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«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

Franco Marzatico il 20 febbraio parlerà di archeologia del vino: fra storia agraria, dell’alimentazione e della gastronomia in Trentino nell’antichità – L’intervista

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Prosegue il seguitissimo ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato Incontri del giovedì, organizzato dal presidente dell’associazione Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli.
Il prossimo appuntamento è fissato per giovedì 20 febbraio alle 20.30, come sempre a Mezzolombardo nella prestigiosa Sala Spaur di p.zza Erbe.
Protagonista dell’incontro sarà Franco Marzatico, il Soprintendente per i Beni Culturali della Provincia autonoma di Trento, il quale parlerà di archeologia del vino: fra storia agraria, dell’alimentazione e della gastronomia in Trentino nell’antichità.
 
Ricordiamo che da oltre trent’anni l’Associazione Castelli del Trentino è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, cicli di convegni su tematiche storiche e storico-artistiche seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa. Le iniziative proposte godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Alcune brevi note biografiche sul relatore della conferenza prima di passare all’intervista, anche se non ha certo bisogno di presentazioni.
 
Franco Marzatico è a capo della Soprintendenza dei Beni Culturali della Provincia autonoma di Trento dal 2015. Precedentemente è stato, per 10 anni, direttore del Castello del Buonconsiglio; docente e professore a contratto sia presso l’Università degli Studi di Trento che presso l’Università degli Studi di Padova (di Paletnologia, Preistoria e Protostoria, Etruscologia, Museografia, Archeologia).
All’inizio della carriera ha compiuto ricerche archeologiche in Italia e all’estero, anche sfruttando il suo brevetto internazionale di sommozzatore.
Citiamo solo alcune campagne di scavo a cui ha preso parte (sono 48 quelle compiute dal 1973 - 1988). 
 
Dal 1989 - 1993 ha diretto 31 campagne di scavo e ricerche di pronto intervento e programmate per conto dell'Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento (fra queste le indagini interdisciplinari nella torbiera di Fiavé, alle quali hanno partecipato specialisti delle Università di Ginevra, Basilea, Friburgo, Southampton, Sheffield) e le ricerche archeometallurgiche nel Trentino sud-orientale in collaborazione con il Deutsches BergbauMuseum di Bochum e l'Istituto di Petrografia dell'Università di Bologna.
Dal 1985 ha collaborato all’ideazione e realizzazione, con finanziamenti pubblici e privati, di 32 mostre e di cataloghi di argomento archeologico, fra le quali le esposizioni «Ori delle Alpi», «Guerrieri principi ed Eroi», «Ori dei cavalieri delle steppe», «Egitto mai visto» e «Le grandi vie delle civiltà».
 
Alcune mostre, realizzate anche in due sedi, in collaborazione con musei italiani (Museo Egizio di Torino), di Austria (Tiroler Landesmuseum di Innsbruck, Ori delle Alpi, Trento e Innsbruck); Ucraina (Ori dei cavalieri delle steppe, Trento); Germania (Archäologische Staatssammlung München, Le grandi vie delle civiltà (Trento e Monaco di Baviera); Svizzera (Museo Nazionale svizzero di Zurigo) - Sangue di drago, squame di serpente (Zurigo e Trento).
Fra l’altro, conta al suo attivo la realizzazione di 56 esposizioni storico-artistiche con prestiti internazionali, fra le quali Il Gotico nelle Alpi; La bellissima maniera; La misura del tempo. L’antico splendore dell’orologeria italiana dal XV al XVIII secolo; Giovanni Battista Lampi, un ritrattista nell'Europa delle corti; Girolamo Romanino un pittore in rivolta nel Rinascimento italiano; L’avventura del vetro dal Rinascimento al Novecento tra Venezia e mondi lontani (in collaborazione con i Musei Civici di Venezia); Paesaggi lontani e meravigliosi. L’antico Russia nelle stampe tesine del museo Pushkin di Mosca (in collaborazione con il Museo Pushkin di Mosca).
 
