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L’uomo è davvero ciò che mangia? – Di Daniela Larentis

«Secondo alcuni i cibi naturali possiedono la più elevata attività fotonica; certo che se siamo ciò che mangiamo c’è da stare freschi…».

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«Mann ist, was er ißt» (che tradotto significa: «L’uomo è ciò che mangia») affermava nell’Ottocento il filosofo tedesco Ludwig Andreas Feuerbach, frase tratta dal titolo di un suo elaborato (egli scrisse «Il mistero del sacrificio, o l’uomo è ciò che mangia»), che sintetizza il pensiero secondo cui vi è una stretta connessione fra corpo e psiche. Egli dava molta importanza all’alimentazione, per lui tutt’altro che scollegata dal benessere psicologico delle persone: pensieri e cibo negli individui erano quindi strettamente connessi (secondo lui un popolo può migliorare migliorando la sua alimentazione).
Come dire che se si mangia bene si penserà meglio e si godrà anche di una salute migliore, potremmo aggiungere noi, affermando un’idea largamente condivisa dai medici e non solo.
 
Del resto, a tal proposito, fu Ippocrate a dichiarare «la tua medicina sia il cibo», tanto per dire che la correlazione fra alimentazione e salute, fra malattie ed «errori alimentari», è un pensiero antico e consolidato.
Se noi siamo davvero ciò che mangiamo, allora «stiamo freschi», verrebbe da dire, visto che quasi tutto ciò che ingurgitiamo è manipolato, almeno in parte. Pensiamo a ciò che mettiamo sotto i denti tutti i giorni: quanto di quello che mangiamo è davvero naturale al 100%?
 
C’ è un libro che parla di alimentazione di Alberto Fostini intitolato «Vivere semplice secondo natura» (ed. Reverdito), nel quale è spiegato molto bene come capire l’importanza dell’alimentazione e di quanta confusione ruoti attorno a questo argomento.
Ecco cosa si legge nell’VIII capitolo a pag 49.
«Sul tema alimentazione, ieri come oggi è stato detto e scritto molto; nonostante ciò regna confusione e insicurezza. Nel corso dei millenni le popolazioni del mondo hanno sviluppato una pluralità immensa di tradizioni alimentari, ognuna con la propria filosofia e con la pretesa di essere la più sana...»
Ma cosa è sicuramente sano? E’ questo il punto. Che importanza diamo, inoltre, a ciò che mangiamo?
 
Per quanto riguarda le teorie nutrizionali, oggi ne esistono moltissime. Seguire un’alimentazione il più naturale possibile, può aiutare a vivere davvero meglio, così come cibarsi di più alimenti in maniera equilibrata.
Ci sono tuttavia degli alimenti che sono sempre presenti sulla nostra tavola, come per esempio il pane, e che sono difficilmente eliminabili (troppo buoni per rinunciarvi, anche quando si è a dieta).
 
Con rammarico leggo che quello fresco non fa molto bene, un duro colpo “da digerire”; ecco cosa sta scritto a pag. 81.
«Il pane fresco non è adatto a un organismo indebolito, perché crea problemi digestivi. Anche per le persone sane non deve costituire la base alimentare. Mangiamo il pane fresco con parsimonia, scegliendo quello fatto naturalmente, senza additivi, senza strutto, a lunga lievitazione e ben cotto».
E ancora «nelle colture contadine del passato il pane era consumato prevalentemente raffermo, secco o cotto per la preparazione di altre pietanze poiché costituiva una sorta di riserva alimentare subito disponibile; utilizzato in questo modo il pane diventa un alimento eccellente».
 
A proposito di pane, a pag. 63 è riportato che «la frase “l’uomo non vive di solo pane” lascia presagire che nella natura siano presenti processi energetici diversi».
«Esiste, inoltre, un ulteriore fattore che non viene mai considerato, ma che è fondamentale: le cosiddette “macromolecole viventi” contenute in un’alimentazione naturale che ne garantiscono la vitalità».
«Per questo motivo i cibi naturali possiedono la più elevata attività fotonica (fotoni= particelle di luce)».
 
E ancora si legge sempre alla stessa pagina che «il fisico tedesco Dr. Popp fu in grado, per esempio, di dimostrare in modo eloquente la differenza tra alimenti provenienti da agricoltura convenzionale e quelli da agricoltura biologica.
Per mezzo del suo metodo di misurazione, determinò il grado dell’energia luminosa ceduta (biofotoni), così importanti per la vita umana e per la salute» e ancora sempre nella stessa pagina che «i biofotoni possono essere considerati parte dell’energia vitale che attraversa il nostro corpo.
L’energia luminosa, a suo tempo raccolta e immagazzinata negli alimenti di origine animale e vegetale, viene ceduta all’organismo umano al momento della loro ingestione…».
 
In fin dei conti, noi siamo davvero in qualche strano modo quello che mangiamo, certo, così improvvisamente avverto l’urgenza di aprire il frigo e fare un piccolo controllo della situazione, a caccia di qualche informazione in più sugli alimenti e, stando a quanto detto, su me stessa.
Aprendo l’anta non trovo fra i ripiani né salami né insaccati, ma mi precipito sull’incarto di una bistecca per verificarne la tracciabilità (che permette di ricostruire e seguire il percorso di un dato alimento).
Sull’etichetta individuo subito il tipo di carne e la provenienza: è una fetta di bovino adulto «ideale per la cottura ai ferri», il luogo di nascita, dove è ingrassato, dove è stato macellato e sezionato, il numero del lotto di produzione.
 
Comunque sia, se siamo quello che mangiamo io fra poco sarò quella bistecca e spero tanto che il bovino in questione sia vissuto bene e sia stato nutrito il più naturalmente possibile (sarà puerile, ma pensando a lui preferisco visualizzarlo nell’atto di ruminare libero fra verdi pascoli, anziché immaginarlo altrove), speriamo poi di ragionare meglio di adesso, una volta terminata la digestione.
Prima di abbandonare le ricerche decido però di provare con le patate. Inutile tentare di capire come siano state concimate le piante (l’informazione esisterà sicuramente, io non la vedo accecata come sono dalla fame, mi pare peraltro che in Europa sia vietato l’impiego di ormoni nella produzione agricola e zootecnica, severamente regolamentato quello di pesticidi e antibiotici, così come l’aggiunta di additivi negli alimenti e ciò non può che confortarmi).
Capisco che volendo è sempre possibile ora come ora risalire a informazioni un tempo negate al consumatore finale, tuttavia ritengo che sia meglio spostare l’attenzione verso qualcosa che mi possa sorprendere con la sua meraviglia, anziché perdermi dietro alle etichette; a proposito di patate mi viene in mente un dipinto in particolare, «I mangiatori di patate» (nell'immagine sotto il titolo), che si trova ad Amsterdam, nel museo dedicato al grande artista Vincent Van Gogh, un olio su tela che evidenzia la concretezza dell’uomo (in questo caso il celebre pittore esalta il lavoro dei contadini, di coloro che mangiano ciò che con le loro mani hanno faticosamente coltivato).
 
A proposito di cibi e di artisti, tutti avranno in mente le tavole a olio di Giuseppe Arcimboldo (immagini nel testo), il famoso pittore italiano del XVI secolo, i cui ritratti più noti («Le quattro stagioni», ma non solo) nascono principalmente dall’unione di ortaggi e frutta e allora viene da sorridere, il che allunga la vita, a prescindere da tutto il resto.
Certo, perché anche ridere fa bene alla salute, tanto quanto un bel piatto di insalata!
 
Daniela Larentis
d.larentis@ladigetto.it

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