Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | Lorenzo Nardelli: «Arte al Grand Hotel» – Di Daniela Larentis

Lorenzo Nardelli: «Arte al Grand Hotel» – Di Daniela Larentis

«Il caos e l’origine del mondo», da poco inaugurata a Trento, sarà visitabile fino al 20 febbraio 2020 – L’intervista

image

Lorenzo Nardelli, «Wood on fall» - 2010.
 
Sabato 29 novembre 2019, è stata inaugurata nelle splendide sale del Gran Hotel Trento «Il caos e l’origine del mondo», la mostra personale dell’artista Lorenzo Nardelli, alla presenza di Corrado Bungaro, assessore alla Cultura del comune di Trento, e dell’ex senatore Franco Panizza (che collabora con il presidente del Mart Vittorio Sgarbi al fine di collegare il Museo di arte moderna di Rovereto con il territorio provinciale).

Proposta dal Movimento Arte Timbrica del noto artista trentino di adozione milanese Aldo Pancheri e dal Centro d'Arte La Fonte diretto da Waimer Perinelli, stimato giornalista e apprezzato critico teatrale, sarà visitabile a Trento, in piazza Dante 20, fino al 20 febbraio 2020.

Perinelli mette in luce la fortuna di poter esporre, grazie alla sensibilità della famiglia Stefenelli, in uno dei luoghi simbolo della città, spiegando al folto pubblico presente in sala: «Arte al Grand Hotel è un titolo che s'ispira a People at a Grand Hotel, un film del 1932 interpretato da Greta Garbo, dove persone, personaggi, varia umanità, s'incontrano casualmente, per lavoro, turismo nelle sale di un grande albergo diventato palcoscenico dell'umanità.».
 

 
Lorenzo Nardelli è un trentino nato a Roma, dove vive e opera.
Laureato in Scienze politiche economiche internazionali, ha esordito come pittore con una mostra personale, a cura di Fulvio Nardelli e Aldo Pancheri, nel 2009 a Mantova, e nella propria città di famiglia arriva, per la prima volta, come tappa del percorso iniziato nella capitale, passato da Milano e diretto a Lugano, dove ogni anno si organizza un WopArt, acronimo di Work on Paper, ovvero la più importante rassegna mondiale di arte su carta.
L’artista lavora per il settore della Difesa e della Sicurezza come consulente nelle relazioni per le attività parlamentari nazionali ed europee, i suoi disegni sono realizzati a china utilizzando una carta particolare, sono fogli destinati al macero a cui restituisce nuova vita (materiale di scarto delle note di Montecitorio), una scelta che denota sensibilità nei confronti di temi quali l’ambiente, in un periodo in cui il riutilizzo è un imperativo che va a braccetto con uno stile di vita sobrio.
 
L’assessore Bungaro nel suo intervento critico pone l’accento su un modo distorto di pensare all’arte, una sorta di pregiudizio che emerge, talvolta, anche durante certe interviste: quando viene chiesto cosa si fa, qual è la propria occupazione, alla risposta «dipingo o sono un musicista» c’è spesso chi si affretta a precisare «ma, di lavoro?» (come se fare l’artista non fosse un lavoro). Questo è quello che Bungaro definisce un vero paradosso tutto italiano, ricordando che noi abbiamo un patrimonio artistico-culturale fra i più importanti al mondo, eppure in altre realtà, nell’esempio cita l’Inghilterra, dopo aver posto la prima domanda a nessuno verrebbe in mente di chiedere la successiva precisazione. 
 
E non si può che essere d’accordo con lui, anche quando, nel suo articolato e interessante intervento, riporta un secondo esempio legato invece al modo di considerare l’artista che nella vita si occupa anche d’altro; all’estero, generalmente, nessuno si stupisce del fatto che una persona nella vita possa ricoprire diversi ruoli, possa cioè fare bene una cosa e farne bene anche un’altra, esprimendosi al meglio in vari ambiti, un atteggiamento mentale che pare comunemente condiviso, in quanto nessuno sembra mostrare meraviglia o diffidenza innanzi al fatto che un insegnante possa essere anche un valente pittore, un operaio possa essere anche un bravo scultore, un informatico possa essere anche un eccellente musicista e via di questo passo.
Noi aggiungiamo che troviamo svilente e, diciamola tutta, imbarazzante perfino, la visione di quelli che potremmo definire banalmente «etichettatori seriali», cioè di tutti coloro che mostrano un’incontenibile e insensata urgenza di etichettare, incasellare, definire in maniera univoca, imponendo il loro punto di vista parziale.
 


