto tra due popolazioni che hanno vissuto e convissuto in questi luoghi in età pre-romana. Per fare ciò mi baserò principalmente sui dati archeologici in una prospettiva che va dal singolo reperto ad un più ampio quadro topografico.»
 
Le interazioni tra i vari popoli dell'Italia settentrionale, durante l'età preromana, hanno plasmato un ricco mosaico culturale. Come si sono intrecciate tali relazioni, delineando la storia di questa regione?
«Le relazioni tra i popoli dell’Italia settentrionale in particolare in zona alpina si sono strutturate principalmente intorno a scambi di tipo commerciale e culturale.
«Questo è testimoniato, in contesto retico, dalla comparsa di manufatti dalle caratteristiche simili a quelli appartenenti alle popolazioni Celtiche che a partire dalla fine V e poi per tutto il IV sec. hanno valicato a più riprese le Alpi per insediarsi in Italia.
«A questo si aggiunga la presenza di individui particolarmente mobili (quali artigiani e guerrieri), i quali potevano prestare servizio anche al di fuori della comunità di origine (ben noto il tema del mercenariato gallico) esportando conoscenze tecniche, manufatti e aspetti culturali.»
 
Qual è stato il ruolo del fiume Po e dell'arco alpino negli scambi e nei contatti tra le popolazioni dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale nel periodo preso in esame?
«Sicuramente il Po e l’arco alpino costituiscono due elementi importantissimi a livello topografico che possono avere una doppia valenza: sia segnare un confine che costituire una via di passaggio.
«Da un lato il Po era un collegamento importante tra l’Italia settentrionale e l’Adriatico, grazie anche agli emporia che vi sorsero alla foce.
«Le Alpi, invece, costituivano un collegamento tra la penisola italiana e l’Europa. Fin dall’età del Rame sono, infatti, documentati scambi con le comunità d’oltralpe e luoghi di incontro lungo i sentieri e i valichi alpini.»
 
Potrebbe accennare ai punti di contatto tra i Reti e i Celti, dal punto di vista della cultura materiale, degli aspetti funerari e insediativi?
«I punti di contatto sono vari: a livello di cultura materiale vediamo comparire in contesti Retici elementi di ornamento tipici della più nota facies culturale (da intendersi come insieme di elementi tipici di una determinata civiltà in un determinato periodo storico) celtica detta La Tène.
«Per quanto riguarda l’armamentario bellico compaiono elementi tipici del guerriero d’alto rango gallico come le spade La Tène B, le fibbie di cintura traforate e elementi caratteristici d’oltralpe come i ben noti Karnyx (trombe dalla forma di animali feroci suonate in battaglia).
«Si può notare anche la condivisione di un repertorio figurativo e simbolico, come testimoniato da produzioni artistiche quali bronzetti o oggetti ornamentali.
«Altro elemento molto interessante è la presenza di oggetti, sempre appartenenti alla facies culturale La Tène, offerti all’interno dei santuari all’aperto retici: i Brandopferplätze.
«Questi santuari sarebbero dunque possibili luoghi di ritrovo e condivisione che avrebbero facilitato la fusione tra elementi alloctoni e il substrato locale.»
 
Come, a suo avviso, l'archeologia può contribuire a colmare le lacune nella nostra comprensione del passato, specialmente quando si tratta di interazioni tra popolazioni antiche?
«Uno dei compiti principali dell’archeologia è quello di arrivare a costruire un racconto storico a partire dal dato materiale. Quest’ultimo può avere più livelli di lettura.
«L’archeologia spazia dallo studio del singolo reperto all’analisi di un contesto geografico mettendo in relazione tra loro i siti.
«Si possono ottenere in questo modo interpretazioni che possono toccare gli argomenti più vari: la vita quotidiana, i rituali funerari, l’organizzazione sociale di una comunità e i suoi rapporti con altri gruppi umani.
«In quest’ultimo caso fondamentale risulta lo studio tipologico dei reperti che permette di contestualizzarli e di metterli in relazione con altri cogliendo eventuali apporti esterni.
«Ovviamente tutto ciò potrà essere mappato cogliendo gli spostamenti non solo delle popolazioni ma anche di determinate conoscenze e aspetti culturali.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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