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«#(non piove)» di Massimo Parolini – Di Daniela Larentis

Presentato alla collettiva «Artisti a Statuto Speciale, alle Albere di Trento il poemetto che mette in scena un dialogo serrato tra d'Annunzio e Duse, riapparsi ai giorni nostri

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Sabato 8 giugno 2019 innanzi a un interessato pubblico, Massimo Parolini, a lungo applaudito alla fine dell’incontro, ha presentato il suo poemetto «#(non piove)», edito da Lieto Colle, con letture sue e di Chiara Turrini.
L’evento è collegato alla collettiva «Artisti a Statuto Speciale» visitabile a Palazzo delle Albere, Trento, dal 1 al 30 giugno 2019.
Ad impreziosire il momento l’intervento musicale del giovane Gaspare Gianduia Grimaldi, studente del Liceo artistico A. Vittoria di Trento, il quale ha intrattenuto il pubblico suonando uno strumento davvero singolare, il disco armonico (handpan), che in un certo senso può ricordare la campana tibetana ma che in realtà è un’invenzione del terzo millennio, come lui stesso ci racconta.
 
Due parole sull’autore, il quale a Trento è molto conosciuto e non avrebbe certo bisogno di presentazioni (ricordiamo che è promotore del Premio di «Poesia Città di Trento»). Insegnante di materie letterarie presso le scuole superiori del Trentino, curatore d’arte, laureato in Filosofia all’Università di Venezia Ca’ Foscari, Massimo Parolini per il Centro Universitario Teatrale di Venezia – nato su iniziativa di Giorgio Gaber – ha scritto e rappresentato le commedie «Il medico della peste» e «Svevo e Joyce».
 
Ha pubblicato la silloge «Non più martire in assenza d’ali» (Editoria Universitaria) sul tema della guerra nella ex Jugoslavia, premiato al Concorso Internazionale di Poesia «San Marco - Città di Venezia».
Splendida la sua raccolta di poesie dal titolo «La via cava», presentata innanzi a un folto pubblico un paio di anni fa nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale di Trento, con intervento critico dello storico dell’arte dott. Roberto Pancheri e del teologo Mons. Lodovico Maule, seconda classificata al prestigioso Premio «Giovanni Pascoli - L’Ora di Barga» 2017.
 
«#(non piove)» era stato presentato già nel 2018 in occasione della festa del Vittoriale degli Italiani, alla presenza di Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione.
Si tratta di una, come lo stesso Parolini la definisce, «passeggiata (di una giornata) semiseria (virtuale) di d'Annunzio e della Duse dal Vittoriale e gli asolani ai giorni nostri - mestamente - quotidiani».
 

 
Ed è proprio Parolini che lo scorso settembre ce ne aveva svelata la trama.
«Il poemetto mette in scena un dialogo serrato tra d'Annunzio e Duse, ritornati - o semplicemente riapparsi - sulla terra ai giorni nostri, per un permesso di ventiquattrore, una sorta di libertà vigilata con obbligo di rientro serale.
«I due sono di fronte alla pineta versiliana ma l'incantesimo della pioggia non avviene e quindi la pineta resta chiusa, senza metamorfosi, senza purificazione panica degli amanti.
«Nel tempo in cui aumenta progressivamente l'arsura - climatica, etica, civile e spirituale, - a dispetto della categoria ormai stereotipata della società liquida coniata dal sociologo polacco Bauman, il Vate e la Musa sono testimoni di una progressiva diminuzione di liquidità nelle vene e nei tessuti degli eventi mondani e storici attuali.
«D'Annunzio e Duse citano se stessi e molti altri autori: Leopardi, Baudelaire e i simbolisti francesi, Carducci e Valery, Gozzano e altri crepuscolari, Marinetti e altri futuristi, Apollinaire, Ungaretti, Rebora, Montale, Pasolini, Luzi e vari altri, reindirizzando ai mittenti anche le parodie già espresse da alcuni di loro all'originale La pioggia nel pineto.
«La società attuale, con le sue nevrosi e le sue psicosi, entra nel dialogo fra gli amanti; un dialogo che in realtà si risolve spesso in monologo alternato, dato che il destinatario, come un qualunque prigioniero tecnopata odierno, anziché ascoltare il mittente legge e sfoglia lo smartphone.
«Il monologo alternato rispettoso della incomunicabilità dei giorni attuali è rallentato, talora, da apparizioni fugaci ed effimere, ma conturbanti, di altre amanti della biografia sensuale dannunziana, fra apparente indifferenza e parvenze di gelosia da parte della Divina Eleonora.
«La scena si rivela alla fine quella di un Centro di Salute Mentale e i due Divi semplicemente due pazienti soggetti a monomania da orgoglio o due abili amanti che nella finzione pirandelliana del disturbo delirante hanno trovato il loro spazio per un amore clandestino. Ma questo è ciò che pensano gli altri. Perché i due personaggi si definiscono, nell'avallato gioco delle finzioni, gli autentici.»
 
In chiusura, Massimo Parolini provocatoriamente ha rivolto al pubblico una domanda che noi riassumiamo con queste parole: «Il Vate, sarebbe diventato il genio che è stato in un contesto di frenesia collettiva come quello in cui viviamo oggi?».

Daniela Larentis - d.larentis@ladigetto.it

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