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Enrico Finazzer, omaggio alle Penne Nere – Di Daniela Larentis

È autore di diverse interessanti pubblicazioni dedicate alla storia militare – L’intervista (Prima parte)

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Siamo nel bel mezzo delle celebrazioni relative al centenario della Prima Guerra Mondiale, un conflitto planetario che vide coinvolta anche la popolazione civile.
Pensare ai grandi sacrifici e ai risultati conseguiti dagli alpini ci tocca emotivamente, il ricordo della Grande guerra, come è stata battezzata, combattuta per lo più sui monti, è scolpito nell’immaginario collettivo nazionale.
Enrico Finazzer, attraverso diverse pubblicazioni, rende omaggio a tutte le Penne Nere che, come lui stesso sottolinea, «si batterono con coraggio e dedizione, superando difficoltà inimmaginabili».
 
È dell’autore anche uno studio approfondito dei mezzi usati dai reparti speciali del Regio Esercito, da alcune formazioni della Repubblica Sociale, nonché dalle truppe tedesche nelle fasi finali di un altro conflitto planetario, la Seconda Guerra Mondiale, tutt’ora poco studiati: le camionette AS 42 e AS 43, «progettate – spiega – allo scopo di fornire un supporto agile, veloce e nello stesso tempo potentemente armato, atto ad azioni in profondità dietro le linee nemiche nel teatro di guerra sahariano».
 
L’innovazione tecnologica ha permesso ai nostri giorni una revisione delle strategie militari, siamo entrati da tempo nella cosiddetta era dei droni (aeromobili a pilotaggio remoto), presentati come strumenti di una guerra definita «chirurgica», anche se il loro utilizzo non ha risparmiato certo finora vittime civili. Già nel 2013 l’allora presidente Obama era intervenuto pubblicamente sul tema.
Proprio per questo, a distanza da quei fatti, può essere oggi ancora più interessante indagare il variegato mondo dei reparti motorizzati di quel periodo, dando testimonianza di quello che fu lo sviluppo di alcuni veicoli utilizzati durante la Seconda Guerra Mondiale di cui moltissimi ignorano l’esistenza.
 
Un’osservazione, prima di passare all’intervista: chi è nato dopo gli anni Novanta, dopo, cioè, la nascita dell’Unione Europea nel 1992 con il Trattato di Maastricht, avrà forse più difficoltà a capire la portata del cambiamento epocale avvenuto in Europa, un cambiamento che ha coinvolto gli stati che fino a non molto tempo fa si erano combattuti.
L’integrazione europea è uno dei processi più studiati al mondo, proprio perché è il primo esperimento di condivisione della sovranità nazionale su base volontaria e pacifica.
 

Alpini stesi nella neve con una mitragliatrice austro-ungarica di preda bellica.
Da «Dossier alpini 1915-1918», Storia Militare Edizioni 2017.
 
Due parole su Enrico Finazzer, nato a Trento dove oggi vive e lavora. Dopo la maturità classica e la laurea in Giurisprudenza si trasferisce qualche anno in Belgio, dove consegue il diploma di studi postuniversitari presso il Collège d’Europe di Bruges e lavora qualche tempo presso la Commissione Europea, prima di impiegarsi in banca e girare diverse sedi italiane e la sede di Londra. Rientra a Trento nel 2004.
Da sempre appassionato di storia militare e assiduo lettore di testi e trattati sulla materia, da qualche anno ha incominciato a pubblicare propri lavori, da solo o in collaborazione con altri autori.

Al suo primo volume, una rapida guida alle artiglierie utilizzate dal Regio Esercito nella II Guerra Mondiale, successivamente ampliato e pubblicato in lingua inglese con Ralph Riccio, è seguito uno studio sulle camionette AS42 ed AS43, scritto a quattro mani con Luigi Carretta e anch’esso riproposto in inglese. Ultimo nato è il lavoro dedicato alle gesta degli alpini durante la Grande Guerra, uscito il 1° marzo di quest’anno come allegato alla rivista Storia Militare, con cui collabora da tempo attraverso vari contributi e apprezzati articoli. Quando non legge o scrive, Enrico Finazzer collabora con il Museo Nazionale Storico degli Alpini del Dos Trento come segretario dell’associazione e guida ed è socio del Museo Storico della Guerra di Rovereto. Collabora altresì con il Gruppo Modellistico Trentino di Studio e Ricerca Storica.
 

Reparto di alpini sciatori sull’Adamello - Da «Dossier alpini 1915-1918», Storia Militare Edizioni 2017.
 
