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Alessia Gazzola al Trentino Book Festival – Di Daniela Larentis

Luciana Grillo ha presentato «Arabesque», l’ultimo romanzo della giovane scrittrice siciliana – Intervista all’autrice

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Il Trentino Book Festival, l’importante evento culturale ideato e diretto da Pino Loperfido, da poco conclusosi a Caldonazzo, Trento, anche quest’anno nella sua ottava edizione ha ospitato relatori di fama nazionale e internazionale, promuovendo la cultura del libro nel nostro territorio.
Fra i vari interessanti appuntamenti, ricordiamo la presentazione del libro di Alessia Gazzola (autrice dell’«Allieva») intitolato Arabesque, edito da Longanesi, che si è tenuta domenica 17 giugno presso l’Hotel Margherita, Loc. Pineta Alberè, Tenna, in collaborazione con Soroptimist International club di Trento (letture di Maria Lunelli).
Relatrice dell’incontro la giornalista Luciana Grillo (titolare per questa testata della rubrica settimanale «Letteratura di genere», seguitissima dal pubblico non solo femminile), responsabile delle attività culturali a Trento di Soroptimist Italia, un’associazione di donne con qualificazione elevata nel proprio impegno lavorativo, sociale e culturale, attive nei vari ambiti della società in cui vivono, che promuove l’avanzamento della condizione delle donne, la cui presidente è la giornalista Marilena Guerra.
 
È dalla felice penna di Alessia Gazzola che prende vita Alice Allevi, la protagonista del libro d’esordio dell’autrice (intitolato «L’allieva») e dei successivi, l’ultimo dei quali è appunto Arabesque.
Dai libri della Gazzola è stata tratta la serie televisiva L’allieva (una serie seguita da milioni di spettatori), con Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale, della quale è in uscita la seconda stagione.
Alle volte la trasposizione di un romanzo non sempre accontenta tutti i lettori che, dopo averlo letto, spesso ne criticano l’adattamento cinematografico.
La serie televisiva, in questo caso, è riuscita a narrare le vicissitudini della protagonista senza snaturarla, rispettandone i tratti caratteriali in maniera fedele, come ci conferma la stessa autrice.
 

 
Le storie raccontate nei libri e i relativi adattamenti cinematografici sono in realtà ambedue linguaggi efficaci dal punto di vista narrativo, almeno stando a quanto sostiene il semiologo lituano Algirdas J. Greimas, il quale studiò le storie come meccanismi semiotici, in grado cioè di produrre discorsi dotati di un significato.
Il suo modello (il «modello del percorso generativo del senso») ha una struttura a strati. Per lui il significato di una storia è il frutto di una conformazione «a cipolla» dei meccanismi semiotici (questi vengono attivati quando si pensa a come raccontarla e nel momento della sua interpretazione).
Il sistema di regole che collega i diversi livelli è il codice della narrazione.
Lo strato più esterno è quello della manifestazione, ovvero il linguaggio con cui le storie vengono raccontate: possono essere raccontate attraverso un libro, un film, un’immagine, ecc.
Secondo Greimas, non importa quale sia il linguaggio scelto per farlo, in quanto il livello della manifestazione non influisce sul senso che diamo a ciò che viene narrato.
Il linguaggio della storia, cioè, può essere cambiato mantenendo la struttura narrativa, per cui il significato di ciò che si racconta non varia sia che si tratti quindi di un libro o di un film.
 
Tornando all’ultimo romanzo della Gazzola, Alice in «Arabesque» non è più una specializzanda, ma è a pieno titolo una Specialista in Medicina Legale alle prese, questa volta, con un caso che vede protagonista una donna di quarantacinque anni, proprietaria di una scuola di danza, morta apparentemente per cause naturali.
Intrighi, sospetti, passione, ironia, questo libro accontenta diversi pubblici, come sottolinea la Grillo nel suo intervento critico: dall’adolescente in cerca di una storia d’amore all’appassionato di gialli, piace anche alle persone più mature che possono così entrare in contatto con il mondo dei giovani e con i conflitti intergenerazionali che vivono, divertendosi e al contempo distraendosi dai problemi quotidiani.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Alessia Gazzola e nell’occasione le abbiamo rivolto qualche domanda.
 

 
Come è nata l’idea di dare vita al personaggio di Alice Allevi, la protagonista dei suoi romanzi?
«È nata come mia valvola di sfogo. Anche io come lei ero una specializzanda in Medicina Legale alle prime armi e mi scontravo nel quotidiano con le difficoltà di una professione che avevo scelto per passione, ma che comunque presentava delle problematicità anche superiori rispetto a quelle che io avevo preventivato.
«Siccome la mia modalità di espressione è sempre stata la scrittura, ed era anche il modo verso cui io canalizzavo tutte le mie energie, sia positive che negative, Alice è nata in una maniera molto istintiva e quasi fisiologica.
«È nata con la finalità di aiutarmi a superare giornate particolarmente dure. E poi mi ha coinvolta sempre di più, mi faceva divertire, così alla fine la scrittura è diventata il lavoro della vita.»
 
Alice Allevi è cresciuta, da specializzanda un po’ impacciata ora, nell’ultimo romanzo, è diventata una Specialista in Medicina Legale alle prese con un nuovo caso. Può svelarci qualche curiosità relativa alla nascita dei suoi «casi»? Da dove prende spunto?
«Con i miei casi cerco sempre di andare a cercare delle modalità tipiche di morte che io conosco, in quanto medico legale, un po’ sorprendenti, di cui i lettori non abbiano conoscenza a meno che non siano dei tecnici. Mi piace farlo, anzi, alzo la posta in ogni romanzo perché penso che ciò mi possa anche differenziare dagli altri.
«Quindi, nelle mie storie ci sono pochi colpi di pistola, pochi coltelli, e, invece, molti più meccanismi apparentemente naturali e che poi, appunto, vengono rivelati delittuosi durante l’autopsia, questa è un po’ la formula dei miei libri.
«Ogni volta che devo impostare la trama di una storia inizio a fare delle ricerche anche di approfondimento scientifico, partendo da quelle che sono le mie conoscenze per individuare il caso un po’ più particolare ed è chiaro, quindi, che c’è un lavoro di documentazione scientifica precisa.»
 
