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«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

Caterina Pangrazzi il 21 novembre parlerà di analisi isotopiche di campioni scheletrici per la determinazione delle diete alimentari nel territorio alpino – L’intervista

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Prosegue il seguitissimo ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino noto come gli «Incontri del giovedì», organizzato dal presidente dell’associazione Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli.
Il prossimo appuntamento è fissato per giovedì 21 novembre 2019 alle 20.30, come sempre a Mezzolombardo nella prestigiosa Sala Spaur di p.zza Erbe.
Protagonista dell’incontro sarà Caterina Pangrazzi, ricercatrice e archeologa specializzata nello studio dei reperti ossei provenienti dalle sepolture del Trentino del periodo medievale, la quale parlerà del contributo delle analisi isotopiche di campioni scheletrici per la determinazione delle diete alimentari nel territorio alpino, nello specifico spiegherà come l’archeologia isotopica sia in grado di fornire delle preziose informazioni sulle diete degli esseri umani delle società del passato.
 
Ricordiamo che da oltre trent’anni l’Associazione Castelli del Trentino è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa. Ricordiamo che le iniziative proposte godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.

Alcune note biografiche sulla relatrice della serata prima di passare all’intervista.
Dopo la laurea di primo livello e quella specialistica, Caterina Pangrazzi è stata impegnata come antropologa collaboratrice esterna. del Centro Tecnologie Multimediali dell'Università di Trento. Per conto e nell’ambito del TeFALab, Laboratorio di tecniche fotografiche avanzate, nel 2014-2015 ha svolto una collaborazione di alto livello per la documentazione fotografica di tutti i reperti osteologici provenienti dalle sepolture del Trentino del periodo medievale, nell’ambito della sua tesi di dottorato, con il coinvolgimento di studenti laureandi e tirocinanti e la prof.ssa Elisa Possenti quale referente scientifico.
Nel 2016 è uscito il suo Studio antropologico dei resti scheletrici di San Rocco a Ceneda (Vittorio Veneto) basato su indagini archeologiche compiute nel 2003-2006. Fra i tanti, ha pubblicato un suo saggio su «Chiese altomedievali in Trentino e nell'arco alpino orientale» a cura di Elisa Possenti (2013), un altro sui rinvenimenti ceramici a La Vela, ha partecipato a importanti convegni scientifici (Parma 2017, L’Aquila 2018) con inediti contributi anche di paleopatologia e seguito in qualità di correlatrice delle tesi di laurea magistrale.
 

Patologie dentarie.

Su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione nell’incontro di giovedì 21 novembre?
«Porrò l’attenzione sull’importanza e il grande valore che il mondo scientifico ha ormai attribuito e riconosciuto all’analisi di singole sepolture, di gruppi di sepolture, di interi complessi o addirittura di più complessi funerari, considerandole uno degli strumenti principali per l’approfondimento della conoscenza delle società antiche.
«I dati che si possono ottenere, se utilizzati nelle varie discipline, concorrono alla ricostruzione degli usi funerari e alla percezione della morte in una specifica cultura, nella relazione che lega il mondo dei vivi a quello dei morti.
«I resti osteologici umani, se ben conservati e recuperati in maniera corretta da specifiche professionalità nei contesti archeologici, sono in grado di restituire, attraverso l’analisi antropologica e paleopatologica, informazioni legate alla persona stessa, (sesso, età alla morte, altezza…), ma anche riguardanti il suo stile di vita, la presenza o meno di deficit nutrizionali, le malattie contratte, le strategie di sussistenza, le attività fisiche e lavorative svolte in prevalenza, i modelli di migrazione, il commercio, i costumi.
«Pertanto, lo studio di questi specifici reperti, è sempre più apprezzato e di conseguenza richiesto dagli archeologi e dagli storici come completamento ed integrazione delle loro ricerche, sempre più mirate alla ricostruzione delle culture del passato. L’antropologia fisica, di conseguenza, si sta rivelando una disciplina a supporto di quelle prettamente umanistiche e di quelle propriamente scientifiche.
«Oggi, allo studio antropologico classico, si è affiancato quello affascinante e importantissimo legato alle analisi isotopiche che, in questo caso hanno permesso di fornire dati utili per la ricostruzione del regime alimentare di una parte della popolazione trentina e veneta vissuta in ambito urbano e rurale tra IV-XVIII secolo d.C. Per quanto riguarda il Trentino sono gli unici disponibili e abbracciano un lasso di tempo di circa mille anni.
«Dall’approccio multidisciplinare con il quale in generale oggi lo studio dei contesti funerari viene affrontato, e con il quale la ricerca è stata condotta, emergono dati che permettono di acquisire informazioni con un grado di completezza tali per cui le ricostruzioni che vengono proposte sono sempre più accurate.
«È stato possibile caratterizzare maggiormente una parte gli individui vissuti in Trentino e in Veneto, completando e rafforzando le conoscenze esistenti legate al dato archeologico e storico che riguardano tale territorio durante il Medioevo e in parte all’età Moderna, fornendo un contributo utile ad illuminare alcune zone d’ombra presenti all’interno delle conoscenze dei processi sociali ed economici verificatisi in quest’area, con un occhio di riguardo all’Altomedioevo, momento che ancor oggi richiede, per alcuni aspetti, maggiore chiarezza a causa della scarsità di fonti scritte disponibili.»
 
