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«Gli incontri del giovedì»: 3 novembre 2016 – Di Daniela Larentis

Associazione Castelli del Trentino – Con lo storico Mirko Saltori nella Sala Civica di Mezzolombardo si parlerà di percorsi irredentisti trentini

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Cartina politica dell’Impero Austro Ungarico.
 
Il ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino, denominato «Gli incontri del giovedì», organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prosegue con l’appuntamento di giovedì prossimo, presso la Sala Civica di Mezzolombardo, Corso del Popolo 17.
Il 3 novembre alle 20.30 si parlerà infatti di «Percorsi irredentisti trentini, non solo Cesare Battisti» – questo il titolo della conferenza - con lo storico Mirko Saltori.
 
Nato a Trento nel 1975, laureato in lettere moderne, ha poi conseguito il diploma di archivista.
Ha collaborato (e in parte collabora tutt’ora) come ordinatore d’archivi con l’Archivio provinciale di Trento e con il Museo storico italiano della guerra di Rovereto.
Dal 2012 è ricercatore e archivista presso la Fondazione Museo storico del Trentino.
Dal 2007 è membro del Consiglio direttivo della Società di studi trentini di scienze storiche, di cui è vicepresidente dal 2013.
Dal 2015 è socio della Accademia roveretana degli Agiati.
Gli interessi principali ruotano attorno alla storia politico-sociale del Trentino nel contesto della fine dell’Impero austriaco: in particolare, alla storia del socialismo trentino, a cui si collega l’interesse per il socialismo italiano d’Austria nel suo complesso (e quindi anche adriatico) e per alcuni esiti del socialismo dentro l’antifascismo trentino.
Con Paola Antolini ha curato per il Museo storico una ricerca sui caratteri del fascismo trentino che è in parte alla base della conferenza.
Con Fabrizio Rasera sta curando per il Museo l’edizione degli scritti e delle lettere di Cesare Battisti.
Abbiamo avuto il privilegio di porgergli alcune domande.
 

Cartina fisica dell’impero Austro Ungarico.
 
Quali saranno i punti inerenti alle vicende dell’irredentismo che verranno toccati nell’incontro di giovedì 3 novembre?
«La conferenza toccherà alcuni punti inerenti alle vicende dell’irredentismo trentino: vicende che hanno goduto in passato di una grande fortuna storiografica, nel periodo dell’esaltazione dell’italianità del territorio (anche con ottimi risultati, intendiamoci) o, per dirla con Emanuele Curzel, del destino italiano della regione, ma che hanno in seguito suscitato l’interesse di non moltissimi storici.
«Così i nomi da richiamare sono sempre quelli; dall’antico (ma interessante) Augusto Sandonà, ai lavori più recenti di Maria Garbari e di Umberto Corsini, il quale ultimo ha portato – potremmo dire – il contributo più importante alla definizione dei termini del problema.
«Innanzitutto ci saranno alcuni chiarimenti diciamo così teorici: l’autonomismo ottocentesco, con punte anche antitirolesi, non è per forza irredentismo; sappiamo che di irredentismo si potrebbe a rigore parlare solo dopo la formazione dello Stato italiano, quindi anche i movimenti per così dire eversivi precedenti, il filo-italianismo precedente (Italia qui come nazione culturale, come Stato da costruire) non sarebbero propriamente irredentismo.
«Quindi, la definizione della questione nazionale, che non viene a risolversi tutta e solo nell’irredentismo: da questo punto di vista la cosiddetta coscienza nazionale positiva dei cattolici rappresenta un interessante punto di osservazione.
«Ma, pur accennando a qualche punto di storia ottocentesca, punteremo sul periodo della fine ’800 – inizio ’900, quando un certo irredentismo si fa largo in alcuni settori della popolazione, a vari livelli e di vario grado. Beninteso, sarà sempre, quello trentino, un irredentismo povero, poco combattivo, sovrastimato anche dalle forze di polizia.
«E va a inserirsi – cosa che andrà ben toccata – dentro un contesto come quello austro-ungarico da un parte (con il peso sempre maggiore delle questioni nazionali e degli irredentismi, di nazionalità ben più rappresentate degli esiguissimi italiani, a quel punto – dopo la perdita del Lombardo-Veneto – ridotti ai trentini, goriziani, triestini e istriani, più i pochissimi dalmati e i fiumani), e quello italiano dall’altra (in cui un irredentismo spesso focoso invece si veniva sviluppando).
«È il periodo della politica di massa, quindi oltre ai cattolici a cui abbiamo accennato si dovrà per forza toccare anche l’altro grande partito in ascesa, quello socialista: e soprattutto, il suo rapporto con l’irredentismo, bestia nera del socialismo, ma in realtà poi sposato nella sua incarnazione più estrema (l’interventismo) dai due leader del partito, Battisti e Piscel.
«Ed è il periodo in cui un pangermanesimo aggressivo, che in parte giustifica e in parte crea un contrario irredentismo, si fa in Tirolo (Tirolo che non è comunque uniforme, dove vige una dialettica politica interessante) sempre più virulento.
«Il nodo importante dell’irredentismo che si tramuta in interventismo - e quindi entra nella guerra, come volontarismo - è importantissimo. E così, a chiudere, l’atteggiamento di fronte al fascismo: la trasmigrazione nel fascismo di una grande parte dell’irredentismo interventista, ma anche le significative opposizioni, pur sempre - ovvio - all’interno di una concezione di intangibilità ideale della patria italiana.
«Tutto ciò non verrà trattato compiutamente: è ovviamente impensabile, sia per ragioni di tempo, che di capacità e competenza.»
 

