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Silvano Faggioni, un libro da gustare con la senape – Di Daniela Larentis

«La salsiccia Abarth - Scorci di Belle Époque tra Würstel e birra», terzo classificato al Premio Bancarella cucina 2019, è un viaggio nella cultura sudtirolese – L’intervista

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Libri di Silvano Faggini editati da Reverdito.

Il libro «La salsiccia Abarth - Scorci di Belle Époque tra Würstel e birra», terzo classificato al prestigioso Premio Bancarella della cucina 2019, è una variopinta raccolta di cronache d’epoca, aneddoti e informazioni gastronomiche scritto da uno dei massimi esperti di cultura gastronomica sudtirolese, il giornalista Silvano Faggioni.
Edito da Reverdito, narra l’appassionante storia dei Würstel, tra curiosità, rituali e tradizioni del Südtirol, alla scoperta di una terra straordinaria con la sua gente, la sua cultura e i suoi inconfondibili sapori.
È un volume che ricorda importanti eventi come la nascita della ferrovia del Brennero, lo sviluppo del turismo in area dolomitica, un viaggio nelle usanze dell’arte culinaria e al contempo nella storia di un territorio dove il cibo rimanda a dei significati precisi, divenendo simbolo culturale di un’intera area geografica.

La copertina dell'ultimo libro di Faggioni.

Per anni giornalista in diversi quotidiani e alla RAI, autore e regista di documentari e rubriche televisive, Silvano Faggioni da qualche tempo, come lui stesso ama raccontare, è scrittore con la grande passione per la Mitteleuropa e la gastronomia, concentrando il suo interesse sull’Ottocento e la Belle Époque nonché sulla storia del turismo, della gastronomia e della tradizione nelle Dolomiti.
Conta al suo attivo diverse pubblicazioni, fra le più recenti (edite da Reverdito) citiamo «Ospiti alla corte di Sissi» (2010); «Theodor Christomannos» (2012); «Canederli e tacchi a spillo» (2017), da cui verrà tratta una fiction, un libro che racconta l’avvincente storia di una donna che vive in Alto Adige, attraversando quasi un intero secolo, il Novecento, fra eventi bellici, cambi di lingua, di tradizioni; la protagonista è Marianne Pertramer, insegnante di economia domestica mossa da due grandi passioni, quella per la cucina e per la moda (dedicheremo un articolo a questo libro che, fra l’altro, offre l’occasione agli amanti della gastronomia di conoscere l’origine di piatti tradizionali tipici).
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 
Quando nasce l’idea di scrivere un libro sulla gastronomia legata alle vicissitudini del territorio sudtirolese di metà Ottocento?
«L'idea di scrivere questo libro parte da lontano, esattamente dal 2008, quando il sottoscritto e il celebre collega RAI Ezio Zermiani, organizzarono a Merano una serie di eventi dedicati ai 100 anni della nascita di Carlo Abarth, il re dei motori, di famiglia meranese, nato per caso a Vienna. Cercando notizie e documenti sulla famiglia Abarth nell'archivio comunale, venni a scoprire che il nonno del celebre mago dei motori era stato, nella seconda metà dell'800, un noto ed attivo imprenditore in vari campi. Fu infatti albergatore, gestore di trasporti pubblici a cavallo, nonché allevatore di bestiame e macellaio.»

Karl Abarth, artista del Würstel.

«Fu questo nonno, anch'egli di nome Carlo, anzi Karl (siamo nell'allora Tirolo dell'impero Austro-ungarico), ad allestire un laboratorio-fabbrica per produrre i Würstel. Fu lui ad inventare nella seconda metà dell'800 il primo Würstel italiano, ma è più corretto dire, il primo al di qua delle Alpi, a Merano. Si tratta del Würstel che oggi possiamo acquistare in tanti negozi e supermercati in Italia e che si chiama «Meraner Hauswurst».
«Dopo tanti anni, dunque, decisi di approfondire la storia di questo Würstel meranese, inserendola però in un contesto più ampio. Da un lato in quello della nascita dei Würstel in Europa e nel mondo, dall'altro nello sviluppo turistico e gastronomico della Belle Epoque, in particolare nella città di Merano, considerata emblematica, al pari di tante località famose dell'epoca, da Baden Baden a Marienbad, da Madonna di Campiglio alle città termali dell'Italia settentrionale.»
 
