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«DANGELOMELODIES»: un libro, un tour, una mostra – Di Daniela Larentis

La mostra di Sergio Dangelo e Lome Lorenzo Menguzzato: da Milano approda a Loppio il 18 novembre 2017

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Approda a Forme d’Arte Loppio di Mori la mostra tour di Sergio Dangelo e Lome: l’inaugurazione sabato 18 novembre alle ore 18.00.
Molti gli inediti, tra sculture e dipinti in un dialogo costante con gli spazi non istituzionali messi a disposizione da Gabriele Zucchelli. Nell’occasione sarà presentato un prezioso libro/catalogo di 144 pagine a colori, con splendidi testi di Gianni Cuzzoni e Maurizio Scudiero.
Dangelo e Lome, due menti creative che si incontrano. Come sottolinea Maurizio Scudiero nella preziosa pubblicazione che accompagna l’evento, la mostra «non è costituita da una semplice addizione di opere dell’uno e dell’altro… così… a fronteggiarsi nelle sale… ma vede anche un consistente corpus di cose fatte dai due artisti, assieme, a due mani».
Lome, all’anagrafe Lorenzo Menguzzato, noto pittore e scultore trentino, ha fondato il Bosco dei Poeti ed è vincitore di importanti premi.
 
Diamo alcune sintetiche informazioni sull’inizio del suo ricco percorso artistico: nel 1982, in visita alla Biennale di Venezia conosce Emilio Vedova, che alla Scuola di San Giovanni Evangelista lo accompagna alla conoscenza dell’opera di Antoni Tàpies.
Nasce la decisione di una vita dedicata all’Arte. Del 1983 i corsi alla Scuola Internazionale di Grafica a Venezia, suo maestro è Riccardo Licata.
Dal 1984 è iscritto all’Accademia di Belle Arti a Venezia ed è ammesso alla 69° mostra della Fondazione Bevilacqua La Masa ed è tra i fondatori del movimento Futilista.
Tra il 1985 e 1986 lunghi soggiorni in Germania (Gottingen, Hamburg, Stuttgard, Berlin), dove s’interessa alla pittura dei Nuovi Selvaggi e all’opera di Aselm Kiefer e Joseph Beuys.
L’anno 1988 è un anno pieno di attività e spostamenti. Con Giulio Turcato fa una tesi/intervista, con la quale consegue il diploma dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Ad oggi sono più di 300 le mostre e gli eventi in Italia e all’estero a cui ha partecipato. I suoi lavori sono stati inseriti in importanti progetti architettonici.
 
Per quanto riguarda Sergio Dangelo, artista milanese di fama internazionale, nemmeno lui avrebbe bisogno di presentazioni, in quanto la sua fama lo precede: studia a Parigi, Bruxelles e Ginevra.
Viaggia in Europa giovanissimo e, nel 1948, a Zandvliet, fa atto di «surrealismo assoluto». Gli sono fari guida il padre Alberto, la cui biblioteca è ricca in letteratura «europea», André Breton, Charles Estienne, Théodore Koenig, Thelonious Monk, e i protagonisti del dopoguerra, i Cobra, i Vorticisti, gli informali.
Partecipa, negli anni Cinquanta, all’avventura del terzo convoglio surrealista. Da Ennio Tomiolo, suo maestro, apprende che la pittura non è «carriera né missione»; da Gianni Dova, Roberto Crippa e Cesare Peverelli il «muovere veloce della mano», da Max Ernst che «si può dipingere sognando».
È l’ideatore e l’animatore di «Arte Nucleare» movimento determinante per lo sviluppo dell’arte europea contemporanea.
 
La sua prima esposizione, con i celebri quadri «nucleari», è del 1951 nella prima Galleria San Fedele di Milano. Da allora sono numerose le mostre in galleria d’avanguardia (650 personali, 1.600 collettive) e gli inviti di Musei.
Parallelamente all’attività di pittore e scrittore, Sergio Dangelo realizza ceramiche a gran fuoco, oggetti (Hand-mades) dipinti su lamiera smaltata, litografie, acquaforti, illustrazioni per testi poetici, organizza esposizioni divulgative dell’idea surrealista.
Centocinquantasette sue opere sono in 43 musei dei cinque continenti.
 