Mirko Saltori con Diego Leoni e Nicola Fontana.
 
Che cosa si intende precisamente con il termine «irredentismo»?
«Quello irredentista è un movimento nato - attenzione - in Italia (e non nei territori italiani d’Austria), è nato dopo la cessione del Veneto da parte dell’Austria e dopo la presa di Roma. Quindi negli anni Settanta dell’800.
«Quando cioè, come dice bene Maria Garbari, non è più possibile sperare in congiunture internazionali che permettano una modificazione dei confini, né in una volontà di guerra.
«Che poi il termine sia impropriamente passato ad identificare tutto il movimento nazionale trentino, in tutte le sue gradazioni, questo è un altro discorso, errato ma che terremo in conto.»
 
Fu un fenomeno che coinvolse tutti o solo parte della popolazione?
«I riflessi in Trentino dell’irredentismo vero e proprio furono ben tenui. Se allarghiamo il campo a tutto il movimento nazionale filoitaliano nel Trentino, si allarga anche il campo di coloro che, in varie gradazioni, ne fecero parte: certo non tutta la popolazione, e non direi neppure strati maggioritari.
«Però si potrebbe includere gran parte della popolazione dei centri urbani (anche minori, non solo Trento e Rovereto), una certa borghesia di valle, pochi grandi possidenti (i più di questi erano naturalmente filoaustriaci).
«Ma anche nelle valli le cose cambiano, dall’una all’altra valle: Fassa non è la Val del Chiese. Insomma, la situazione è differenziata socialmente, geograficamente e soprattutto cronologicamente: le cose cambiano col passare già di pochi anni.»
 
Tenente della II Compagnia di marcia del V Reggimento degli alpini, deputato socialista al Parlamento di Vienna e alla Dieta provinciale del Tirolo a Innsbruck: chi fu Cesare Battisti? Alcuni lo definirono «eroe», altri «traditore».
«Premetto che la serata non sarà incentrata sulla figura di Battisti. Sarà inevitabile però far riferimento più volte ad essa. Per un ricercatore storico non può esser stato né l’uno né l’altro. È una semplificazione e una volgarizzazione che serve solamente ad azzerare la complessità storica.
«Certo, fu traditore per la legge militare austriaca e come tale trattato e processato. Ma parlare in termini più ampi di tradimento è ridicolo: si dimentica che la gran parte degli stati nazionali nasce per causa di tradimenti o eroismi: dipende da che parte si guardi.
«Sono considerazioni così banali e poco produttive che portano davvero ad un avvilimento del dibattito pubblico.»
 
