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«Gli incontri del giovedì»: 23 febbraio 2017 – Di Daniela Larentis

Con il ricercatore Alessandro Zen, a Mezzolombardo si parlerà di elaborazione dati archeologici con metodologia 3D, «il caso de La Vela»

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Alessandro Zen.
 
Il ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato «Gli incontri del giovedì», organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prosegue con l’appuntamento del 23 febbraio 2017.
Durante l’incontro, che si terrà come sempre alle 20.30 presso la Sala Civica di Mezzolombardo, Corso del Popolo 17, Alessandro Zen, ricercatore del Muse parlerà di elaborazione di dati archeologici con metodologia 3D, illustrando il caso studio de La Vela.
Alessandro Zen ha conseguito una Laurea Magistrale in Conservazione e Gestione dei Beni Culturali, percorso archeologico, presso l’Università degli Studi di Trento.
La tesi in Tecniche informatiche applicate all’archeologia (in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento) ha vinto un premio di laurea per la sua rilevanza culturale per il territorio assegnatole dall’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni architettonici e archeologici di Trento.
In attesa dell’incontro di giovedì prossimo, abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 

Il filmato in 3D del sito archeologico della Vela (Trento).
 
Quali sono le tecnologie 3D attualmente utilizzate nel settore archeologico?
«Oggigiorno le tecnologie 3D più utilizzate nel settore archeologico sono la fotogrammetria e il laser scanner a triangolazione o a tempo di volo.
«Tuttavia queste non vengono sempre utilizzate per un’indagine archeologica o durante uno scavo, in quanto le informazioni 2D vengono ritenute più che sufficienti per una corretta documentazione e interpretazione del sito in esame.
«Le attrezzature e i software per il 3D hanno un costo non sempre sostenibile e, non per ultimo, da parte di un utente medio rimane una certa difficoltà nel produrre modelli tridimensionali accurati.»
 
Ci potrebbe evidenziare le differenze delle varie tecniche, sottolineandone brevemente i vantaggi e gli svantaggi?
«La fotogrammetria è una scienza che permette di ottenere una misura accurata delle caratteristiche geometriche di un oggetto, come dimensioni, forma e posizione, attraverso l'impiego congiunto di fotografie che lo ritraggono da posizioni differenti; dopo aver scattato le fotografie, inizia la fase di restituzione dell'oggetto mediante misure manuali, semi automatiche o automatiche di punti omologhi tra le immagini.
«Utilizzando equazioni di collinearità, le corrispondenze tra le immagini vengono trasformate in coordinate 3D sotto forma di nuvole di punti. La fotogrammetria presenta ancora delle problematiche, quali la restituzione di aree senza tessitura ed elementi ripetuti. 
Le fotografie vengono inoltre condizionate dagli oggetti in movimento (ombre comprese), il meteo, la luce e la qualità della macchina fotografica.

Vaso Serra d'Alto.

«I sensori detti attivi come i laser scanner, invece, sono gli unici che permettono di individuare la geometria di una superficie in modo totalmente automatico.  
«Il laser scanner basato sul principio della triangolazione è uno strumento non invasivo che riesce a ottenere una nuvola digitale di punti tramite la proiezione di una luce laser sull’oggetto e l’acquisizione della posizione nello spazio del punto luminoso proiettato da parte di un sensore di ripresa.
«Purtroppo, il laser scanner è uno strumento di difficile portabilità e dal costo elevato; occorre inoltre una lunga elaborazione delle informazioni acquisite: si stima, infatti, che per un giorno di lavoro sul campo ne servano sette di lavoro al pc.» 


Tour virtuale tombe etrusche.
 