 
Abbiamo incontrato Lome, al quale abbiamo avuto il piacere di porgere alcune domande.
«DANGELOMELODIES», un libro, un tour, una mostra: potrebbe a grandi linee spiegarci come è nata l’idea di questo evento e quali sono gli elementi che lo contraddistinguono?
«L'idea di DANGELOMELODIES, libro, mostra e tour, nasce dall'amicizia che si è sviluppata in questi ultimi quattro anni con Sergio Dangelo, maestro delle avanguardie storiche e fondatore con Enrico Baj del Movimento Nucleare (1951).
«Dangelo ha presentato in occasione della Giornata Mondiale della Poesia 21 marzo 2014 il deposito dei lavori originali del Bosco dei poeti ora presente al MART Museo d'Arte Contemporanea di Trento e Rovereto (1254 lavori).
«Ci siamo in seguito scambiati molte lettere e visti più volte. Lo stesso Dangelo mi ha proposto di fare una mostra assieme, è nata poi l'idea di sviluppare alcuni lavori a quattro mani, noi diciamo a due mani perché ci sembra più corretta questa espressione. Abbiamo poi pensato a un libro, non un vero e proprio catalogo, una specie di breviario del nostro lavoro. Il volume ha due copertine e due inizi: da una parte inizia Dangelo e dall'altra inizio io, in realtà non ha mai una fine.
«Il punto centrale del volume è costituito da due pagine che ritraggono l’opera di un amico comune, l’artista milanese Filippo Soddu, intitolata Appunti per una mostra - Ritratto parolibero asimultaneo di Dangelo e Lome - il quale ci ha reso omaggio realizzando delle tele informali, osservando le quali si potranno facilmente individuare i nostri nomi scomposti e ricomposti più volte: ha poi creato degli acrostici utilizzando le lettere che compongono il titolo dell’evento: DANGELOMELODIES.
«Spontaneamente, Dangelo ed io ci siamo resi conto che non si poteva esaurire il tutto in una mostra, in fondo cantanti e scrittori propongono più date per presentare al pubblico le loro realizzazioni; è nata così l'idea di un Tour dove ci siamo impegnati a pensare ad un allestimento sempre diverso, spaziando tra scultura, pittura e hand made.
«Ad ogni mostra cercheremo di far seguire degli eventi, dalla musica alla poesia alla performance. La mostra, il tour, il catalogo nascono quindi da quella necessità di relazione e complicità, sempre più indispensabile nel mondo dell'arte e non solo. Collezionisti, critici, allestitori e gli stessi visitatori sono un unicum, per questo il tour è nato sotto i migliori auspici.»
 
Ad impreziosire il tutto un esaustivo catalogo, peraltro esso stesso da considerarsi un’opera d’arte: come è strutturata in particolare la parte che la riguarda?
«Abbiamo realizzato o meglio stiamo realizzando, come ho detto, dei volumi/catalogo, libri/oggetto a due mani, ognuno dei quali è un pezzo unico, e in un’epoca come quella in cui viviamo, dove tutto è acquistabile on line e dove la molteplicità sembra la regola, non è cosa da poco.
«La parte che mi riguarda è strutturata nel seguente modo: inizialmente è stata inserita una testimonianza, la lettera originale in cui Dangelo il 1 dicembre 2016 mi scrisse di suo pugno di aver pensato di fare una mostra con me, esponendomi la sua idea attraverso parole e schizzi, spiegando il perché è importante realizzare lavori a più mani (alla lettera abbiamo poi affiancato un testo di Breton).
«Dangelo è un vero surrealista, ha partecipato alle attività del terzo convoglio surrealista, ha conosciuto personaggi come Breton, Duchamp, Max Ernst; i surrealisti si sono spesso messi in gioco, realizzando lavori a più mani, disegni come i famosi cadavres exquis. Alle volte può capitare che due persone che stanno lavorando su un concetto si incontrino e decidano di lavorare assieme dando vita a dei bei pensieri, a delle belle idee.
«Tornando al catalogo, ho voluto innanzitutto presentare il mio approccio con la scultura, presentando l’opera intitolata L’Amore è una meteora, realizzata in occasione di una mostra allestita a Bolzano, utilizzando una valigia regalatami da Sergio Dangelo, nella quale a suo tempo lui aveva riposto dei libri, dei manifesti ecc.; volevo creare qualcosa di bello e avevo bisogno di una cassa in cui inserire la scultura, mi venne così in mente l’idea di usare a tale scopo la valigia: la presi, la svuotai e la dipinsi sia internamente che esternamente.
«Gli scrissi poi una lettera dicendogli che a mio parere quell’opera era il primo pezzo a due mani realizzato insieme, pensiero da lui condiviso. In catalogo ho inserito varie sculture in ferro, come per esempio quelle a Rifugio Fuciade, inserendole in un contesto anche invernale, in un paesaggio innevato, molte altre sculture collocate in ambientazioni diverse, come quella in Francia, nei Castelli della Loira.
«Ho inserito una foto relativa a un lavoro che ho iniziato da tempo, ossia la realizzazione di etichette d’autore abbinate al vino Bosco dei Poeti, e le foto di lavori pubblici, come le sculture in ferro corten e resine colorate realizzate per la Scuola elementare di Cadine o l’opera realizzata per la Cassa Rurale di Levico, una grande vetrata in vetro fusione; sempre in vetrofusione un’opera realizzata per la Cappella di San Lorenzo, a Storo, o ancora opere realizzate per il Lido Palace Hotel a Riva del Garda, lavori realizzati per le Scuole Enaip di Villazzano ecc.
«Ho inserito anche alcuni progetti, come quello realizzato per l’Ospedale S. Maria del Carmine a Rovereto, un altro progetto intitolato Intervento Venezia pensato per Ezra Pound, ho inoltre inserito dei lavori realizzati in momenti particolari, dal titolo Poetry encylopedia visual, omaggi a poeti e a luoghi cari alla poesia.
«Poi, iniziano i disegni, i progetti, le carte a olio, dedicate a Pound e a un certo tipo di letteratura, poi degli stendardi di grande formato e infine le ultimissime tele realizzate ad olio.»
 