Una figura giudicata complessa e da taluni contradditoria: Cesare Battisti visse a cavallo tra due epoche, antimilitarista prima a Innsbruck, interventista convinto poi: come avvenne in estrema sintesi questo passaggio?
«Il passaggio, diciamo così, concreto è rapido: il 28 luglio c’è la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, già il 18 agosto Battisti passa – regolarmente – in Italia. E lì fa campagna per l’intervento italiano nella guerra, contro l’Austria (ch’era alleata).
«Ma va detto che già da inizio 1913 egli collaborava con l’Esercito Italiano alla stesura di guide geografico-militari: ora si è voluto anche retrodatare questa collaborazione (cercando di genetizzare quasi il suo tradimento), ma le fonti utilizzate a tal fine non sono secondo me attendibili; lo è invece chi parla del 1913, cioè Tullio Marchetti.
«Ma comunque il problema di una contraddizione, evidentemente, si pone lo stesso: contraddizione tra, appunto, il socialista antimilitarista e il collaboratore di un esercito.
«Ma Battisti era da tempo disilluso rispetto alle possibilità riformatrici in senso democratico-federalista dello stato austriaco, e anche della possibilità di incidere della socialdemocrazia. Un suo parziale riavvicinamento ad alcune istanze irredentiste si può datare già dal 1904-1905.»


Una rara e importante immagine dell’espulsione di Mussolini dal Trentino (e quindi dall'Austria), a Peri nel settembre 1909, salutato dai compagni: Mussolini è quello centrale col cappello, sopra di lui, con il basco, è Cesare Berti.

Venne catturato il 10 luglio 1916 sul Monte Corno: su di lui pare pendesse una taglia di 20.000 corone. Cosa ci può raccontare del periodo che ha preceduto la sua cattura?
«La questione della taglia dev’essere un falso, che se non erro fu anche ufficialmente smentita al tempo. Vi fu invece, da parte austriaca, nel periodo 1914-15, il tentativo di istruire un processo per truffa per ottenere l’estradizione dall’Italia.
«Be’, il periodo precedente (se intendiamo il biennio 1914-16) è distinto in un primo momento, quello della neutralità italiana, contrassegnato dall’attività propagandistica che Battisti compie per tutta la penisola, soprattutto mediante comizi, ma anche con articoli; e in un secondo momento, quello successivo all’entrata in guerra dell’Italia, che vede Battisti arruolato, e lo vede nell’estate del 1915 nel Montozzo-Tonale, in ottobre allievo sciatore in Adamello, a fine anno nel Baldo-Altissimo, quindi nei primi mesi del 1916 a Verona collaboratore dell’Ufficio Informazioni del Comando della I Armata, da giugno - infine - ancora operativo nella zona del Pasubio.
«Se si parla invece dei momenti immediatamente precedenti la cattura, su di essi sono fiorite vere e proprie leggende, soprattutto leggende nere (così furono definite da Leoni e Zadra), ossia negative, con decine di versione tutte un po’ difformi (Battisti che scappa, Battisti che spara, Battisti impazzito, Battisti abbattuto); di fatto di questi momenti non sapremo mai nulla, e la cosa non è che tolga chissà cosa alla conoscenza storica, sinceramente.»
 
Lungo il percorso che dal Monte Corno conduce a Trento, Battisti passò dal paese di Aldeno, dove aveva sede il Comando dell’XI Corpo d’Armata austriaco; la folla, raccolta lungo la strada, lo denigrò e lo prese a sassate. Perché la gente era infuriata contro di lui, ritenendolo responsabile delle restrizioni e delle sofferenze subite?
«Questo successe certamente. Successe in parte anche a Trento, dove però le fotografie mostrano anche reazioni diverse e contrarie, di gente quasi disperata: ed è ad esempio la reazione che ci racconta nel proprio diario Anna Menestrina, peraltro militante cattolica.
«Le leggende che anche ora circolano sul web, dove tutti sono esperti e tutti sono storici, raccontano anche di insulti che contro Battisti avrebbero lanciato il padre e a volte anche la madre: il primo morto, ricordo, nel 1890, la seconda nel 1914 (!!).