Come possono essere impiegate tali tecnologie per esempio in campo museale?
«Le metodologie 3D hanno il potere di preservare e diffondere informazioni, garantendo la conservazione dei beni culturali e dando la possibilità agli utenti di visitare virtualmente luoghi altrimenti inaccessibili.
«Con i software interattivi di realtà virtuale e realtà aumentata, infatti, è possibile analizzare reperti e siti un numero infinito di volte, salvaguardandone l’integrità.
«Generalmente l’esplorazione di scenari digitali produce curiosità e divertimento, invogliando il fruitore ad avventurarsi e apprendere, in linea con il moderno concetto di edutainment, neologismo che incrocia le parole Education (educazione) e Entertainment (divertimento).
«Le metodologie 3D possono contribuire a consapevolizzare il pubblico verso la conservazione, la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale e possono imprimere una forte spinta al turismo reale.»

Tomba con corredo.

In particolare qual è la loro utilità nell’ambito dei beni culturali?
«La realizzazione di un modello tridimensionale presenta numerose possibilità di applicazione nel campo dei beni culturali. I modelli virtuali riescono a combinare, infatti, informazioni metriche ad alta precisione con la descrizione fotografica dell’oggetto, partendo dalla scansione di elementi reali e riproducendoli fedelmente; la loro creazione permette anche di analizzare e documentare in itinere il sito archeologico in maniera dettagliata, obiettiva e non invasiva, realizzando vari modelli per ogni Unità Stratigrafica.
«Si può inoltre osservare il livello di degrado superficiale di eventuali strutture architettoniche e pianificare un intervento di restauro al fine di valutarne in anticipo l’impatto.
«Il modello 3D può essere musealizzato per una divulgazione culturale senza rischi di degrado o pericolo per il reperto o la struttura, consentendo così una facile ed economica diffusione a livello globale.
«Soprattutto per quanto riguarda i complessi architettonici, sono in corso delle ricerche per realizzare dei modelli 3D in cui sia possibile segmentare le geometrie tridimensionali, nominarle con i relativi vocaboli (es. capitello, trabeazione, architrave, ecc.) e associarle a informazioni estratte da un database.
«Questa classificazione semantica permette di raccogliere i diversi dati in un unico modello e studiarne più facilmente il contesto. Il modello consente di capire le relazioni spaziali tra i vari elementi e, essendo interattivo, può essere interrogato.
«È inoltre una valida documentazione nel caso in cui il sito, la struttura o il reperto originali vadano distrutti o dispersi e dà l’opportunità di effettuare nuove analisi e interpretazioni.»
 

Tomba con corredo.
 
Per quanto riguarda l’elaborazione di dati archeologici con metodologia 3D della necropoli neolitica de La Vela, tema della serata di giovedì 23 febbraio, ci potrebbe anticipare qualche informazione?
«Durante la serata di giovedì 23 febbraio verrà presentato il mio lavoro di tesi di laurea magistrale, ampliato e aggiornato per l’occasione, il quale si propone di valutare le potenzialità e i limiti delle moderne metodologie 3D riguardo a dati d'archivio archeologici, prendendo come caso studio il settore VII del sito preistorico de La Vela (località di Trento), scavato e documentato nella campagna biennale del 1987/88.
Durante gli scavi, il sito è stato infatti documentato con gli strumenti dell’epoca e interamente asportato per lasciare spazio alla costruzione di un edificio.»
 
Da un punto di vista metodologico come si è svolto lo studio e a quali risultati è giunto?
«La tecnica della fotogrammetria è stata utilizzata con tutte le immagini che ritraevano le 7 sepolture del settore in esame. Di queste, sono stati realizzati dei modelli tridimensionali solamente di 3 sepolture.
«Per le rimanenti non sono stati ottenuti dei risultati accettabili a causa della mancanza di un numero sufficiente di fotografie: in questi casi si è ricorso alla simulazione della struttura tombale mediante un software di computer grafica, utilizzando i disegni, le planimetrie e le quote di scavo.
«I reperti archeologici appartenenti al corredo funerario, invece, sono stati scansionati con un laser scanner a triangolazione e riprodotti fedelmente in tre dimensioni.»
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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