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«Vai e sparagli!» – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Si devono crescere gli adolescenti con la capacita di un pensiero critico

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«Vai e sparagli!» deve avergli detto lo zio. Una specie di incarico a vendicare per lui il rivale in amore che un giovane di 27 anni ha dato al nipote di 13.
Quest’ultimo, molto probabilmente per dimostrargli di essere grande e capace di fare imprese spavalde o per assecondarlo e avere un qualche ritorno affettivo, solo per poco non ha ucciso la vittima indicatagli.

Una vicenda a dir poco sconcertante avvenuta nel bresciano che richiede riflessioni sul malessere giovanile e sul modo con cui, alla fragilità tipica dell’età della crescita si aggiungono vuoti affettivi e povertà educative in grado di impedire lo sviluppo di un pensiero autonomo e critico.
In questo caso ci sono due ragazzi, un giovane adulto che non sembra in grado di gestire i propri sentimenti e li trasforma in vendetta, e un preadolescente forse vulnerabile per la condizione familiare, che viene manipolato e convinto a compiere un’azione mortifera.

Per il primo è possibile ipotizzare come rancore e rabbia siano sentimenti radicati e profondi che, in mancanza di autocontrollo e di un’educazione ai sentimenti, facilmente si trasformano in violenza dominata dal turbine delle passioni.
Per il tredicenne il problema invece è un insieme di elementi che caratterizzano l’età più complessa dello sviluppo e il tempo in cui manca l’autonomia del pensiero mentre oggi prevale ovunque l’idea che le azioni, a prescindere dalle conseguenze, siano gioco e divertimento.
 
Il passaggio dall’infanzia all’età adulta non è mai facile, ma adesso appare più complesso, perché la spinta ad uscire dalla condizione protetta dell’infanzia si affianca alla delusione nei confronti del mondo che non mantiene ciò che ha promesso.
Essere adolescenti oggi, significa fare i conti con la sofferenza relativa al non poter raggiungere quello che ai bambini era stato promesso, ovvero la realizzazione del successo personale.
Mancano ormai del tutto i riti iniziatici che una volta contribuivano a far trovare una collocazione nella società degli adulti e le prove da fare non sono più trasgressioni ma sfide rischiose, «giochi» sempre più mortali e mortiferi.
 
Le paure arcaiche relative ai mostri cattivi che vogliono distruggerci, proliferano ancora in adolescenza e spingono a cercare soluzioni che sono sempre meno simboliche e più difficili da gestire sul piano reale.
Potrebbe essere questo ciò spinge gli adolescenti verso quelle challenge estreme che vorrebbero mostrare abilità da adulto ma, più che altro ora, offrono visibilità e popolarità.
Si aggiunga che, dove è più forte la fragilità tipica ad esempio dell’adolescenza come fase delicata e vulnerabile, di solito aumenta la possibilità di una manipolazione del pensiero.
 
Accade, ovviamente, dove è più carente la funzione educativa che forma al pensiero critico e alla riflessione.
Per ridurre il rischio di manipolazione e aiutare a crescere autonomi bambini e adolescenti, è necessario stimolarli a leggere in maniera critica la realtà e sostenerli nella capacità di formarsi un’opinione.
Piuttosto che chiedere loro risposte da fornirci, dovremmo renderli capaci di interrogarsi su quello che accade e invitarli a offrire loro strumenti per riconoscere il vero dal falso.
In questo modo potremmo metterli nella condizione di difendersi dal plagio e diventare autonomi.

Giuseppe Maiolo - Psicologia delle età della vita
Università di Trento - www.iovivobene.it

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