 
Lei preferisce l’olio all’acrilico?
«Assolutamente sì, a me piace l’olio. L’acrilico si asciuga subito, ha questo vantaggio, all’inizio è brillante, tuttavia nel tempo sembra talvolta perdere quel suo tono squillante, non necessita inoltre di grandi spazi per l’asciugatura. L’olio si asciuga più lentamente, potremmo dire che tiene in serbo la tradizione della pittura.»
 
La mostra è stata inaugurata innanzi a un folto pubblico martedì 24 ottobre 2017 presso la Galleria Scoglio di Quarto, a Milano. Cosa verrà proposto a Loppio il prossimo 18 novembre?
«Dopo l’inaugurazione presso la Galleria Scoglio di Quarto a Milano sono in programma per tre martedì degli incontri. Lo spazio di Forme d'Arte Loppio, dove la mostra approderà sabato 18 novembre, sarà una vera festa dell'Arte, con sculture a due mani ma anche con importanti lavori storici di Dangelo prestati da collezionisti amici.
«Un’ambientazione molto suggestiva e particolare: è uno spazio del gusto e dei gusti, nel senso che là ci sono formaggi, prosciutti, vini sublimi ecc, ciò che è molto interessante è la convivenza di un bene di prima necessità come il cibo e un bene spirituale come l’arte, un pensiero condiviso da Gabriele Zucchelli e dalla sua famiglia, che da tre anni mette a disposizione questo spazio (l’ultima mostra Forme d’arte era dedicata ad Andy Warhol).
«Per quanto riguarda il Tour Dangelomelodies, ad ogni appuntamento siamo soliti invitare un compagno comune di strada scegliendo fra i tanti amici; a Loppio verrà Jakob De Chirico da Monaco, farà una performance in omaggio a noi due, ci saranno poi dei musicisti del Conservatorio di Trento e dei musicisti di Vicenza, che suoneranno dei pezzi di musica classica e dei pezzi del celebre pianista e compositore americano Thelonious Monk, grande musicista jazz pluriconsacrato.
«È stata fatta questa scelta in quanto Sergio Dangelo aveva un carteggio, ora in deposito al Museo di Parigi, proprio con Thelonious Monk, sarà per lui quindi una piacevole sorpresa».
 
