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Necessita l'educazione coerente – Di G. Maiolo, psicoanalista

Come adulti dobbiamo dare l’esempio ed essere coerenti perché si educa con quello che si fa e non con quello che si dice

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Mi capita di incontrarli quasi ogni giorno andando nelle scuole a parlare di Internet e dei social, delle cose importanti che si fanno in rete e dei rischi che si possono correre.
Li incontro piccoli, alla scuola primaria i pollicini che già digitano sui dispositivi a una velocità impressionante e mi dicono che sanno già tutto quello che si può fare sul web.
Mi rassicurano dicendomi che conoscono cosa è necessario evitare e quello che può essere pericoloso. In effetti se pongo degli interrogativi o se espongo i miei dubbi tecnologici mi danno indicazioni.
Spesso consigli azzeccati.
 
E quando parliamo di Social e di chat, della necessità di stare attenti a non postare dati personali, foto, discutiamo della necessità di non mandare messaggi offensivi, tutti in genere mostrano di sapere come comportarsi.
Quando chiedo loro cos’è il bullismo e il cyberbullismo, mi dicono esattamente cos’è magari a partire da esperienze personali che hanno fatto.
Allora mi chiedo: come mai continuano a cadere nella rete dei malintenzionati che abilmente li attraggono con le strategie più pervasive di adescamento come il grooming?
Mi domando perché continuano a postare foto personali in pose particolari o per quale motivo bambini e ragazzini sono ancora vittime dei predatori della rete.
Perché non riesco a capire il motivo per cui i bulli e le bulle on line continuano a minacciare, offendere e diffamare.
 
La risposta che trovo è sempre la stessa: non conoscono i limiti.
Non sanno quando e?dove ci si deve fermare prima che sia troppo tardi.?
Non hanno?strumenti per autoregolarsi e contenere le emozioni che in ogni momento si possono sprigionare in rete.
E ad esempio non hanno nel loro apparato cognitivo un nome utile a definire quello che provano, non conoscono le parole che servono per dirti se provano dolore o rabbia, paura o gioia.
Percepiscono unicamente l'adrenalina che entra in circolo di colpo e senza preavviso, eccita il corpo e permette di vincere la noia senza peraltro averne mai fatto una reale esperienza.
 
Non lo sanno fare perché, a guardare bene, per la gran parte delle situazioni, siamo stati noi a vietare che si annoiassero e si fermassero a riflettere su se stessi.
Li abbiamo subissati di impegni e di cose da fare perché prima di tutto sono gli adulti che temono la noia, la sentono come un nemico che va eliminato e non come un ozio utile e funzionale al processo di crescita.
Mi vien da pensare che come adulti significativi, negli ultimi due decenni, non abbiamo fatto granché per lo sviluppo delle competenze emotive, meno che meno per insegnare loro come vivere, esprimere e dare nome a ciò che si prova nonostante le continue dichiarazioni sulla necessità di fare educazione alle emozioni.
 
Abbiamo dato, a dismisura, importanza al piano cognitivo e trascurato quel nascosto territorio della vita interiore che aziona comportamenti e risposte che servono anche nel mondo virtuale.
Urge rimettersi ad educare al senso del limite, dicendo con chiarezza dove stanno i confini e fin dove è concesso arrivare.
È necessario smetterla di «predicare» e cominciare a dare poche, ma precise regole di comportamento che servono nella vita reale e in quella on line.
Penso che senza mezzi termini dovremmo imparare a dire loro quando sospendere l’utilizzo dei dispositivi, vietare di postare in rete le loro foto, di non spettegolare nei gruppi di WhatsApp e rispettare le posizioni altrui, di non offendere né minacciare.
Ma soprattutto come adulti dobbiamo dare l’esempio ed essere coerenti perché si educa con quello che si fa e non con quello che si dice.

Giuseppe Maiolo - Università di Trento
www.iovivobene.it

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