Come è strutturato?
«Il libro si apre con la cronaca dell'inaugurazione della ferrovia del Brennero (anno 1867) che rappresenta un evento rivoluzionario per tutto il turismo italiano ed europeo. Grazie alla ferrovia, non solo giungono in Italia tantissimi turisti, in genere nobili o borghesi benestanti, ma anche tanti prodotti gastronomici, dallo Champagne al caviale e così via.
«Nel capitolo successivo, racconto l'evolversi della gastronomia e della ristorazione nella città di Merano, grazie alla costruzione di numerosi alberghi e all'arrivo di turisti da tutto il mondo.
«Vorrei dire che non erano certo i raffinati turisti europei a gustare per primi i Würstel, abituati com'erano, a filetti, tartufi ed altre prelibatezze. Furono invece gli abitanti della città ad accorgersi che sui banchi delle macellerie, cresciute numerose in pochi anni, apparivano tante varietà di salsicciotti, sia prodotti in casa, che importati dalle vicine regioni austriache e tedesche.
«A questo punto, nel libro, parto con il racconto della nascita del primo Würstel, avvenuta a Vienna all'inizio dell'800 ad opera di un macellaio di Francoforte. Di qui il nome Wiener oppure Frankfurter.
«Nel libro si dipinge anche un curioso ritratto di questo inventore di un prodotto gastronomico, destinato a diventare in pochi decenni un fenomeno planetario.
«Ecco perché poi decisi di passare in rassegna la storia, con documentazioni storiche e aneddoti, dei Würstel più famosi, da quello bianco di Monaco di Baviera, Weisswurst, tipico dell'Oktoberfest, a quello piccolo e gustoso di Norimberga, a quello di Berlino condito con il curry, all'hot dog americano.
«Un appassionante viaggio nel mondo dei Würstel, ricco di notizie inedite. Il libro però non poteva essere completo senza un capitolo dedicato alla salsa per eccellenza, la senape, che accompagna i salsicciotti tedeschi, e ancor di più alla bevanda obbligatoria per degustarli, ovvero la birra.
«Quindi decisi di raccontare la nascita della birra in Italia e in particolare la storia della birra della mia città, la Forst di Merano. Il volume contiene anche alcune curiosità storiche molto particolari, sempre riferite ai Würstel, e un capitolo finale dedicato all'Elogio del maiale, che peraltro invito a leggere-nell'introduzione-prima di affrontare i vari capitoli. Anche l'Elogio del maiale è ricco di curiosità e aneddoti.»
 
Nella nostra società contemporanea il cibo è ancora relazione?
«Direi di sì, anche se certe abitudini sono cambiate. È relazione a cena, tra amici e conoscenti, perché pochi ormai hanno tempo - salvo le festività - di mettersi a tavola a mezzogiorno e parlare del più e del meno. Tra i commensali si parla molto di cibo - è di moda - citando in genere grandi chef e ristoranti stellati. Si è persa per strada la cultura gastronomica dei nostri padri e nonni.
«Parlare a tavola della bontà dei rognoni, dei fegatini e delle trippe suscita spesso un senso di disgusto. Direi forse che manca oggi la relazione a tavola nelle famiglie, per fretta, stanchezza, stress ecc. Peccato. Una volta parlare a tavola in famiglia era un modo anche per conoscere l'evoluzione dei figli. Una cosa che oggi, ritengo, manchi molto alla società.»
 
Lei è uno dei massimi esperti di cultura gastronomica sudtirolese e non solo. Cosa pensa dei movimenti Slow Food?
«Cosa ne penso di Slow Food? Ammiro molto il suo inventore, magari un po' meno qualche altro esponente che va a caccia di notorietà. Ma comunque resta un'istituzione che ha valorizzato e dato risalto a prodotti di nicchia magari relegati in angoli sperduti.
«Cito, ad esempio, il Graukas, il formaggio grigio, oggi conosciuto anche fuori provincia di Bolzano. Slow Food rappresenta veramente un esempio di salvaguardia dei prodotti tipici e quindi dell'agricoltura.»
 
Come si intrecciano la storia gastronomica di un territorio e il turismo?
«Come ho accennato prima, la crescita del livello gastronomico nel secolo scorso fu legata allo sviluppo del turismo. C'era bisogno di accontentare ospiti esigenti e quindi di imparare a cucinare e a scegliere le materie prime.
«Oggi ho tutta l'impressione che occorra fare il percorso inverso. Sono i ristoratori che debbono educare e informare i propri clienti, spesso distratti o condizionati da pregiudizi o mode.»
 
Progetti futuri?
«Diversi, sempre sul tema della storia della gastronomia. Il prossimo sarà dedicato all'approfondimento di un piatto tipico dell'Alto Adige. Ma al momento è top secret.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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