«DANGELOMELODIES»: come mai avete scelto questo termine che dà il titolo all’intero evento?
«Abbiamo scelto una parola curiosa, lunga, non solo un semplice accostamento dei nostri due nomi, ma un termine che fa anche riferimento alle melodie (spesso i miei quadri fanno riferimento alle melodie come pure le opere di Dangelo rimandano alla musica, al suono).
«È un termine che richiama l’idea di condivisione, un tema centrale per tutti e due, del resto molti dei titoli delle opere presentate rimandano a questo concetto. Sergio Dangelo è stato un po’ il trait d’union tra artisti degli anni ’60 come Fontana, Ettore Sottsass, era amico di Chet Baker, il grande jazzista, tanto per fare un nome.
«Lui ha sempre coltivato le amicizie, riconoscendo una sorta di necessità di relazione fra le persone, cosa che ho fatto anche io attraverso il Bosco dei poeti e attraverso le mie fughe nelle capitali europee cercando di conoscere degli artisti, scoprendo fra l’altro che spesso più sono noti e più ti accolgono benevolmente (colgo l’occasione per precisare che non giudico mai gli artisti, catalogandoli come di serie A, di serie B, di serie C).
«Da Sergio ho imparato anche a dare importanza ai segni, i quali possono suggerire l’opera: un numero di telefono, una parola che ricorre più volte nell’arco della stessa giornata, una chiamata improvvisa, una coincidenza.
«Lui quest’idea di condivisione la esprime anche attraverso omaggi a personaggi famosi come l’artista Piero Manzoni, tanto per fare un esempio, un modo per ricordarli e per renderli vivi, servendosi anche dell’ironia.»
 

 
Rispondendo in maniera molto sintetica, che messaggio vuole trasmettere attraverso le sue opere?
«Cerco sempre di lasciare spazio a una libera interpretazione, tuttavia rispondendo in maniera molto sintetica posso dire che, osservando i titoli dei miei lavori, si intuisce che essi rimandino a un’idea di serenità, di condivisione. Condivisione e relazione sono due delle parole fondamentali del mio personale vocabolario.
«Faccio un esempio pratico, io immagino che una persona che faccia ritorno a casa, dopo una giornata di intenso lavoro, abbia bisogno di rilassarsi, godendo della bellezza di un’opera d’arte, la quale possa rimandare a pensieri lontani dalla violenza che imperversa nel mondo reale che noi tutti conosciamo. Il quadro, a mio parere, più che dare delle risposte deve solleticare delle domande.
«Io la penso un po’ come Henri Matisse, il quale diceva che il quadro deve essere un po’ come una comoda poltrona, dove uno si siede, non capendo in realtà come mai sia così comoda, ma riuscendo a ogni modo a rilassarsi e a pensare.
«Una pittura, quindi, che non inquieta, ma che sia fonte di piacere, infondendo entusiasmo. Il quadro, a mio parere, più che dare delle risposte deve solleticare delle domande.»
 
Quando è nata la passione per l’arte?
«È nata fin da piccolissimo, in quanto i miei genitori ospitavano molti artisti a casa; Trento, contrariamente a quanto si possa pensare, era negli anni ’70 un crocevia dell’arte figurativa. Attraverso due gallerie, il Naviglio a Milano e il Cavallino a Venezia, artisti importanti, anche provenienti da molto lontano come dal Giappone, per esempio, si spostavano lungo l’asse Venezia-Trento-Milano. Posso dire di essere stato contaminato, come dico spesso l’arte è radioattiva in senso buono».
 
Potrebbe delineare le tappe principali della sua evoluzione artistica?
«Mi chiede della mia evoluzione, io preferisco dire rivoluzione. Sono entrato in Accademia a Venezia molto presto, a 17 anni, nell'Aula di Emilio Vedova e anche attraverso l'amicizia dell'indimenticato critico e compagno di strada che è Luigi Serravalli ho imparato che l'artista deve avere le antenne: filosofia, poesia, musica, politica.... tutto aiuta nella formazione e nell'azione.
«La curiosità rimane elemento indispensabile. Nelle foto che accompagnano i testi nel volume di Maurizio Scudiero e Gianni Cuzzoni ci sono molte foto di compagni di strada, da Umberto Eco a Francesco Conz, Luigi Ontani, Ben Vautier ecc…Si’, direi che la mia scuola sono stati gli incontri.»
 