Le analisi isotopiche quali informazioni possono fornire sulle diete degli esseri umani delle società del passato?
«Le analisi isotopiche, in particolare quelle riguardanti gli isotopi stabili di carbonio e azoto, condotte, come in questo caso specifico, su collagene osseo consentono di arricchire i dati riguardanti la dieta della popolazione del passato, solitamente dedotti dagli studi delle faune e dei resti paleobotanici rinvenuti nei diversi siti.
«Le prime applicazioni delle analisi isotopiche sul record archeologico vennero effettuate (da van der Merwe e Vogel J.C.) alla fine degli anni ’70 del secolo scorso su ossa appartenenti sia a cacciatori-raccoglitori che ad agricoltori del nord America per comprendere la diffusione della coltivazione del mais, dall’America Centrale a quella Settentrionale.
«Negli ultimi anni sempre più tale studio ha affiancato e completato lo studio antropologico classico di contesti storici in particolare di età Romana e Medievale sia in Italia che all’estero. Il loro contributo può essere riassunto nell’ aforisma del grande filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804-1872): Der Mensch ist, was er ißt poiché ormai è noto che i rapporti isotopici di carbonio e azoto cambiano a seconda dei cibi che vengono ingeriti. Il carbonio e l’azoto permettono di caratterizzare la dieta di un individuo negli ultimi dieci anni di vita.
«In particolare permettono di identificare la tipologia di vegetali assunta, distinguere un’alimentazione che si basi su cibo di provenienza terrestre da quella di provenienza marina ed inoltre per distinguere i diversi livelli trofici lungo la catena alimentare.»
 

Caterina Pangrazzi con il prof. Marcello A. Mannino presso il laboratorio MPI-EVA.
 
Come è stato possibile ricostruire il regime alimentare medievale in Trentino e Veneto per mezzo degli isotopi?
«È stato selezionato un campione osteologico umano, ben diversificato a livello storico-geografico, proviene da 20 contesti funerari scelti tra quelli rinvenuti negli ultimi trent’anni e sulla base di questi è stato tracciato un transetto che, partendo dalle aree trentine, ha coinvolto i territori alpini, prealpini veneti fino alle aree lagunari.
«Tra il materiale osteologico umano messo a disposizione dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Archeologici della Provincia Autonoma di Trento e dalla Soprintendenza Archeologica per il Veneto sono stati campionati e sottoposti alle analisi degli isotopi stabili di carbonio e azoto sul collagene osseo 114 individui adulti (età compresa tra i 20 e i 55-60 anni di età alla morte), appartenenti ad entrambi i sessi e macroscopicamente ben conservati. Le analisi sono state condotte presso i Laboratori del Department of Human Evolution del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (MPI-EVA) in Germania.
«L’Istituto ha interamente finanziato le analisi grazie alla disponibilità del direttore del Dipartimento, Prof. Jean-Jacques Hublin e dell’allora direttore del gruppo di ricerca legato alle scienze archeologiche, Prof. Michael P. Richard, con la collaborazione e la supervisione del Prof. Marcello A. Mannino, allora ricercatore presso lo stesso Istituto.
«Ho avuto la possibilità di condurre personalmente l’estrazione del collagene dai campioni presi in esame, la quale in alcuni casi ha richiesto tempi molto lunghi, applicando il protocollo utilizzato usualmente presso il laboratorio MPI-EVA, acquisendo competenze e abilità sia nelle fasi tecniche di laboratorio che di interpretazione dei dati.»
 