La sua bibliografia è sterminata, è stato autore e curatore di moltissimi libri, cataloghi scientifici, articoli specialistici e divulgativi (peraltro, consulente scientifico e autore dei testi di 4 audiovisivi di argomento archeologico, tre dei quali realizzati dalla RAI-sede regionale di Trento.
Uno di questi, intitolato «Slacche/Schlacken. Minatori preistorici nelle Alpi», vincitore del primo premio alla Rassegna Internazionale del Cinema archeologico di Rovereto - Premio Paolo Orsi).
Fra le pubblicazioni specialistiche, la voce «I Reti» per l’Enciclopedia Treccani; la voce «I Reti» per l'Enciclopedia delle Dolomiti - Zanichelli e una monografia in tre volumi: I materiali preromani della Valle dell'Adige conservati nel Castello del Buonconsiglio e tre saggi nel I volume - Preistoria e protostoria - della Storia del Trentino, promossa dall’Istituto Trentino di Cultura, Società Editrice Il Mulino-Bologna; le voci Fritzens-Sanzeno Kultur; Sanzeno; Trentino del Lexikon zur keltischen Archäologie della Österreichischen Akademie der Wissenscheften, solo per citarne alcune.
È tuttora membro di comitati tecnici e scientifici nazionali e internazionali.
Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo per porgergli alcune domande.
 

Situla da Cembra IV sec. a.C. - Archivio Ufficio beni archeologici PAT - Foto E.Munerati ©.
 
Il tema dell’incontro di giovedì 20 febbraio sarà l’archeologia del vino (e non solo). Su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione?
«Principalmente sul fatto che la cultura del vino designava nell’antichità linee di demarcazione fra cultura e cultura, fra civiltà e civiltà, fra natura selvaggia e capacità di dominio delle proprie azioni, fra rispetto delle norme e trasgressione, fra misura ed eccesso.
«Il mondo greco non prevede, se non nella libagione, l’idea di bere vino puro, emblematico appare il comportamento del gigante Polifemo che mangia carne cruda, quella dei compagni di Ulisse, e non sa reggere il vino. Per cui c’è questa idea del limite, che poi viene anche infranto (nei vasi greci, dove sono raffigurate scene di Sileni, di cortei sfrenati e danze ci si accorge che c’è anche il superamento di questo limite).
«Ma sostanzialmente la bevuta insieme (syn-potein), il simposio, è il momento in cui si condividono valori, ideali, ovviamente ad un livello ritualizzato di cerimonialità per cui è un privilegio (queste consuetudini sociali sono prerogative dello stile di vita dei ceti elevati).
«Oggi lo si guarda come elemento di demarcazione di tipo ideologico-religioso, ma gli antichi guardavano il bere vino come un momento per rinsaldare rapporti di alleanza, per condividere ideali. Leggendo i miti e le rappresentazioni iconografiche, come ad esempio nel Partenone, guardando verso il nemico persiano, quindi in una direzione molto chiara sotto il profilo del messaggio, troviamo le metope che illustrano la lotta fra i Centauri e i Lapiti, scoppiata durante i festeggiamenti per il matrimonio del re dei Lapiti; i Centauri, metà bestie e metà umani, sono invitati, ma a un certo punto si ubriacano dando sfogo al lato più selvaggio della loro natura, tentando di violentare la sposa.
«Ancora una volta emerge la diversità di tradizioni, questa idea dell’alterità che è appunto dei popoli barbari, Celti, Sciti ecc., che tracannano, non sanno misurarsi. Mi fermo qui, non vorrei anticipare troppo…»
 
Possiamo parlare di una «cultura del vino antica»?
«C’è un periodo in cui noi possiamo parlare di civiltà e cultura del vino, ed è esattamente con i Reti. L’importanza assunta dalla pratica della vitivinicoltura e dal consumo del vino è testimoniata sia da roncole e da strumenti in ferro per la lavorazione di botti, ritrovate nelle cantine di costruzioni di tipo retico, a Nomi Bersaglio e a Bressanone, sia da colini e da recipienti di importazione etrusco-italica.
«Quando i Romani parlano dei Reti li citano molto più per il vino che per altri aspetti di tipo etnico. Un vino che, ci dice una delle fonti, era apprezzato alla mensa degli imperatori, secondo solo al Falerno. Plinio ci dice che sopra Como e Verona, alle falde dei monti, quindi nelle colline, nasce il vino retico.»
 