 
Lei è il fondatore del Bosco dei poeti: potrebbe sinteticamente illustrarci il progetto?
«Il Bosco dei poeti, che si estende su di una superficie di 130 ettari, è sempre aperto al pubblico. Il progetto ha più di diciotto anni e raggruppa molti artisti lungo il percorso: se ne contano seicento per un totale di più di mille opere.
«Si apre con una preghiera incisa su pietra donata dal Papa Giovanni Paolo II Karol Wojtyla e un pensiero donato da Sua Serenità Altissima il Dalai Lama, affiancate da due grandi pietre realizzate dall’artista francese Ben Vautier.
«Lo potremmo definire, con i suoi 12 chilometri di comodi sentieri, un luogo per il corpo e per la mente. Si trova fisicamente a Dolce’, in provincia di Verona, al confine con il Trentino. Ospita tre aule per la didattica, vi è un ampio spazio dove vengono organizzate letture, mostre, concerti.
«Esistono, inoltre, tutta una serie dei progetti paralleli. Abbiamo aderito all’idea di fare dei gemellaggi, per esempio con il Botanikum di Monaco.
«In occasione dell’anno Internazionale delle Foreste 2011 è nato il progetto Pensieri al vento, stendardi su tela progettati da artisti di fama internazionale. La F.A.O. ci ha incaricati di organizzare la mostra Forest Magic Mountain, alla quale hanno aderito 365 artisti da tutto il mondo.
«A Trento, con l’organizzazione Trentino For Tibet, nata dalla costola di Italia For Tibet, abbiamo organizzato dapprima una raccolta fondi per acquistare dei vaccini da portare in luoghi come l’India e poi abbiamo pensato di realizzare qualcosa di importante, è nato così il progetto Prayer for peace, che prevede la realizzazione di preghiere disegnate da diversi artisti.
«Le opere che verranno inviate, tutte in bianco e nero, verranno poi stampate su fondo di cinque colori per formare idealmente la più lunga bandiera d’artista mai vista. Inizialmente le bandiere saranno esposte nel maggio 2018 al Bosco dei poeti, dove arriveranno per l’occasione molti monaci tibetani, e i disegni originali saranno conservati nell’archivio del Bosco dei poeti già presente al MART, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
«Lo striscione che ne verrà ricavato potrà essere poi esposto ad eventi dedicati, presso sedi internazionali e in spedizioni alpinistiche. Il bando è ancora aperto, è rivolto non solo agli artisti più noti, ma a quelli meno noti ma motivati, facendo appello al senso di responsabilità di ognuno.
«Parteciperanno anche delle scuole, in città gli Istituti d’arte di Rovereto e Trento e l’istituto Artigianelli di Trento, che realizzerà anche alcune bandiere. Siamo comunque a buon punto, a noi interessava poter contare sui lavori di artisti di un po’ tutto il mondo.»
 
Come è nata l’idea di dare vita al Bosco dei poeti?
«È nata per caso. Io e il critico Luigi Ceravalli, con il quale ho creato numerosissimi libri oggetto e viaggiato per il mondo, eravamo in Bosco, immersi nella riflessione di come poterlo utilizzare.
«Osservammo che non esistevano spazi dove poter leggere la poesia (poesia sono anche i disegni). Mi venne in mente di dare vita a un luogo dove la gente potesse passeggiare e al contempo assaporare la bellezza della poesia, creando delle nicchie che potessero custodire gli scritti di poeti non solo italiani, i lavori di pittori, di scultori, di designer.
«L’idea è piaciuta e hanno aderito subito 70 autori famosi.
«Ho voluto che anche sui social, in facebook, ma anche nel sito fossero visibili i lavori, dando la possibilità anche da casa, anche alle persone impossibilitate a recarsi fisicamente nel Bosco, di poterli vedere. Il Bosco è un luogo frequentato dalle associazioni, dalle scuole.
«Ho appena avuto proprio in questi giorni la richiesta da parte di un liceo umanistico che vorrebbe venire con due classi; alle presentazioni cerco di far venire sempre un poeta diverso che dia l’idea di come intenda lui la natura.
«Da piccolo leggevo le poesie, tuttavia i poeti mi apparivano allora come personaggi inafferrabili. Conoscere il poeta dal vivo è un’esperienza molto coinvolgente per i ragazzi e non solo.»
 

 
Fra gli innumerevoli riconoscimenti collezionati negli anni, nel 2005 vinse il «Premio Telecom Italia-Contagiare Bellezza», la cui giuria era presieduta da Umberto Eco (fra i giurati vi erano anche il noto critico d’arte Philippe Daverio e Ugo Volli, Ordinario di Filosofia del Linguaggio all’Università di Torino). Cosa ricorda di quell’esperienza?
«È stata un’esperienza bellissima. Tra l’altro ho appreso la notizia di aver vinto il premio Telecom alla vigilia di una delle giornate di festa organizzate in Bosco a maggio.
«Avevo appena messo a dimora la pietra che il Santo Padre Karol Wojtyla mi aveva concesso. Ero per strada quando mi telefonò la Telecom chiedendomi se ero a casa, pensai di primo acchito di non aver magari pagato la bolletta, di solito a ridosso degli eventi organizzati in Bosco ricevo e faccio moltissime telefonate e sono presissimo.
«Poi, la notizia: vincere una somma così importante è di per sé una bella notizia, ma l’emozione che si prova pensando di aver vinto un premio così prestigioso non ha prezzo, l’emozione soprattutto che si prova al pensiero che una propria idea abbia trovato ampio consenso e sia stata capita e apprezzata.
«Nel mio discorso, uno dei più importanti della mia vita, tenuto innanzi a un pubblico selezionatissimo sul palco della Statale di Milano, dissi con convinzione che il premio non era stato conferito a un’associazione, né a una singola persona, ma a una famiglia. Una famiglia italiana alla quale si sono aggiunti tutti gli artisti che hanno dato vita al Bosco dei poeti, sottolineando l’importanza del concetto della condivisione.»
 
