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Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

«Gli incontri del giovedì»: Dario De Cristofaro e Matteo Cova parleranno di pittura profana nei castelli del basso Trentino e di frammenti di manoscritti medievali

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Dario De Cristofaro.
 
Il ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato «Gli incontri del giovedì», organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prende nuovamente il via a partire dal 20 settembre 2018. Ricordiamo che tutti gli incontri in programma godono del patrocinio della Regione Trentino Alto-Adige, della Provincia Autonoma Trento, della Comunità Rotaliana, del Comune di Mezzolombardo; inoltre, della collaborazione dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, del Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina e della Fondazione Museo Storico del Trentino. Sono riconosciuti da IPRASE e validi ai fini dell’aggiornamento del personale docente della Provincia Autonoma di Trento.
 
Il primo incontro si terrà alle 20.30 a Mezzolombardo in Sala Spaur, Piazza Erbe, e avrà come protagonisti Dario De Cristofaro, borsista presso la Fondazione Roberto Longhi di Firenze, e Matteo Cova, Ph. D. in Culture d’Europa, assegnista di Ricerca Università Ca’ Foscari di Venezia, i quali parleranno rispettivamente di alcuni casi di pittura profana nei castelli del basso Trentino (XIV sec.) e del censimento dei frammenti di manoscritti medievali a Trento e il fenomeno del loro riutilizzo.
Due parole sui relatori, ai quali in vista dell’incontro abbiamo rivolto alcune domande.
 
 Dario De Cristofaro 
È un venticinquenne borsista presso la Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi a Firenze.
Ha conseguito la laurea triennale in Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Trento, con una tesi sulla Camera d’Amore del Castello di Sabbionara d’Avio, seguita poi dalla laurea magistrale in Storia dell’Arte, conseguita presso le Università di Verona e Trento, con un elaborato riguardante i dipinti duecenteschi dell’abbazia di Chiaravalle della Colomba, nel piacentino.
È stato finora molto attivo anche nell’ambito della didattica museale: dal 2014 lavora presso il Castello di Sabbionara d’Avio come guida e operatore culturale, da gennaio a settembre di quest’anno ha lavorato presso il Mart di Rovereto come educatore.
 
Fin dalla tesi triennale, discussa nel 2015, si sta occupando dei casi due-trecenteschi di pittura murale di tema profano nel Nord Italia, nello specifico le casistiche diffuse in ambienti quali castelli e dimore private, ma anche edifici pubblici.
«Alcuni casi di pittura profana nei castelli del basso Trentino: XIV secolo» è il titolo del suo intervento, nella serata di giovedì 20 parlerà infatti di alcuni cicli pittorici conservatisi nel basso Trentino, confrontandoli con casi extra-territoriali.
Nello specifico discuterà del Castello di Sabbionara d’Avio, di quello di Arco e del Castello dei Lanzi a Trescore Balneario (BG).
 

 
Potrebbe brevemente riassumere quello che sarà il fil rouge del suo intervento di giovedì 20 settembre?
«L’argomento della mia presentazione è un tema a me personalmente molto caro, dato che ci lavoro da ormai quasi quattro anni. Tutto è partito dal Castello di Sabbionara d’Avio, in cui lavoravo e lavoro, i cui dipinti murali mi hanno sempre colpito.
«Nel corso negli ultimi anni mi sono sempre di più occupato di questi e di cicli simili: in generale, si parla di dipinti murali di tema profano. Quello su cui vorrei porre l’attenzione però sarà, al di là dei dipinti in quanto tali, anche il loro valore sociale e politico per i committenti e, per così dire, padroni di casa.
«I casi di Avio, Arco e Trescore Balneario sono tra loro intrecciati, sia in quanto più o meno coevi, sia per la fazione politica a cui appartenevano i loro committenti. Per i dettagli più interessanti, non resta che aspettare giovedì sera.»
 
A quando risalgono i cicli pittorici da lei esaminati e che arco temporale coprono?
«Mi occuperò della prima metà del XIV secolo. Nello specifico, dello stretto giro degli anni ’30-’40».
 
Lei parlerà nello specifico dei cicli pittorici presenti nel Castello di Sabbionara d’Avio, mettendoli a confronto con quelli del Castello dei Lanzi a Trescore Balneario (BG): ci potrebbe fornire qualche anticipazione a riguardo, sottolineando il valore culturale, oltre che artistico, di questi preziosi e rari manufatti?
«Nel caso delle decorazioni murali di tema profano, specie se collocate all’interno di dimore private, bisogna tenere in considerazione alcune chiavi di lettura.
«Innanzitutto, il tema: cosa questi rappresentino, se elementi figurativi o semplicemente geometrici.
«In secondo punto, il luogo: dove questi dipinti sono stati realizzati, in che sala, a che piano. Infine, per chi, perché proprio in quel luogo, per quale tipologia di ospite.
«Quando si parla di questi cicli pittorici, infatti, si parla sia del loro valore artistico e storico-artistico, ma anche degli elementi culturali che vi stanno attorno, delle motivazioni che possano aver contribuito alla loro nascita.
«Ecco, io ritengo che le motivazioni che hanno portato i Castelbarco e i Lanzi di Grumello a realizzare simili decorazioni pittoriche all’interno delle sale di rappresentanza delle loro dimore siano estremamente vicine, e non parlo di riflessioni generiche sul tema o sulla fruizione, ma parlo proprio di comunanze politiche e di intenti.»
 
Di che cosa si sta occupando attualmente?
«Attualmente sono borsista presso la Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, a Firenze, per la quale sto approfondendo i dipinti di Trescore Balneario, di cui vi parlerò giovedì sera». 
 
Sogni nel cassetto?
«Una volta trascorso questo anno presso la Fondazione Longhi, mi piacerebbe iniziare un dottorato di ricerca in Storia dell’arte e trasformare i miei studi e la mia passione nel mio lavoro». 
 

 
 Matteo Cova 
È assegnista di Ricerca presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia (il progetto di ricerca è sul «Censimento dei manoscritti medievali e moderni conservati nelle biblioteche dell’Alto Adige»).
Si è laureato nel 2010 presso l’Università degli studi di Trento, Dipartimento di Lettere e Filosofia, conseguendo una laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali, percorso archivistico–librario, e nel 2013 una laurea magistrale in Gestione e Conservazione dei Beni Culturali, percorso codicologico–paleografico.
Nel 2015 ha frequentato il XIX Corso Internazionale di Formazione Bibliografica a Firenze, presso la Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (S.I.S.M.E.L), e nel 2018 ha conseguito un Dottorato di Ricerca in «Culture d'Europa. Ambiente, spazi, storie, arte, idee».
 
Titolo della tesi: «Fragmenta Liturgica Tridentina. Censimento e catalogo dei frammenti liturgico-musicali di Trento», presso l’Università degli studi di Trento, Dipartimento di Lettere e Filosofia.
Conta al suo attivo diverse pubblicazioni, fra le più recenti ricordiamo: «Frammenti di manoscritti liturgico-musicali a Trento: primi risultati del censimento, in La ricerca sulle fonti musicali in Trentino-Alto Adige/Die musikalische Quellenforschung in Trentino-Südtirol», Lucca, LIM, 201 (in fase di pubblicazione); «Circolazione di manoscritti medievali in ambito trentino-tirolese: poemi epici, canzoni di gesta, Minnesang, in Palazzo Noriller tra Nord e Sud. Nuovi studi interdisciplinari.
Atti della tavola rotonda (Rovereto, 13-14 aprile 2018), Accademia roveretana degli Agiati, 2018 (in fase di pubblicazione).
 

 
Lei si occupa della catalogazione, nelle biblioteche e negli archivi di Trento, di frammenti di manoscritti medievali. Potrebbe in sintesi dare una definizione di questi particolari beni librari e fornirci qualche anticipazione sul lavoro da lei condotto negli ultimi decenni?
«Per frammento intendiamo semplicemente una minima parte, un pezzo, a volte costituito da carte intere, altre volte da piccoli ritagli, di un manoscritto medievale.
«Tra il XV e il XVIII secolo un gran numero di codici medievali furono sfascicolati e i fogli in pergamena riutilizzati perlopiù come coperta per altri volumi: in tale forma oggi ritroviamo migliaia di frammenti in biblioteche e archivi di tutta Europa.
«Negli ultimi anni mi sono occupato di cercare, censire, catalogare e studiare questi reperti presenti negli istituti di conservazione della città di Trento, con particolare attenzione ai frammenti di testi liturgico-musicali. In alcuni casi è stato possibile, partendo da frammenti dello stesso codice, procedere ad una ricostruzione parziale e virtuale del libro da cui furono tratti.
«Il loro recupero si traduce in una considerevole integrazione del patrimonio librario trentino e delle nostre conoscenze sulla cultura scritta medievale in ambito locale.»
 
Nell’incontro di giovedì 20 settembre, su quali aspetti verrà focalizzata maggiormente l’attenzione per quanto riguarda il suo intervento?
«L’intervento sarà centrato soprattutto sull’inquadramento dei frammenti in quanto beni culturali, sul fenomeno del loro riutilizzo, sugli aspetti materiali e sul contenuto, con alcuni esempi provenienti dalle biblioteche trentine.
«Si tratta di un patrimonio ancora poco conosciuto ma che cela grandi tesori in termini culturali. Sono reperti del nostro passato che devono essere valorizzati e portati alle persone, tutti devono essere coscienti della loro esistenza e poterne fruire.»
 