L’ultima sua pubblicazione, dal titolo Alpini – 1915-1918, il Dossier n. 30 della rivista mensile «Storia Militare», è un interessante ed esaustivo volume collegato alle celebrazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale. A che pubblico si rivolge?
«La pubblicazione nasce dall’esigenza di dedicare uno specifico lavoro ad un argomento di grande interesse e si rivolge non solo agli appassionati di storia in generale, ma a tutti coloro che, incuriositi, decidono di approfondire le tematiche che ruotano attorno alla Prima Guerra Mondiale, in particolare all’impiego dei battaglioni alpini dal 1915 al 1918 e ai luoghi che furono teatro delle loro gesta.
«Un dossier molto impegnativo che ha comportato più di un anno di lavoro. Fino ad ora ho ricevuto diverse attestazioni di stima, è una pubblicazione che sta ottenendo un crescente e gratificante consenso di pubblico, che sta avendo un’ampia diffusione.»
 
Del vasto argomento che riguarda la storia degli Alpini, cosa ha attirato maggiormente la sua attenzione?
«L’argomento come si può ben capire è sterminato, quindi ho cercato di estrapolare dalla vasta storia degli Alpini nella Prima Guerra Mondiale alcuni episodi in particolare che ho ritenuto più significativi e che mi interessavano personalmente, collegandoli fra loro.
«Quello che ho indagato in maniera specifica della storia degli Alpini sono quelle azioni organizzate e portate a termine, sia quelle andate a buon fine che quelle anche fallite naturalmente, da piccoli gruppi di uomini, specialmente addestrati per quelle determinate tipologie di azioni.
«Quando si pensa alla Prima Guerra Mondiale si pensa di solito ai grandi assalti frontali, alle battaglie a colpi di divisioni, tuttavia sul fronte trentino, meno interessato alle azioni belliche, in quanto la vera guerra si consumava soprattutto sul fronte est, sul Carso e sull’Isonzo, ci sono state tutta una serie di azioni belliche portate avanti da relativamente piccoli gruppi, a livello magari di compagnia o al massimo di battaglione o anche più piccoli, gruppi di 20-30 uomini, che con uno speciale addestramento riuscivano a conquistare posizioni austroungariche.»
 
Nella pubblicazione si parla della «Guerra bianca» combattuta sull’Adamello.
«L’argomento della battaglia sull’Adamello in questa pubblicazione è stato sviscerato dal punto di vista degli Alpini, poi l’ho sviscerato dal punto di vista dell’artiglieria.
«Nella primavera del 1916 è stata portata avanti un’azione contro diverse vette oltre i 3.000 metri dell’Adamello con, complessivamente, quattro o cinque pezzi di artiglieria e tre battaglioni alpini. Si è trattato quindi di poche centinaia di uomini che hanno portato avanti delle azioni veramente incredibili.
«Particolare attenzione è stata dedicata anche ad altri episodi significativi: pensiamo alla conquista del Monte Nero, una delle prime della guerra e delle più clamorose, la cui azione culminante è stata portata a termine da una trentina di alpini.
«La conquista del Passo della Sentinella, altro esempio, è stata portata a termine, a sua volta, da un pugno di uomini che hanno passato tutto l’inverno a tracciare una via di aggiramento del passo, stando quindi a 3000 metri tutto l’inverno a lavorare solo di notte, al freddo e al gelo, perché di giorno avrebbero rischiato di essere visti.»
 

Osservatorio sul Cauriol – Da «Dossier alpini 1915-1918», Storia Militare Edizioni 2017.
 
Ma di che numeri stiamo parlando, potrebbe dirci da quanti uomini era composto un battaglione e da quanti un reggimento?
«Per capirci, a quel tempo un battaglione era formato da nemmeno 1000 uomini, ricordiamo che 3 battaglioni fanno un reggimento, due reggimenti fanno una brigata, due brigate fanno una divisione e due o tre divisioni fanno un corpo d’armata.
«La situazione poteva naturalmente variare in funzione della zona e delle circostanze. Nel caso degli alpini, poi, il reggimento era denominato gruppo e la brigata raggruppamento
 
Nella pubblicazione sono indagate anche altre storiche battaglie, come per esempio la Battaglia dell’Ortigara.
«Non ho, naturalmente, potuto esimermi dal trattare anche storiche battaglie come le due battaglie dell’Ortigara, la prima combattuta nel 1916 e la seconda, più celebre, che normalmente viene ricordata come la Battaglia del monte Ortigara del 1917, importante nella storia della specialità alpina, in quanto sull’Ortigara combatterono solo battaglioni alpini.»
 
C’è qualcuno in particolare, fra i vari protagonisti del mondo militare meno conosciuti che lei descrive, che più ha colpito la sua attenzione e perché?
«Mi ha colpito in particolare la storia dei fratelli Calvi. Nella storia della Grande Guerra e nella storia degli alpini un posto di assoluto rilievo spetta alle figure di questi quattro fratelli bergamaschi, tutti arruolati volontari e tutti e quattro morti, due dei quali periti proprio sull’Adamello.
«La loro povera mamma è ritratta in una foto del dopoguerra con appuntate tutta una serie di medaglie che onorano e ricordano il sacrificio dei suoi figli.»
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it
(Fine della prima parte – Continua)

Copertina di «Alpini 1915-1918» - Edizioni Storia Militare 2017.
 

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