Lorenzo Nardelli ama il colore. Aldo Pancheri racconta: «Lorenzo aveva iniziato a dipingere con la tecnica del colore ad olio, considerata la regina delle battaglie in quanto il colore per profondità, risonanza e durata nel tempo non ha eguali». Sottolinea, inoltre, che in questo periodo del suo percorso artistico troviamo una moltitudine di tecniche miste su carta accomunate soltanto dallo stesso formato, «le stesse però vengono a creare un mondo parallelo alla realtà ma anche estremamente fantasioso, una sorta di serie televisiva il cui tema generale viene sviluppato in diversi episodi.»
 
I due curatori della mostra, Pancheri e Perinelli, svelano che «la sua è una pittura stesa con la violenza graffita dell'Art Brut, con mezzi e messaggi non convenzionali nella ricerca di equilibri difficili». A questo si deve il titolo della manifestazione, «il Caos che la filosofia greca pone prima di ogni creazione e l'Origine del Mondo, quando l'energia prende forma e vita, un caos che per Nardelli non vuol dire confusione ma solo ricchezza che va ricomposta» , spiega Waimer Perinelli, presentando la sua arte come «un ordinato caos, dove al centro non c’è più la natura con i colori dei paesaggi, gli alberi e il cielo, c’è la Psiche umana con le gioie, le frustrazioni, i timori, il coraggio, le angosce, la speranza, l’illusione…»
 

Lorenzo Nardelli, Oltre Vassili, 2018.
 
Il titolo è illuminante, alcuni suoi lavori sembrano rimandare al mito delle cinque età di Esiodo, precisamente all’età del ferro «violenta e terribile» che tanto ha in comune con l’epoca in cui viviamo, l’epoca di coloro che ripongono la giustizia nella violenza, nella forza delle mani (pensiamo alle guerre in atto in questo preciso momento nel mondo), un tempo di decadenza morale dove sembra esserci poco spazio per la relazione autentica, la condivisione, la solidarietà, dove la paura e la precarietà sembrano essere le coordinate principali.
Uno dei soggetti che Nardelli ama rappresentare è l’albero, elemento che riconduce al tema della natura in rapporto con l’uomo contemporaneo, rimarcandone le contraddizioni.
 
Quelli ritratti sono tronchi bianchi, verdi e gialli, che con la loro potenza espressiva suscitano un miscuglio di emozioni diverse, fra cui un senso di allegro stupore.
Le sue opere (per esempio gli autoritratti e «Milano», 2014, olio & other materials on canvas, purtroppo non presente in mostra, a causa di un danneggiamento avvenuto durante il trasporto) rinviano all’inquietudine dell’uomo di oggi, a quei «confini liquidi» di cui parla il filosofo Bauman nelle sue pubblicazioni, all’epoca caotica in cui stiamo vivendo, dominata dal caos.
Un’epoca di consumismo sfrenato, di crescita illimitata, dove, come sottolinea proprio Bauman nei suoi scritti, la libertà dell’individuo è soprattutto libertà di consumare.
I quadri di Lorenzo Nardelli danno l’impressione di voler gridare all’unisono quanto sia difficile vivere nella società dell’accumulo, quanto sia pericolosa una società che crea un benessere ingannevole, apparente, una società infelice che produce e riproduce disuguaglianze e crescenti ingiustizie senza porvi rimedio, afflitta da problemi sociali ed ecologici di enorme portata di cui l’uomo con le sue scelte sconsiderate è la principale causa.
Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e di porgergli alcune domande.
 

Lorenzo Nardelli, Autoritratto di novembre, 2017.
Lorenzo Nardelli, Autoritratto di ottobre, 2018.