 
Che particolare significato può assumere oggi il ritrovamento e lo studio di questi importanti reperti, disseminati negli archivi e nelle biblioteche di tutta Europa?
«L’analisi di tali reperti è anzitutto fondamentale per ampliare le nostre conoscenze su quella che era la circolazione libraria nel medioevo, ma soprattutto la vastità della cultura medievale. Per quanto gli studi siano ad oggi avanzati, sappiamo ancora molto poco di ciò che veniva letto e utilizzato, abbiamo ancora una visione limitata.
«Ad ogni nuovo tesoro librario che viene recuperato e studiato tale orizzonte si espande, lasciando intravedere quanto sia stata articolata e variegata la trasmissione del sapere nel medioevo.
«Non è una novità se affermo che ancora oggi, all’infuori dell’ambito accademico e della ricerca, resiste nelle persone una percezione distorta e negativa del medioevo come epoca buia, di diffusa «ignoranza», di totale chiusura e di quotidiana brutalità.
«Le migliaia di opere riscoperte nei frammenti testimoniano e confermano l’esatto opposto. Ad esempio, nei soli frammenti di canto liturgico si percepisce la grande fantasia e genialità dei compositori dei testi e delle melodie, che a loro volta si evolvono nel tempo e si differenziano a seconda dei luoghi.
«Sulla base dei ritrovamenti, grazie alla filologia musicale, possiamo in parte riproporre e riascoltare tali melodie. Ne emerge l’immagine di un medioevo luminoso, ricco di estro e creatività.
«Ancora, i numerosi testi di medicina sottolineano l’enorme debito della cultura europea, in questo campo, verso il mondo musulmano. Tutti i grandi medici, filosofi, astronomi musulmani sono testimoniati in varia misura nei frammenti.
«La mobilità delle persone, e con loro dei libri e delle opere, è stata incredibilmente vivace, dinamica e ramificata nel medioevo: difficile per noi oggi immaginare fino a che punto lo scambio interculturale sia stato profondo.
«Altri frammenti svelano invece la presenza di testi di carattere profano, destinati a letture personali, talvolta limitati alle saghe cavalleresche dell’epos germanico o ai temi dell’amor cortese, altre volte ben oltre il confine del proibito.
«Una così attiva circolazione libraria restituisce anzitutto l’immagine del territorio trentino come luogo vivace e centrale nel contesto europeo, ma soprattutto contribuisce a sgretolare l’immagine monolitica e negativa di un’intera epoca».
 
Quali sono gli ambiti di studio interessati dalla ricerca sui frammenti di manoscritti medievali?
«La ricerca ha ricadute in molti settori, va sempre tenuto presente che il libro manoscritto – e così i frammenti – si compone di elementi diversi, per ognuno dei quali esiste uno specifico ambito di studi che se ne occupa.
«Ci sono gli aspetti materiali (la legatura, il supporto scrittorio, l’impaginazione) che interessano la codicologia, gli aspetti grafici che interessano la paleografia e la paleografia musicale (per ciò che riguarda la scrittura della musica), ci sono gli elementi decorativi che interessano la storia dell’arte.
«Vi è poi il contenuto che, a seconda dell’opera riguarda più discipline: la filologia e la filologia musicale, la storia della liturgia, della letteratura, delle scienze etc. Infine è possibile ampliare il campo alla storia dei libri e delle biblioteche, tanto importanti per la storia locale. E’ una ricerca che richiede e al tempo stesso permette di sviluppare molteplici competenze.»
 
A cosa sta lavorando attualmente?
«Al momento mi occupo della catalogazione di un fondo di manoscritti di epoca più recente (dei secoli XVI-XIX), conservati nel Seminario Maggiore di Bressanone. Molti sono interessanti per la storia del Tirolo storico, dei principati vescovili di Trento e Bressanone in epoca moderna.»
 
Sogni nel cassetto?
«Alcuni. Vorrei spaziare con la ricerca in altre direzioni, in particolare nella musicologia, e al tempo stesso provare a tradurre lo studio in qualcosa di efficace e più diretto alle persone. Sono musicista, quindi conduco anche una vita parallela che regala soddisfazioni e prospettive. Oggi serve una chiave di accesso molto più immediata e d’impatto alla promozione culturale: la musica, come le altre arti, è un mezzo eccezionale per avvicinare le persone alla cultura, anche a quella medievale».
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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