Lo studio di questi specifici reperti a quali risultati ha portato? Potrebbe fare degli esempi di alimenti utilizzati nelle diete delle aree alpine di cui si è trovata traccia?
«Unendo alle informazioni dedotte dall’analisi antropologica e paleopatologica classica i dati emersi dalle analisi isotopiche su carbonio e azoto legati ad ogni singolo individuo si è cercato di ricostruire il loro stile di vita.
«Si è potuto inoltre valutare la presenza o meno di deficit nutrizionali, di patologie dentarie non solo a livello di contesto funerario, ma anche a livello di periodo storico. Dal quadro complessivo emerso si evince una popolazione con un discreto stato di salute compatibile con il periodo.
«Il campione di età Tardoantica sembrerebbe essere caratterizzato da una dieta basata su piante come frumento, orzo, segale, avena; quello di età Altomedievale presenta una maggior varietà poiché si aggiungono piante come il miglio, panìco e sorgo, mentre quelli di età Bassomedievale-età Moderna presentano una variazione ancora più ampia di entrambe le tipologie.
«Per quanto riguarda la componente proteica è stato riscontrato il probabile consumo di carne di animali che si alimentavano con lo stesso tipo di piante. La spiegazione di questa diversità di piante evidenziata nei diversi periodi storici può essere ricercata nel cambiamento delle colture legata in parte sia alla peculiarità dell’areale geografico investigato che ha visto incontrarsi e scontrarsi modelli alimentari differenti, sia alle variazioni climatiche intercorse nel periodo considerato.
«La sovrapposizione di culture diverse può giustificare anche la varietà della quantità di proteine assunte in età Tardoantica che, con il passare dei secoli, tende a ridursi. Inoltre, in età Tardoantica e Altomedievale è possibile una diminuzione degli individui con una dieta basata prevalentemente su proteine animali, mentre in età Bassomedievale, Moderna si assiste ad una probabile omogeneizzazione delle quantità proteiche assunte.
«Nel complesso i trend che emergono suggeriscono cambiamenti nelle diete trentine e venete tra la fine del periodo romano e la fine del Medioevo simili a quelli recentemente riscontrati nelle regioni limitrofe come il Friuli Venezia Giulia o su campioni coevi provenienti da altri contesti funerari veneti.»
 

Caterina Pangrazzi, Department of Human Evolution - Max Planck Institute for Evolutionary Anth.
 
Come è nato l’interesse per questo ambito scientifico?
«Concluso il liceo scientifico Leonardo da Vinci e conseguita la laurea in Lettere all’Università di Trento con indirizzo archeologico, ho proseguito gli studi conseguendo il diploma di il Master di I Livello in Antropologia Biologica della Regione Mediterranea presso i Laboratori di Antropologia molecolare e scheletrica dell’Università degli Studi di Firenze, acquisendo conoscenze avanzate nel campo delle discipline antropologiche ed archeozoologiche con particolare riferimento all'area mediterranea, attraverso l'approfondimento di conoscenze teoriche e tecnologiche sulle seguenti tematiche: evoluzione umana fisica e culturale; recupero, caratterizzazione genetica ed analisi morfologiche di reperti fossili umani ed animali in contesti archeologici e paleontologici; ricerche biodemografiche inerenti la struttura ed evoluzione biologica delle popolazioni umane; biogeografia e archeozoologia.
«Successivamente ho frequentato i corsi di perfezionamento presso il LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense), Sezione di Medicina Legale del Dipartimento di Morfologia Umana e Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano in Antropologia e Paleopatologia tenuti dalla prof.ssa Cristina Cattaneo approfondendo lo studio antropologico e paleopatologico di resti umani di epoca archeologica e storica, ricostruzione del profilo biologico di scheletri, ricostruzione facciale, allestimenti museali, studio demografico di necropoli e di personaggi storici, santi e reliquie e il corso di perfezionamento in Scienze Forensi che mi ha fornito competenze riguardo le problematiche riguardanti le metodiche di indagine e gli esiti delle procedure investigative in campo forense, attraverso lacune materie: potenziale e limiti delle scienze forensi e della medicina legale, la prova scientifica, sopralluogo ed esame autoptico, ricerca e recupero dei resti umani, antropologia, odontologia, botanica, entomologia, geopedologia, balistica, ingegneria, genetica e tossicologia. L’occasione di consolidare tali conoscenze mi è stata data durante la frequenza della scuola di Dottorato in Studi Umanistici. Discipline filosofiche, storiche e dei Beni culturali presso l’Università degli Studi di Trento con una ricerca che mi ha permesso di svolgere in modo altamente professionale analisi archeometriche, in particolare analisi isotopiche.
«In questo modo ho potuto concretizzare una passione coltivata fin da bambina, in una professione.»
 
Dai campioni analizzati sono emersi dati che possono far pensare a delle migrazioni avvenute nel periodo considerato?
«Il campione analizzato ha consentito di evidenziare individui provenienti da zone diverse rispetto all’areale considerato, in particolar modo da dall’Europa orientale, a causa degli eventi storici che hanno caratterizzato l’epoca.»
 
Progetti futuri?
«In questo momento collaboro con il TeFALab, Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento e il Centro di Ricerca in Paleopatologia e Osteoarcheologia, Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università dell'Insubria di Varese al progetto 3D Models of osteoarcheological findings. Case of study: Medieval remains of human vertebrae uncovered in the Church of Santa Maria del Monte in Varese, North Western Italy (XVIII-XX century AD).
|Inoltre ha preso luce e si sta definendo un progetto estremamente specifico che avrà un orizzonte accademico internazionale e che si porrà come obbiettivo un approccio nuovo all’analisi delle usure dentali legate ai comportamenti alimentari.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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