Ci sono state anche amarezze nel corso di questi lunghi anni di grande soddisfazione?
«Sono usciti dei libri in Germania dedicati al Bosco dei poeti, sono anche state scritte delle tesi di laurea. Nonostante le grandi soddisfazioni, purtroppo c’è stata anche qualche amarezza.
«Noi siamo in Veneto, ai confini con il Trentino. Pur avendo avuto negli anni parecchi contatti con le istituzioni, non c’è mai stata la volontà di aiutarci (peraltro diverse sono state le richieste di organizzare manifestazioni).
«Lo sforzo economico per la manutenzione dell’intera struttura è sempre stato fatto dai miei famigliari, privatamente. Le spese che sosteniamo ogni anno per il semplice mantenimento sono considerevoli.
«Il Bosco dei poeti è un museo a cielo aperto, cadono gli alberi, piove a dirotto e occorre sistemare il sentiero ecc., non basta cambiare le lampadine o tinteggiare di tanto in tanto le pareti.
«Il Bosco dei poeti è stato menzionato non solo su testate locali e nazionali, sono usciti articoli anche su Vogue, tanto per fare solo un esempio.
«Abbiamo fatto tutto da soli, ma fino a quando potremo resistere? Chi ci aiuterà un indomani?»
 

 
«Nemo propheta in patria», come recita la famosa locuzione latina. Certo che, verrebbe da pensare, è un vero peccato che non si finanzino progetti interessanti e meritevoli come questo e si spendano, invece, soldi pubblici a palate per le assurdità più impensabili. Cosa direbbe a chi di dovere se avesse la possibilità di essere ascoltato?
«Venite, mettetevi gli scarponi, passeggiate nel Bosco, guardate, valutate.»
  
Il progetto potrebbe rientrare nel cosiddetto «Fondo Comuni confinanti», istituito a favore delle aree di confine per i Comuni confinanti con le province di Trento e Bolzano?
«Purtroppo i fondi sono al momento utilizzati soprattutto per finanziare altro, come piste ciclabili, e a ogni modo non progetti culturali.»
 
Secondo lei quale dovrebbe essere la funzione dell’arte nella nostra società contemporanea?
«L'Arte non è funzionale se non a se stessa, Coltivare Bellezza non è solo uno slogan. Certo che chi ha la possibilità di circondarsi di cose belle, chi respira arte, in genere ha uno sguardo diverso verso il mondo e la società. I musei sono luoghi di educazione civica. Quindi potrei dire che una funzione dell’arte è certamente quella di ispirare senso civico e rispetto.
«Oggi c’è un gran bisogno di essere educati in tal senso, un gran bisogno di educazione civica, materia cancellata dai programmi scolastici. Una corretta partecipazione alla dimensione civile e sociale è un valore da perseguire, anche attraverso l’arte. Io sarei favorevole ai musei gratuiti.
«Nei musei tedeschi e francesi, per esempio, si trovano visitatori di tutte le età. I musei italiani sono frequentati invece da scolaresche e da pensionati, pochi sono i giovani che invece che andare al bar si recano nei musei. Occorre investire nella cultura.»
 
Progetti futuri?
«Sto lavorando sul tema della gabbia e sulla memoria degli uccelli. Ho un amico che è un grande collezionista di gabbie di ogni tipo e dimensioni e osservandole è nato in me il desiderio di creare qualcosa.
«L’idea è non di mettere pensieri in gabbia, anzi, farli uscire. Gabbie aperte, quindi, non chiuse, gabbie simbolo d’evasione. Forse, simbolo del mio stesso desiderio d’evasione.»
 
Daniela Larentis - d.larentis@ladigetto.it

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