Quante opere sono esposte?
«Sono una sessantina di disegni a china eseguiti su carta proveniente dalla Camera dei deputati (la prima cosa che leggo alla mattina sono gli atti dei parlamentari).
«Ho realizzato nel tempo, da quando ho iniziato da autodidatta all’età di 15 anni, più di 2500 disegni a china.
«Sono esposte anche tre opere a olio su quattro previste, una purtroppo è stata danneggiata durante il trasporto.»
 
Che tecniche predilige e come inquadrerebbe la sua arte?
«Amo la pittura a olio su tela e i il disegno a china con alcune varianti, realizzo anche disegni a matita, pennarello, olio. Non ho mai usato l’acrilico. Uno dei temi ricorrenti è legato alla natura, mi sono dedicato molto anche ai ritratti e agli autoritratti.
«C’è in me l’esigenza di scrivere disegnando, nei miei disegni esprimo dei concetti, c’è un’articolazione del pensiero che ruota attorno a certi aspetti della vita, al mio modo di interpretare la realtà.»
 
Le sue opere rivelano uno sguardo sulla contemporaneità, gli alberi, in particolare, sembrano rimandare a un concetto legato all’idea del rispetto per la biosfera, a una cultura sostenibile. Qual è il messaggio che vuole trasmettere attraverso la sua arte?
«Nelle opere realizzate a olio, in quelle che affrontano il tema della natura, il messaggio è legato alla poesia (sono un pittore ma sono anche un poeta, scrivo poesie); nei disegni a china, invece, la poesia non c’è, sono freddi, didascalici.
«Quindi, in estrema sintesi, da una parte è uno sguardo poetico espresso attraverso opere a olio legate al tema della natura, dall’altra è uno sguardo freddo, espresso in particolare dai disegni a china.»
 

Lorenzo Nardelli, Polinesian Wood, 2010.
 
Sembra che il mondo che conosciamo, pur essendo sempre più interconnesso, sia in realtà diviso più che mai, in preda a un caos che disorienta. Che cosa pensa a riguardo?
«Condivido pienamente questo pensiero, pensiamo banalmente al servizio food-delivery, la gente sempre più spesso per varie ragioni decide di consumare il pasto a casa anziché uscire e andare in pizzeria o al ristorante, in luoghi di relazione; non dico che sia meglio o peggio, si tratta però di un nuovo modo di vivere e comunicare che può generare solitudine e disorientamento.
«Oggigiorno ci sono due mondi, quello del web, di fatto reale, dove ognuno può rappresentare quello che parzialmente è o vorrebbe essere, scegliendo come voler apparire, è un mondo che ti dà la possibilità di essere e di vivere anche ciò che non sei (lo puoi essere lì, dove ti puoi costruire una parte di identità che nella realtà non puoi rappresentare); e un mondo percepito e definito come reale, quello che viviamo nella quotidianità, nella concretezza della vita di tutti i giorni.
«Per quanto riguarda la parcellizzazione del potere, lo vediamo in ogni ambito, anche politico, il potere è frazionato, non c’è più nessuno che decide. Fare l’artista è difficile, sei solo come un cane, ti trovi nel cuore della notte a dipingere assecondando un’esigenza interiore, chiedendoti talvolta che cosa tu stia facendo lì.»
 
E lei quanto «sosta» mediamente in rete?
«Io non passo nemmeno un’ora nel web…»
 
A suo parere quale dovrebbe essere la funzione principale dell’arte contemporanea?
«L’arte cosiddetta contemporanea è un po’ come era l’arte moderna quando arrivò l’arte contemporanea, occorrerebbe fissare uno stop e andare oltre questa definizione; è un contenitore troppo grande per essere inquadrata correttamente, occorrerebbe storicizzare questa parola.
«Le funzioni possono essere molteplici, io non ne so individuare una specifica, resto dell’idea che un’opera deve avere la capacità di suscitare emozioni.»
 
Progetti futuri?
«Tanti. Continuare a dipingere, insegnare a dipingere alle mie bambine, dipingere con loro. Riuscire ad accettare la difficoltà di esporre e di potersi esprimere dentro una contemporaneità che sta diventando purtroppo sempre più elitaria. La cultura dovrebbe essere diffusa, non dimentichiamo però che non dipende da chi la diffonde ma da chi la percepisce e la assimila.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande