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Negoziare – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Oltre la logica del chi vince e chi perde: si parla tanto e si ascolta poco. Si preferisce «urlare» come per «bucare» una cortina di sordità

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Negoziare è verbo necessario e parola da usare, non solo da invocare. Serve per uscire dal conflitto e trovare un punto d’incontro, una sintesi.
Negoziare, termine pure questo di derivazione latina, è vocabolo del fare perché il «negotium» misura la distanza dall’“ozio” e dalla passività, è un vero e proprio lavoro di ricerca di possibili soluzioni ed è scambio nella relazione che va oltre il «si vince o si perde».
L’allusione alla bottega come luogo di affari ci dice che il negoziato, al di là dell’aspetto commerciale, porta all’acquisizione di valori nuovi, ma soprattutto trasforma il conflitto in una consapevole sfida che punta alla prosecuzione della relazione e non solo alla soluzione delle controversie.
 
È azione finalizzata a costruire “ponti” che consentono di avvicinare distanze, riunire lembi, riparare fratture a volte insanabili e superare l’illusione che per concludere un conflitto sia necessario definire il colpevole, dimostrare chi ha torto o ragione e chi ha iniziato.
Ogni storia di conflitti ha a che fare con una comunicazione distorta e l’interazione alterata tra i contendenti che, rigidi nelle loro posizioni e non disposti a mutare lo sguardo sul conflitto, nel sistema circolare della relazione, finiscono per immettere nel sistema quote di forza e violenza crescenti.
Accade nelle piccole dispute quotidiane così come negli scontri devastanti delle guerre e c’è sempre una carenza di consapevolezza individuale e collettiva sulla natura complessa dei conflitti.
 
Non si riconosce che per uscire dalle controversie bisogna unire le forze, mettersi attorno a un tavolo a discutere insieme. Per raggiungere gli obiettivi che ogni parte si pone, bisogna farlo con l’altro e trovare risorse comuni.
Questo è negoziare. Un metodo che richiede l’avvicinamento degli opposti per ripristinare quel flusso positivo di energia con cui passare dal «chi vince e chi perde» al vincere insieme, il «win to win» degli inglesi che significa «vinco io e vinci tu».
Un approccio possibile ed efficace che unisce competenze tecniche e creatività. È il saper uscire dalle polarizzazioni che esprimono le rigidità della psiche, per cercare nuovi equilibri.
 
L’arte di negoziare è poi strumento educativo che dovrebbe accompagnare il processo di crescita dell’individuo con cui allenare la tolleranza e favorire la comunicazione efficace in grado di ridurre la distanza dello sguardo reciproco e la pericolosità, non solo delle armi, ma anche delle parole e dei pensieri offensivi.
Negoziare vuol dire saper comunicare, mettere in comune, condividere. Ma per farlo bisogna saper ascoltare e sintonizzarsi sull’altro, incontrarlo col linguaggio verbale e con quello del corpo e dei gesti.
Cosa per nulla semplice oggi, che nell’assordante spazio delle parole che dilagano, stiamo diventando incapaci di attenzione e di comunicazione emotiva.
 
Si parla tanto e si ascolta poco. Si urla piuttosto, come per «bucare» una cortina di sordità psicologica che ci avvolge.
Imparare e insegnare precocemente anche ai piccoli a negoziare, educare ed educarsi alla capacità di costruire intese e valorizzare il compromesso, dovrebbe servire per costruire competenze relazionali e scambi con cui uscire dai conflitti ma anche utili a sviluppare cooperazione e solidarietà.

Giuseppe Maiolo - Psicologia delle età della vita
Università di Trento - www.iovivobene.it

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