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Carlo Busetti, arte e dialogo – Di Daniela Larentis

L’artista trentino affronta il tema delle relazioni nella sua ultima opera digitale «Io-Tu»

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Carlo Busetti, Io-Tu, 2019.
 
I lavori artistici di Carlo Busetti hanno sempre avuto l’effetto di richiamare alla mente il concetto di relazione, direttamente o indirettamente, come nel caso di «Percorsi Paralleli», un’opera in digital painting di grandi dimensioni installata nell’atrio della stazione di Mezzana, Trento, realizzata dall’artista trentino nel 2016: i binari dei treni scorrono paralleli come le vite di tante persone, molte delle quali, pur vivendo nello stesso contesto, riescono a malapena a scambiarsi qualche parola di circostanza, senza tuttavia incontrarsi mai. 
 
L’immagine del treno che scorre lungo i binari, collegando centri urbani sempre più affollati, potrebbe farne venire in mente un’altra, quella per esempio dei palazzi cittadini che affollano le periferie, rinviando alle relazioni che si instaurano dentro quelle mura.
Quanti condomini si conoscono davvero, quanti si parlano, quanti si ascoltano dando vita a un dialogo autentico? Quello del dialogo e dell’incontro è un tema a noi molto caro, vorremmo approfittare dell’occasione per condividere qualche riflessione prendendo spunto dall’ultima opera realizzata da Carlo Busetti, intitolata «Io-Tu».
 
Da tempo l’artista ha conquistato il pubblico proponendo delle opere che esegue utilizzando la tecnica della pittura digitale, un linguaggio espressivo contemporaneo di grande efficacia.
Le sue creazioni, una volta realizzate, vengono trasferite su supporti di diversa natura, dai pannelli in alluminio e alucobond alla pelle delle borse, ma non solo.
L’ultima affascinante opera ha catturato la nostra attenzione, rimandando a un tema di grande interesse, quello del dialogo fra le persone che si incontrano in vari contesti, nei luoghi di lavoro, in famiglia, nel tempo libero.
 
Viviamo in un mondo liquido, in una «società liquida», come l’ha definita un grande sociologo e filosofo, Zygmunt Bauman, in cui la solidità delle relazioni ha lasciato il posto a una liquidità che tutto travolge.
Si corre sempre più in fretta, nell’indifferenza generale, si è sempre più incapaci di «sostare nell’incontro».
Egli ha indicato la metafora della liquidità per identificare l’epoca contemporanea, in cui le persone si incrociano, si parlano, ma sempre più distrattamente e superficialmente.
 

Carlo Busetti, Percorsi paralleli, 2016.
 
Una volta ci si incontrava di persona per parlare, fra vicini poteva succedere anche sul pianerottolo, poteva capitare nella piazza del paese o in qualche via della città, alle volte si passava sotto casa e si suonava il campanello di un amico solo per poter scambiare qualche parola, poteva succedere di trovarsi, magari sull’autobus, a ricambiare per un attimo lo sguardo altrui, un’occasione per iniziare una conversazione: ora tutti tengono immancabilmente gli occhi puntati sul proprio smartphone e conversare sta diventando sempre più difficile.
Molti preferiscono mandarsi solo un sms stringato e talvolta non c’è più tempo nemmeno per quello, si digitano messaggi brevissimi sui social, si risponde limitandosi a inviare una emoticon, una di quelle faccine gialle utilizzate per esprimere lo stato d’animo del momento.
 
Non che non sia divertente farlo, talvolta può anche rivelarsi utile, tuttavia questa è una pratica che certo non può sostituire il vero incontro, quel tipo di relazione in cui entra in gioco anche il linguaggio del corpo, un tipo di comunicazione in cui anche il modo di guardarsi trasmette qualcosa di preciso, anche la postura dei piedi, delle gambe, delle braccia hanno qualcosa da dire, perfino la posizione delle mani ha molto da raccontare.
Parecchie persone, inoltre, specialmente i nativi digitali, non si telefonano nemmeno più, preferiscono lasciarsi dei messaggi vocali su WhatsApp, una vera tristezza!
Il dialogo autentico è un tema che riguarda anche le coppie, molte sono le persone che, stando magari insieme da molto tempo, a un certo punto smettono di interessarsi davvero all’altro, non si ascoltano più con la dovuta attenzione, finiscono con il perdere reciprocamente interesse fino a trasformarsi in perfetti estranei, in individui che non hanno più nulla da dirsi.
 
Chi si occupò di relazione autentica da un punto di vista pedagogico fu il filosofo, teologo e pedagogista Martin Buber, «il filosofo del dialogo», il quale individuò due differenti tipi di relazione, quella «Io-Tu» e quella «Io-Esso».
Come descriverle? Sintetizzando il suo pensiero, diciamo che tutto può dipendere dalla qualità della relazione con cui ci si pone di fronte a una persona e anche a un oggetto.
Ciò vuole dire che anche un essere umano può essere trattato da oggetto, così come un qualsiasi oggetto o un animale può assumere la dignità di un soggetto interlocutore, diventando un Tu e non restando un Esso.
 
La relazione Io-Tu proposta da Martin Buber è una dimensione aperta, un’esortazione ad allargare i propri orizzonti del pensare e dell’agire (a chi volesse approfondire l’argomento suggeriamo la lettura di un interessante ed esaustivo saggio di Giuseppe Milan, intitolato “Educare all’incontro”, edito da Città Nuova).
L’opera di Carlo Busetti sembra rinviare all’idea di incontro-disincontro, sembra voler esprimere un senso di solitudine esistenziale, un sentirsi soli alla presenza dell’altro, e può essere interpretata come un invito a recuperare i valori autentici dell’esistenza, a un ritorno a quel tipo di relazione «Io-Tu» richiamata dal titolo, basata sul riconoscimento reciproco, in cui l’altro è parte di un noi.
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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