Guido Larcher.

«Certo è che la folla della città di Trento, città abitata allora soprattutto da militari austriaci – ovviamente, - essendo gli abili al fronte ed essendo stata la città in gran parte evacuata, venne artatamente e anche forzatamente aizzata dal Commissario di polizia Muck: che proclamò anche una sorta di festa con chiusura dei negozi.
«Su questo punto abbiamo documentazione delle autorità austriache, che procedono per via disciplinare contro il Muck: non era infatti ammissibile, per la legge austriaca e per le autorità militari, che un prigioniero che doveva essere sottoposto a processo, sia pure per alto tradimento, venisse sottoposto ad una gogna che era illegale.»
 
Il 12 luglio 1916 Cesare Battisti venne impiccato, dopo essere stato condannato per tradimento a Trento al termine di un processo sbrigativo. Una data che segna la nascita di una leggenda che esalta il sacrifico eroico in nome della patria. Che riflessioni si potrebbero fare ora sul processo di creazione di questo mito?
«Questa domanda è troppo complessa, richiederebbe una risposta lunga e ci porterebbe fuori tema. Dico solo che non fu uno, ma furono molti i miti che da quella data presero vita: il Battisti dei fascisti, il Battisti della vedova e dei devoti, il Battisti antifascista e poi della Resistenza, il Battisti socialista democratico contro tutte le dittature, persino il Battisti salornista dei Sudtirolesi di lingua tedesca.
«E anche l’antimito degli Schützen, il Battisti traditore, eroe negativo, responsabile di tutto il male che il Trentino ha dovuto subire nella storia (posizione ovviamente puerile: come dice Fabrizio Rasera, Battisti non influì minimamente nella decisione presa dal governo italiano di entrare in guerra), anche questo Battisti, dicevo, prende le mosse da lì.
«Questi aspetti sono stati analizzati in un recente saggio di Quinto Antonelli, contenuto nel DVD La vita e oltre. Cesare Battisti 1875-2016 pubblicato dalla Associazione Culturale Mosaico, che contiene un profilo di Battisti a più mani.»

Alfredo Degasperi.

Quali figure, oltre a Cesare Battisti, verranno ricordate nella serata di giovedì 3 novembre?
«Si vorrà provare ad attraversare i principali nodi storiografici attraverso alcuni percorsi biografici, che vengono a intrecciarsi, sovrapporsi, magari a scontrarsi.
«Certo, ci saranno ovvi richiami alla traiettoria di Battisti. Ma saranno al centro dell’attenzione altre figure, a loro modo estreme, poi fascistissime, ed entrambe di derivazione non nazional-liberale, come il già cattolico-vociano Alfredo Degasperi e il socialista sindacalista Cesare Berti, quest’ultimo proprio di Mezzolombardo.
«Qualche accenno si farà a protagonisti di derivazione, appunto, nazional-liberale come Italo Lunelli e il vecchio Guido Larcher, anch’essi poi (più che mai) protagonisti del fascismo trentino. Ma anche a figure che al fascismo rimasero estranee del tutto, come il patriota liberale Antonio Stefenelli (messo al bando per il suo intransigente salornismo, in opposizione al confine al Brennero) e come il socialista Augusto Avancini, internazionalista (ma già comunque protagonista di lotte per l’autonomia e l’Univeristà italiana); o a figure di più complessa collocazione, come il cattolico Enrico Conci, già deputato, tra l’altro, per la circoscrizione elettorale che comprendeva anche Mezzolombardo.
«L’attenzione per le biografie, con la lettura di documenti originali, consentirà di cogliere la complessità non solo dei percorsi singoli, ma anche di tutto un mondo politico-sociale e di un contesto, contesto difficile, insidioso, tragico: che non deve permetterci di tagliare la storia con l’accetta.»
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it
 
Lo storico Mirko Saltori.

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