Cosa può anticipare a proposito della «Situla di Cembra»? Quando fu trovata e dove è conservata?
«La situla fu trovata nel 1828 sul Doss Caslir di Cembra e ora si trova al museo del Buonconsiglio di Trento; è interamente in bronzo, ha la forma di un secchio che si stringe verso il basso e s’allarga verso l’alto ed è alta 28 cm. con un diametro di 30 cm., costituita da una lamina di bronzo avvolta su sé stessa unita da chiodi ribattuti.
«Da studi storici e archeologi si può affermare che la forma di questa situla è quella della scuola dei Reti e degli Euganei che loro stessi avevano appreso dagli Etruschi, come l'abitudine di incidere delle iscrizioni sui manici e sulle labbra dei vasi metallici. Si tratta di cinque parole incise con caratteri assai simili all’etrusco e classificati come retico centrale.»
 

Attingitoio da Sanzeno 2ª età del Ferro - Archivio Ufficio beni archeologici PAT - Foto E.Munerati ©.
 
Che tipo di contenitori venivano utilizzati anticamente per contenere il vino e a che epoca risalgono?
«I più antichi risalgono al 1200 a.C.; abbiamo una testimonianza che si può collocare in questo periodo a Mezzocorona, si tratta di un piccolo oggetto, il manico di un vaso in bronzo che sostanzialmente corrisponde a vasi che sono stati trovati a nord delle Alpi e anche nella Pianura Padana.
«In una grande tomba principesca trovata nella Baviera c’è il colino e il contenitore in bronzo. Dal ritrovamento in alcuni siti di contenitori per il filtraggio di sostanze liquide, si può desumere che in area retica si utilizzassero, in particolari contesti cerimoniali, attingitoi, colini e contenitori in lamina di bronzo prodotti localmente.
«Contenitori specializzati si trovano quindi già nel 1200 a.C.; dopo, con gli Etruschi dal 600 a.C. ci sono le brocche a becco, bellissime brocche panciute che vengono commerciate, arrivano dal centro Italia fino al centro Europa. Durante l’incontro scenderò più nel dettaglio, parlando anche d’altro.»
 
Una curiosità: lei conta al suo attivo anche un brevetto internazionale di sommozzatore. Quando è nata questa passione e in che modo le è stata utile nello svolgimento delle sue ricerche?
«Mio padre era istruttore di subacquea, è stato lui a trasmettermi questa passione, quindi già all’età di dodici-tredici anni mi cimentavo in immersioni in lago, in mare e così via. Nel classico tema svolto alle elementari su cosa si vorrebbe fare da grandi avevo espresso il sogno di diventare archeologo, ero affascinato molto anche dall’idea dell’archeologia marina. Da adulto ho fatto esperienza nei laghi svizzeri, ho infatti partecipato a campagne di scavo nei laghi di Ginevra e Neuchatel.»
 
Lei è autore e curatore di moltissimi di libri, cataloghi scientifici e mostre. Progetti editoriali futuri?
«Ho una serie di progetti editoriali futuri nel cassetto, sostanzialmente sto raccogliendo tutti i materiali conservati al Castello del Buonconsiglio dal punto di vista documentario provenienti dalla Valle di Non, l’ambizione sarebbe quella di realizzare (come ho fatto per quelli della Valle dell’Adige) un’edizione completa.
«Coltivo anche da tempo l’idea, con una collega dell’Università di Bologna, di realizzare un manuale di museografia, e con un altro collega dell’università di Milano un manuale di preistoria, appena ne avrò il tempo, vedremo…»
 
A cosa sta lavorando attualmente?
«Lavoro di solito su più fronti contemporaneamente, in questo momento sto scrivendo una piccola nota su Alpi e Mediterraneo, una sulla metallurgia, sul paesaggio minerario.»
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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