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L’albero di Natale, oggi – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

È sempre una metafora della nostra esistenza e quest'anno va addobbato di resilienza. Cioè di resistenza e fiducia

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Nei preparativi per il Natale ancora oggi, oltre al Presepe come narrazione della cristianità, c’è l’albero da adornare all’esterno o in casa.
L’albero che da sempre accompagna l’esistenza dell’uomo e fin dagli albori della coscienza è stato modello di confronto e di identità, ma anche di trasformazione.
Una tradizione antica lo vuole metafora della vita che rimanda al ciclo della natura e con il suo asse verticale attraversa tutte le zone cosmiche: la terra, lo spazio sotterraneo e il cielo.
Diffuso nelle civiltà pre-elleniche il culto dell’albero presupponeva riti diversi e celebrazioni specifiche che servivano a sottolineare i passaggi e i cambiamenti che regolano l’esistenza, come l’alternanza tra la nascita, la morte e la rinascita.
 
Ritualità e miti che hanno portato all’Albero della vita citato nell’Apocalisse di Giovanni in quanto simbolo del «centro» da cui partono e si rinnovano tutte le cose.
Albero come metafora e rappresentazione del «chi siamo» e di come ci rapportiamo al mondo.
Non a caso in psicologia il «Test dell’albero» è un test proiettivo che permette di scorgere la nostra storia, i punti di forza o di debolezza, le risorse e le energie che abbiamo, ma pure le ferite o le fratture che ci portiamo dentro.
La struttura stessa del corpo dell’albero rimanda al processo di sviluppo che non ha solo una direzione, quella dal basso verso l’alto, ma anche il suo contrario.
 
I cinesi dicono che più l’albero si sviluppa in altezza e più ha bisogno di radici profonde.
In altre parole l’albero siamo noi e ci rappresenta con la forza della sua verticalità assicurata dal contatto saldo con la terra tramite le radici.
Albero come metafora della vita esteriore e di quella interiore, dove lo sviluppo ci avvicina al «divino», e allo stesso tempo il «divino» si avvicina a noi portando luce nella nostra esistenza.
Benché di provenienza pagana, in effetti l’albero di natale ha forti connotazioni cristiane. L’usanza di coprirlo di lampadine allude all’importanza della luce dopo la lunga notte invernale, quella che serve per illuminare la conoscenza, sconfiggere l’ignoranza e attenuare le oscurità dell’inconscio.
 
Il Cristo nascente è di per sé il simbolo della luce e la data del 25 dicembre rimanda al solstizio d’inverno che corrisponde alla comparsa sull’orizzonte del «nuovo sole».
Non a caso le antiche religioni «solari» festeggiavano la nascita del dio-sole e annunciavano l’inizio di una nuova fase: l’epifania della coscienza.
Addobbare, allora, il classico abete è azione simbolica che contiene la speranza di uscire dalla lunga notte invernale e un progetto nuovo da sviluppare.
Metterlo al centro della casa o del giardino, al centro dell’attenzione di tutti con i mille doni da scambiare insieme, ricorda anche l’importanza della cura, ovvero del pensiero che serve alla vita e alle relazioni.
Soprattutto in questo momento storico.
 
Come per ogni attesa, in effetti c’è bisogno di un fare. E oggi non bastano più le dichiarazioni d’intenti e gli addobbi, che sono i nostri «desiderata», ma servono azioni di cura che sono pre-occupazione e attenzione, partecipazione e pazienza.
Un albero da addobbare di resilienza, cioè di resistenza e fiducia.

Giuseppe Maiolo - Psicoanalista
www.iovivobene.it

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