Dai suoi romanzi è tratta la fiction L’allieva, per la regia di Luca Ribuoli, con Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale, andata in onda nel 2016. Ci sarà una seconda stagione?
«Certo, è già pronta, ci sarà la presentazione dei palinsesti alla fine di giugno, a breve sapremo quando andrà in onda di preciso, credo comunque nell’autunno del 2018.»
 
Ha da poco ricevuto un diploma ad honorem dal LUISS Creative Business Center di Roma. Ci può brevemente dire che cosa è per lei la creatività, spiegandoci cosa intende esattamente quando afferma che «requisito indispensabile del processo creativo è la condivisione»?
«La creatività è una dote, è un talento e purtroppo non è un qualcosa che possa essere materializzato senza alcuna base, però è ovvio che può essere coltivata, ma soprattutto la creatività trova la sua massima espressione nel momento in cui diventa momento di condivisione. Se io la tengo solo ed esclusivamente per me stessa sarà destinata prima o poi ad avvizzirsi, io credo.
«Sono stata particolarmente onorata di ricevere questo riconoscimento, in fondo il creativo è colui che dà vita a un universo, anch’io ho creato questo mio universo narrativo e alla fine ne ho fatto anche uno strumento di vita, perché ho lasciato la medicina e ne ho fatto una professione.
«Il riconoscimento sta anche nell’aver fatto della propria creatività un lavoro, questo spaventa un po’ le nuove generazioni che pensano generalmente di indirizzarsi a professioni ritenute più concrete; a volte si è intimoriti del fatto che della propria creatività non si possa vivere (io stessa a 18 anni mi sono rivolta alla medicina, avvertendo maggiore pragmatismo in quel tipo di strada, a parità di interesse, pur ritenendomi già all’epoca comunque creativa).»
 

 
Lei è un medico chirurgo Specialista in Medicina Legale, oltre che un’apprezzata scrittrice. Da dove nasce la scelta di specializzarsi in Medicina Legale?
«La Medicina Legale quando la scegli ti obbliga ad abbandonare quello che tu hai studiato per sei anni, ovvero l’idea di curare gli altri. Chi si iscrive a Medicina teoricamente ha questo tipo di spirito. Poi, è chiaro che nel corso degli anni di studi le cose possono cambiare, possono cambiare gli interessi e si può anche capire che quella in definitiva non è la strada per sé.
«Io ad un certo momento del mio percorso l’ho capito, così ho cercato la strada che fosse più vicina al mio modo di essere, in definitiva io ho bisogno dei miei tempi e ho bisogno di scrivere, può sembrare strano ma quello che ti offre maggiormente l’opportunità di assecondare questo modo di essere è proprio la Medicina Legale.
«La Medicina Legale ti dà il tempo di ragionare per la risoluzione di un caso, mentre invece la Medicina per antonomasia ha bisogno di tempismo, io invece sono priva di tempismo. La Medicina Legale ti consente di studiare, di studiare sempre, perché ogni caso è diverso e, soprattutto, di scrivere. Ai magistrati, alle autorità si risponde, infatti, in forma scritta. Quindi era proprio perfetta per me, era la specialità adatta a me.»
 
Alice e l’amore…
«Alice e l’amore è un rapporto assolutamente conflittuale. Lei di per sé non ha le idee chiarissime a riguardo e questo mi sembra molto contemporaneo, soprattutto il come e il quanto lei creda nei sentimenti più veri sono messi alla prova quotidianamente dalle difficoltà che hanno le ragazze al giorno d’oggi per quanto riguarda il lavoro (può sembrare strano, però il dover partire, il doversi applicare senza tempi, senza pause, questo determina che ci si possa adoperare, a volte, anche di meno nel coltivare le relazioni). È un amore contemporaneo che a me interessa molto descrivere e raccontare».
 
Crede nell’amore?
«Sono sposata e ho due bambine, – sorride. – Dovrei crederci, no?
«Per quanto riguarda il personaggio di Alice e il modo in cui vive l’amore, questa è una connotazione che le ho voluto dare, a volte lei ha la caratteristica di essere un po’ troppo senza mezze misure. A ogni modo, bisogna tenere presente che la prima storia d’amore è con noi stesse. Io ci credo profondamente, anche in qualità di madre di due figlie femmine, è un qualcosa che cercherò di spiegare fin da quando saranno alle prese con i primi amori. È bellissimo l’entusiasmo del primo amore, è un qualcosa di meraviglioso lo stato di innamoramento, però tutto questo non può esistere se alla base non c’è prima di tutto un amore per noi stesse.»
 
Progetti futuri?
«Finita l’estate uscirà un nuovo romanzo, dopo Arabesque, e avrà per protagonista sempre Alice. Poi mi piacerebbe dedicarmi a nuove protagoniste, ho anche una gran voglia di dedicarmi a cose nuove».
 
E noi non possiamo che essere d’accordo con Alessia Gazzola sull’amare se stesse, facendolo si avrà una maggior probabilità di riuscire ad amare gli altri, il prossimo, non solo, ma un altro/a in particolare, e, soprattutto, si avrà maggior probabilità di riuscire ad apprezzare la bellezza di una vita che, come disse Madre Teresa di Calcutta, è sempre un’opportunità da cogliere.
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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