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Regalare videogiochi? Pensiamoci – G. Maiolo, psicoanalista

L’adulto deve controllare e dare limiti, ma deve anche fornire ai bambini occasioni altrettanto entusiasmanti e di svago con attività da sviluppare insieme nella realtà

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Regalare videogiochi per le prossime feste? È una domanda che mi sento rivolgere di frequente.
La risposta richiede riflessioni. Partirei da quelle che possono emergere a seguito di un recente intervento in una scuola primaria relativo alla sicurezza online dei bambini e per la prevenzione del cyberbullismo.
Con la somministrazione a 127 scolari di un questionario sui comportamenti usati in rete, alla domanda «Per quanto tempo al giorno ti è permesso usare liberamente il cellulare?» il 22% dei bambini risponde «Per più di 3 ore», e il 16,6 % «Dalle 2 alle 3 ore».
Non poco, si dirà, anche perché nella fascia 8-11 anni il 21,7% dichiara che i genitori non controllano cosa fanno i figli online e il 46,7% risponde «Solo qualche volta».
 
Se poi vai a vedere cosa fanno, scopri che l’attività più frequente è quella dei videogiochi praticata dal 62,8% dei bambini).
Si potrà pensare che il campione di riferimento è troppo piccolo per trarre considerazioni, ma va detto che riflette i dati ufficiali sull’utilizzo dei videogiochi e il trend in aumento.
In particolare nel 2020 della pandemia, la tecnologia è servita a mantenere i rapporti sociali e a compensare l’angoscia.
L’utilizzo del gioco online secondo IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association) ha registrato in Italia 16,7 milioni di giocatori, cioè il 38% della popolazione tra i 6 e i 64 anni, con una media di 8 ore alla settimana di videogiochi.
 
Attività che, come si vede non riguarda solo bambini e adolescenti, ma anche gli adulti.
Per i piccoli, come tutti i giochi, non si tratta solo di passatempo ma i videogiochi offrono molti vantaggi soprattutto per lo sviluppo cognitivo e del ragionamento.
Contribuiscono anche ad aumentare la consapevolezza delle scelte, verificare le proprie capacità decisionali e anche confrontarsi con successi e fallimenti imparando a gestire le frustrazioni degli insuccessi.
L’uso fisiologico e moderato dei videogames in quanto pratica divertente che attiva i circuiti della dopamina, neurotrasmettitore associato al piacere e al meccanismo della ricompensa, è funzionale allo sviluppo e ai processi di socializzazione.
 
I videogiochi possono fungere da strumento di aggregazione e occasione di confronto e di coinvolgimento positivo tra i pari promuovere inclusione e tolleranza.
Di certo vi sono anche aspetti negativi, collegati soprattutto agli eccessi e ad un utilizzo fuori dal controllo dell’adulto.
E non si tratta solo della correlazione tra i videogames violenti e i comportamenti aggressivi. Gli studi, a questo proposito non mostrano un rapporto diretto tra la quantità di tempo e i comportamenti violenti a medio termine.
Casomai rilevano nei minori un aumento considerevole tra il gioco e reazioni di rabbia associate ad un comportamento verbale violento e offensivo nei confronti dell’avversario.
 
L’uso eccessivo piuttosto, esercita un intenso coinvolgimento (Stato di flow) che fa perdere la cognizione del tempo e di tutto quello che vi sta attorno che può portare a dipendenza.
Difficile è chiedere ad un bambino la giusta misura nell’uso dei videogiochi, soprattutto se sono state date poche regole rispetto ai tempi e alle modalità di utilizzo dei dispositivi digitali.
Assurdo è demonizzarli, così come è fuori luogo negarli. Serve invece che il genitore sappia acquistarli scegliendoli con attenzione e facendo riferimento alla classificazione europea PEGI che indica per chi è adatto un gioco.
 
Ma è dovere dell’adulto controllare e dare limiti, come pure fornire ai bambini occasioni di momenti altrettanto entusiasmanti e di svago con attività gratificanti da sviluppare insieme nella realtà, al di là degli schermi.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - www.officina-benessere.it

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