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«Viaggio in Italia», al MART di Rovereto – Di Daniela Larentis

Una mostra importante sui paesaggi dell’Ottocento dai Macchiaioli ai Simbolisti: sarà visitabile dal 21 aprile al 26 agosto 2018»

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De Nittis, La traversata degli Appennini - Ricordo, (1867).
 
«Viaggio in Italia – I paesaggi dell’Ottocento dai Macchiaioli ai Simbolisti» è il titolo della nuova mostra del Mart curata da Alessandra Tiddia, allestita in collaborazione con l’Istituto Matteucci di Viareggio, la cui direttrice è Elisabetta Matteucci.
Sarà visitabile dal 21 aprile al 28 agosto 2018.
Il nostro consiglio è quello di andare a vederla: è davvero una mostra straordinaria che illustra i panorami del nostro Paese, meta prediletta dei viaggiatori europei impegnati nel tradizionale Grand Tour.
Attraverso un eccezionale itinerario cronologico, da Sud a Nord, vengono illustrate in modo completo e graduale le trasformazioni del linguaggio pittorico.
 

Gianfranco Maraniello, Alessandra Tiddia ed Elisabetta Matteucci.
 
La luminosità dei paesaggi italiani incanta il visitatore e lo guida attraverso ambienti cromatici e capolavori assoluti realizzati da grandi maestri della pittura italiana, come Giuseppe De Nittis, Giovanni Fattori, Pietro Fragiacomo, Giuseppe Pellizza da Volpedo, tanto per citarne alcuni.
L’esposizione si lega a quel filone di ricerca dedicato allo studio del principio di verità nella cultura figurativa del XIX secolo, avviato nel 2015 con la grande mostra «La coscienza del vero. Capolavori dell'Ottocento. Da Courbet a Segantini», curata sempre da Alessandra Tiddia.
Il percorso espositivo si configura come un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio che ripercorre le tappe salienti di una profonda trasformazione culturale, illustrando le principali esperienze sul paesaggio e sugli effetti di luminosità e colore.
 

Caffi, Ascensione in mongolfiera.
 
Grazie anche alle scoperte scientifiche e tecnologiche della seconda metà del XIX secolo, epoca di rivoluzioni industriali e sociali, la luce e la sua rappresentazione diventano il soggetto principale dello studio pittorico.
Molto interessante è il paragone proposto tra i soggetti più veristi dei paesaggisti degli anni Sessanta dell’Ottocento e quelli più simbolisti della fine dello stesso secolo.
Lungo le sale si potranno ammirare le assolate marine del Sud, l’eruzione del Vesuvio del 1872 che tanto impressionò De Nittis, le pitture «en plein air», l’immediatezza verista, le descrizioni macchiaiole, i paesaggi rurali della campagna toscana, i notturni veneziani, gli spettacolari effetti atmosferici, i paesaggi dell’anima, i morbidi profili simbolisti e molto altro.
Colori, tecniche e ricerche diverse finiscono per comporre un mosaico storico-artistico multiforme e articolato, unico nel suo genere.
 

Caffi, Festa notturna a San Pietro di Castello.
 
La mostra è impreziosita da un catalogo edito da Electa che propone, oltre alla riproduzione delle opere esposte, una ricca sezione di saggi redatti da alcuni tra i più autorevoli studiosi di pittura dell’Ottocento: Virginia Bertone, Silvestra Bietoletti, Alessandro Botta, Nicoletta Colombo, Maria Flora Giubilei, Luisa Martorelli, Annalisa Scarpa e Alessandra Tiddia.
Ed è la Tiddia a sottolineare come la luce sia il filo rosso che lega le varie esperienze paesaggistiche presentate in mostra: «Nel corso dell’Ottocento la luce viene studiata, analizzata, scomposta sia come mezzo pittorico che nella sua dimensione fisica».
 

Signorini, Autunno nel senese, (1883).
 
Spiega la curatrice: «Il principio di verità illumina tutta la cultura dell’Ottocento, dalle arti agli ambiti scientifici e tecnologici: la luce diventa sempre più una necessità espressiva determinante nella veridicità della restituzione pittorica della realtà, anche grazie all’attenzione che la scienza pone nei confronti dei fenomeni ottici e grazie alle nuove tecnologie, prime fra tutte la fotografia. Ma sarà proprio la fotografia a liberare il pittore dall’obbligo del vero assoluto.»
 

De Nittis, Il Vesuvio.
 
Le opere sono tutte molto interessanti, dei veri capolavori, a noi in particolare piace molto Caffi.
Di lui scrive la Tiddia in catalogo: «Caffi ha una predilezione per cercare punti di osservazione diversi che gli consentono di trasformare in novità soggetti storici e monumenti come il Colosseo: all’interno, all’esterno, di notte».
«La sua pittura – scrive ancora la Tiddia – vuole coinvolgere emotivamente l’osservatore, vuol far provare l’emozione del viaggio in mongolfiera così come la prima luce che riappare su piazza San Marco dopo il buio totale dell’eclissi.»
 

Luxoro, La via ferrata, (1870).
 
Ed è proprio quell’«Ascensione in mongolfiera nella campagna romana» datato 1847 (Musei Civici, Treviso), opera che idealmente apre il percorso espositivo, a proiettarci con la fantasia verso un cielo carico di promesse che sembra volerci ricordare che al di là di quell’azzurro striato di rosso esistono un tempo e uno spazio senza confini.
Emblematico e quasi struggente è anche il dipinto di Tammar Luxoro intitolato «Via Ferrata» (1870, Galleria d’Arte Moderna, Genova) esposto alla Mostra Nazionale di Parma nel 1870.
 

De Nittis, L'Ofantino.
 
Attraverso questo dipinto l’artista ritrae un treno a vapore in corsa, simbolo della modernità e del progresso, richiamandocene altri, per esempio quello ritratto verso la metà dell’Ottocento o poco prima da William Turner (il titolo dell’opera è «Pioggia, vapore e velocità») e quello dipinto da Claude Monet («Il treno nella neve»), il cui fumo, però, non scende verso il basso come quello di Luxoro, ma sale verso l’alto, andando a confondersi con il grigiore del cielo, oppure un altro suo celebre dipinto esposto a Parigi al Musée d’Orsay, intitolato «Gare Saint-Lazare» o, ancora, l’opera dipinta da Boccioni («Il treno che passa») e tanti altri.
 

Fragiacomo - Venezia povera, La campana dell'Ave Maria. 1883-1884.
 
Questo mezzo di locomozione ha rappresentato per lungo tempo il mezzo di comunicazione più immediato ed efficiente, entrando nell’immaginario collettivo e ispirando anche il mondo della letteratura.
In fondo, il treno rappresenta la metafora della vita e quella striscia di luce all’orizzonte ritratta nel suo dipinto da Luxoro solleva gli animi, in quanto sembra quasi simboleggiare la speranza…
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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